Fino a che punto si può protendere la difesa della vita biologica? O si è pronti ad annullare una società in nome del bios? La pratica del distanziamento sociale è da intendersi come esplicitazione di un nuovo modello politico?
No no, tranquilli. Non si è mangiata la peperonata ieri sera e quindi ci siamo svegliati strani. Semplicemente, queste sono alcune delle domande che qualcuno si sta ponendo da un anno a questa parte.
Questo qualcuno si chiama Giorgio Agamben, grande filosofo e professore universitario di livello internazionale, pensatore di punta della nostra Itaglia. Che, come tutti i filosofi critici, fatica assai a farsi spazio fra le maglie del pensiero unico ed uniformato. Insomma, in tv in prima serata non lo troverete; in compenso potete vedere tutte le sere a reti unificate il Maestro Burioni.
Agamben ha pubblicato un libro, "A che punto siamo? L'epidemia come politica", che vi invitiamo caldamente a leggere. Il volume raccoglie gli interventi di un anno del filosofo in riferimento alla nota emergenza sanitaria. Già dal titolo si evidenzia il fatto che Agamben abbia individuato un percorso per la nostra società, ben delineato e segnalato. Per cui, andiamo a vedere a che punto siamo di tale percorso.
Il nodo fondamentale del libro è far capire in che modo si stia verificando un grande mutamento nelle democrazie occidentali, con la netta denuncia della trasformazione dello stato di eccezione in una prassi tesa a diventare normalità.
Per stato di eccezione si intende la zona di indeterminatezza tra la sfera del diritto e la sua sospensione. Per chi ha svolto studi giurisprudenziali, tornerà alla memoria la definizione di Carl Schmitt, secondo cui "sovrano è chi decide sullo stato di eccezione". In tale visione, l'emergenza richiama al ripristino della normalità, mentre l'eccezione infrange la regola ed impone un nuovo ordine. Quindi, stato di emergenza = stabilità di un sistema / stato di eccezione = distruzione del sistema.
Ogni pratica di governo deve sottostare al diktat della biosicurezza per tenere sotto controllo la pandemia, a costo di violare i principi morali e di libertà propri delle democrazie, mettendo così in pericolo i valori etici, morali e sociali dell'umanità. La biosicurezza quindi rappresenta la cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale interumano. Con tale nuovo paradigma in posizione dominante, il potere mira a rubarci l'anima ed a ridurci a macchine in nome di un principio assolutistico della tutela della salute, sacrificando per questa tutte le altre esigenze. Ed una società su tali basi improntata può definirsi ancora umana? E la perdita di rapporti sensibili, dell'amicizia, dell'amore può essere compensata da una sicurezza sanitaria e probabilmente fittizia?
La nuova società, in definitiva, crede in un unico dato riscontrabile: la nuda vita, ovvero la vita biologica. "Che cosa diventano i rapporti umani in un paese che si abitua a vivere in questo modo non si sa per quanto tempo? E che cosa è una società che non ha altro valore che la sopravvivenza?".
Ed in nome della biosicurezza, la nuova società innalza a culto la disciplina della scienza medica. Il medico, in particolare, non è più interpellato solo come agente per un qualche intervento curante, ma come referente della sicurezza totale dell'essere umano, in quanto il nemico (il virus) è in ogni luogo ed in ogni spazio. Tuttavia, variando in molteplici e più pericolose versioni, il nemico non potrà mai essere sconfitto dalla religione medica. Da qui una lotta tutti contro tutti, potenzialmente infinita e rischiosissima. Come gestire questo rischio? Appunto con l'instaurazione dello stato di eccezione, con l'eccezione che diventa regola. Queste stesse ragioni di sicurezza permetteranno ai cittadini limitazioni sempre più stringenti, realizzando nel distanziamento sociale, nella gestione del rischio, nella morsa della paura della morte un nuovo modello di vita politica, governato dalla tecnologia e ridotto nei rapporti sociali relativi alla fisicità. Il potere quindi, dopo aver prodotto un modello di sola vita nuda, ora ne afferra ogni dispositivo di controllo, medico, poliziesco, tecnologico. Ma uomini ridotti alla pura esistenza biologica, recintati da obblighi e proibizioni, non sono più esseri umani: "governo degli uomini e governo delle cose coincidono".
Facendo leva sulla paura ed elevando la scienza medica come nuovo orizzonte messianico, secondo Agamben quindi si è predisposto un ordine di saperi che giustifica un nuovo ordine politico dispotico tecnologico-sanitario. Un ordine ancora tutto da definire, ma al quale lo stato di eccezione ha predisposto il terreno, riducendo a pura formalità le procedure di garanzia che sostengono le nostre obsolete democrazie liberal-democratiche.
Pertanto... a proposito di questo processo, a che punto siamo?
"Se, come si cerca oggi perversamente di fare, si abolisse ogni contatto, se tutto e tutti fossero tenuti a distanza, noi perderemmo allora non soltanto l’esperienza degli altri corpi, ma innanzitutto ogni immediata esperienza di noi stessi, perderemmo cioè puramente e semplicemente la nostra carne".
(G. Agamben, 5.01.2021)
Grazie per la segnalazione, cercherò di leggere questo libro che sembra decisamente interessante.
RispondiEliminaTuttavia è doveroso sottolineare come il reiterare oltre un anno "ordinanze" che limitano le basilari libertà personali si traduce nell'inosservanza delle medesime da parte di quella ormai larga fetta di popolazione che si è rotta le balle.
Preciso, non le norme logiche di prevenzione tipo distanziamento, frequente pulizia, mascherine al chiuso.... cose fattibili e probabilmente utilivsino a quando saremo vaccinati.
Il Granacci