Ed eccoci arrivati alla fine del discorso di Folagra. Che, dopo aver parlato del discorso del capitalista, infine affronta il discorso del medico. Mettendo in evidenza i punti di scontro ed i punti di contatto fra le due sfere. In realtà, i punti di scontro sono molteplici, ma è interessante verificare la metodologia dell'affermazione dei due discorsi, che è in maniera impressionante molto simile. Leggete con calma. E magari rileggete. Perché di spunti per pensare ce ne sono a bizzeffe. Ed in fondo, è ciò che vorrebbe umilmente provocare questo misero blog.
La caratteristica principale del discorso del medico è il suo tono assertivo e apodittico laddove invece dovrebbe essere ispirato da estrema prudenza e cautela.
È evidente che nasca all’incrocio di elementi molto eterogenei tra loro: da una parte un ragionamento scientifico sperimentale alla ricerca di soluzioni plausibili a quella che è un’emergenza con pochi precedenti nella storia recente, dall’altra un ragionamento politico e mediatico in cerca di certezze e interessato soprattutto a difendere se stesso ed a omettere le proprie lacune presentandosi come vincente ad ogni costo, dall’altra ancora un ragionamento industriale alla ricerca di profitto (lo vediamo ultimamente nella guerra economica esplosa tra i vaccini Pfizer, Moderna, Johnson and Johnson contro Astra Zeneca), che tende a far passare il proprio punto di vista e interesse particolare come universale. Un ibrido, dunque, pericoloso ed esplosivo, per moltissimi versi irragionevole e contraddittorio, ma che, come detto in precedenza, ha avuto dalla sua l’appoggio incondizionato dei principali centri di formazione e divulgazione dei valori di riferimento (politica, istruzione, informazione, Chiesa), prima così ostili invece al discorso del capitalista.
Eppure anche il discorso del medico, ancora più nettamente del discorso del capitalista, si presenta come coercitivo e illiberale, sebbene per qualche osservatore davvero ingenuo sia apparso, almeno all’inizio, persino capace di emendare e correggere le storture del discorso del capitalista. Una simile ingenuità ha saputo unire anticapitalisti di provenienza eterogenea che hanno intravisto nella pandemia addirittura l’opportunità di una palingenesi (sic…). Il super io che ne è il prodotto impone innanzitutto, in simmetrica opposizione al Super io del capitalista, la totale astensione da qualsiasi consumo o godimento per sé e per gli altri. Se infatti il Super io del Capitalista si fondava su una vorace ricerca del consumo e sulla creazione di strumenti di godimento immediato sempre più nuovi e elaborati, il Super io del Medico definisce ogni forma di godimento inessenziale e superflua rispetto ad un’emergenza che deve essere estesa ad ogni sfera dell’esistenza. L’obiettivo è quello di una virtuale ospedalizzazione completa della vita, in grado di coinvolgere e di mettere sullo stesso piano sani e malati, diffamando come puerile e fuori luogo, in rapporto alla situazione, qualsiasi aspirazione al piacere o deroga al proprio autocontrollo e a quello degli altri.
Il comando sociale che il discorso del medico invia, insomma, è quello di separare in modo totale la dimensione biologica dell’esistenza da quella politica, relazionale, umana e ludico/edonistica, pretendendo la compulsiva conservazione della prima e amputando in modo irriconoscibile e miserevole tutte le altre. Questo discorso individua nella salute, o per meglio dire nella sopravvivenza al contagio (l’Oms stessa dà di salute una definizione ben diversa…), più un obbligo giuridico che un reale diritto, al punto che tutto quello che riguarda il contagio viene affrontato calcolando sempre il maggior rischio possibile, l’ipotesi peggiore: quello che esula da un simile approccio deve avvenire obbligatoriamente dopo, spostato in un futuro indeterminato o addirittura soppresso proprio perché, a volte anche contro la ragionevolezza, tutto può essere massimamente rischioso e configurarsi come un conduttore del virus.
Mentre nel discorso del capitalista il corpo non può permettersi di invecchiare e di morire, di essere malato o brutto o apatico, di costituire insomma un ostacolo alla facoltà di godere, nel discorso del medico il corpo diviene una superficie porosa e vulnerabile, costantemente minacciata dalla malattia e dalla morte. Nell’ambito del primo, il corpo aspira a mantenere per sempre la giovinezza, nel secondo invece il suo unico orizzonte è quello di una senilità indotta. Il corpo imposto dal discorso del medico risulta infatti una superficie censurata, limitata (si può dare e ricevere il contagio, è obbligatorio non dimenticarlo mai) e straordinariamente regolamentata. Una superficie che, oltre ad autocontrollarsi in maniera puntuale, deve offrirsi docilmente, e in ogni momento, al monitoraggio, alla tutela degli organi preposti alla sua salute, perché conta solo in quanto numero o dato, giacché all’impersonalità dell’apparato che produce il discorso del medico corrisponde la semplice datità senile del corpo che gli si affida. L’ambiente ideale in cui un simile corpo può muoversi, come dicevo prima, è quello dell’ospedale o della Rsa uscito dai propri confini e fattosi mondo fino a diventare pervasivo e in grado di penetrare qualsiasi spazio sociale (fabbriche, negozi, luoghi di lavoro, scuola, piazze e strade pubbliche). Un sottosistema che si impossessa, dunque, degli altri sottosistemi che compongono il sociale e assegna a ciascuno di essi i propri tratti identitari, stravolgendo e cancellando quelli che sono loro propri. Il comando che un simile corpo, fragile e senile a qualsiasi età, deve introiettare è quello di consegnarsi completamente nelle mani del medico (inteso, bene ricordarlo, quale metonimia di un apparato di specialisti, competenti, politici e comunicatori), che si impegna a consigliarlo, regolarlo, curarlo a patto di non essere mai contraddetto. Nel discorso del medico, infatti, esiste una totale asimmetria tra l’apparato che cura e il corpo di chi che deve essere curato, nel senso che il primo, dall’alto della propria competenza, è segnato da una loquacità pervasiva e impositiva mentre il secondo, incompetente, è ridotto al silenzio e all’ascolto passivo. Questa asimmetria, in ogni caso, è paradossalmente alimentata più da un carattere morale che, come sarebbe lecito attendersi, dal possesso di una competenza disciplinare. L’apparato deputato a curare, in effetti, più che indicazioni mediche (a ben pensarci, quelle sono ridotte al minimo perché fino a poco tempo fa, al netto di alcune straordinarie e virtuosissime eccezioni, l’unica alternativa alla terapia intensiva era la tachipirina), fornisce regole di comportamento, prescrizioni morali, lezioni di senso civico. Le proibizioni e le limitazioni, gli isolamenti e le quarantene prevalgono di gran lunga, insomma, sulla parte costruttiva della cura (ridotta, in sostanza, all’attesa di un vaccino che però, non avendo una serie storica alle spalle, non può che portarsi dietro vaste incognite) al punto che il discorso del medico, a volte, sembra perdere di vista il suo obiettivo principale e avere più a cuore la disciplina e il riordino della vita e della società in opposizione a quella che era la sregolatezza del discorso del capitalista. Come se, anziché a un metodo di cura, fosse più interessato all’affermazione di un nuovo ordine morale, di uno stile di vita all’insegna della rinuncia e del sacrificio, persino di una specie di Guerra Santa contro il Male e la Morte (chi muore per questa battaglia viene accolto ed esaltato nel Paradiso dei giusti e degli eroi, mentre le morti incidentali, ad esempio quelle per vaccino, sono morti “indegne di essere vissute” e menzionate).
Se il discorso del capitalista infine, per oltre cinquant’anni, ha puntato allo sfruttamento del desiderio per riprodursi e perpetuarsi, quello del medico non potrà che puntare decisamente sulla paura, il terrore e il prolungamento dell’emergenza.
Il punto che accomuna entrambi i discorsi è la loro astuzia.
Entrambi hanno infatti saputo intercettare e strumentalizzare a proprio favore ansie, esigenze, persino ottime intenzioni che agitavano, dal basso, larghi strati della popolazione. Il discorso del capitalista nasce a metà degli anni Settanta, non a caso, come radicalizzazione e sfruttamento di una più che legittima richiesta avanzata da gran parte del corpo sociale di una liberalizzazione delle condotte e dei comportamenti, nonché della democratizzazione del desiderio e dei bisogni, emersa durante la stagione delle contestazioni. Il discorso del medico, all’opposto, intercetta e radicalizza l’esigenza psicologica e sociale opposta, ossia il ritorno alla regola, al limite, all’essenzialità per contrastare la deriva individualistica e la deregolamentazione selvaggia indotte, dopo cinquanta anni di successo incontrastato, dal discorso del capitalista. Se il primo aveva assunto le due categorie astoriche e metafisiche della “guerra e delle privazioni dei nonni” per liberarsene e per rilanciare il diritto/dovere al godimento per tutti, il secondo ha invece recuperato entrambe in vista del ripristino di un ordine morale basato su limitazione e rinuncia. Se il discorso del capitalista parlava di un mondo e di una società in caotica e non regolamentata espansione in linea di principio (ma solo in linea di principio) aperta a tutti, il discorso del medico ci parla di una chiusura regolamentata e di un ritorno all’essenzialità e alla sopravvivenza che molto probabilmente andrà a colpire in particolare tutte quelle categorie (ceto medio acquisito, partite iva, piccola/media impresa, commercianti piccoli e medi. Si ritroveranno tutti, nella migliore delle ipotesi, impiegati in qualche capannone di Amazon?) che di quella apertura avevano in qualche modo approfittato per innalzare relativamente il loro livello economico e smarcarsi dalla classe lavoratrice globalizzata.
In ogni caso, come Pier Paolo Pasolini descrisse abbondantemente in Scritti corsari o in Lettere Luterane, il discorso del capitalista fece calare dall’alto il culto del consumo imponendolo su tutte le altre istanze emancipatorie e libertarie, creando uno squilibrio inconciliabile tra le due categorie di sviluppo e progresso; allo stesso modo il discorso del medico è stato calato dall’alto, in modo ugualmente repentino, senza alcun percorso di crescita o di formazione progressiva nei destinatari, senza una comunicazione davvero sana ed equilibrata, esclusivamente sulla base della paura e del terrore indotti dalla pandemia, inducendo così la popolazione a forme di adattamento forzato o di rifiuto esasperato. E questo è avvenuto con la scusa che l’"Italiano medio" (altra grande categoria astorica e metafisica recuperata) è ingestibile e indocile (come se negli altri paesi non si fosse creata alcuna resistenza a misure così drastiche e prive di rispetto per le libertà individuali), senza mai far seriamente riferimento ad una popolazione adulta e consapevole ma ad una massa informe e infantile da governare con le buone o con le cattive. Questo è il motivo per cui il nuovo realismo del medico, in modo simile a quello socialista e capitalista del passato, è destinato a produrre disagio e malattia mentale che, come il compianto Mark Fisher ricordava, andrà politicizzato e non sbrigativamente ricondotto alla responsabilità o alla fragilità individuale.
Marco Bianciardi (Folagra)
Al primo super io ho dovuto indossare il cinto, al secondo le palpebre sono diventate di piombo, al terzo zacchete, m’è cascato il cellulare di mano. Quando dopo una mezz’oretta l’ho ripreso mi sono reso conto che avevo letto a malapena il 20 percento del pamphlet:
RispondiEliminaL’hai letto “del discorso del medico”, io c’ho dormito, ‘na bella pennichella, bel filosofo Folagra.
A.
Per leggere Folagra bisogna avere delle basi. Però, un poco alla volta, si riesce ad arrivare in fondo. Hai tutto un weekend lungo, ce la puoi fare. Al-Mutanabbi
EliminaCaro A., suvvia, non è un medico lei? E allora non sarà mica uno di quelli che leggono solo i pezzi con sopra scritto "un minuto di lettura"? O i pezzi da battaglia alla Scanzi sulla fila per acquistare le scarpe lidl che inevitabilmente terminano con "ci meritiamo l'estinzione"...? O quelli di un Tosa o di un Serra che ci raccontano come il Covid sia una guerra, senza mai averne vissuta una? È vero, è un tipo di intervento che non sarà comunissimo in un blog ma un'eccezione alla regola una volta si può fare, no? Non ci sono sparatorie, effetti speciali o polemiche, solo riflessioni o considerazioni rispetto alle quali, se proprio si vuol intervenire, bisognerebbe entrare nel merito. Se viene sonno, ci si fa un caffè e si va avanti, sempre che il merito interessi. Se invece si ritiene tempo perso, allora si fa festa ma si evita anche di commentare. Criticare, non essere d'accordo va bene, denigrare perché viene sonno fa venire sonno anche a chi dovrebbe risponderle...
RispondiEliminaScherzavo, non denigravo, è solo perché faticoso, parafrasavo Gassman nel sorpasso...non la penso esattamente come lei, però la ammiro, io non riuscirei a scrivere (e prima a pensare) niente di simile. La medicina è una lunga strada verso l’inaridimento culturale, arranco con le unghie e con i denti per cercare di non sprofondare nell’analfabetismo di ritorno.
EliminaBuona Pasqua (per chi ci crede)...
A.
Attenzione, perché l'ossessione per la velocità conduce Bruno Cortona nel "Sorpasso" direttamente dentro un baratro, con pessime conseguenze soprattutto per il povero Mariani/Trintignant. A volte il bisogno ossessivo di sintesi e velocità uccidono, metaforicamente parlando, e forse non sono del tutto incolpevoli, quando si parla di quell'analfabetismo di ritorno che lei menziona ed io aggiungerei anche di quella ridottissima capacità di ascoltare e di leggere che travaglia il nostro mondo. I medici, e lei sarà tra questi, non sono aridi, anzi assai spesso sono professionisti squisiti, generosi e preparati. Di certo, nella mia visione delle cose, dovrebbero rappresentare una risorsa per attenuare il problema, quello dell'analfabetismo funzionale ecc.,non il contrario.
EliminaIo penso di essere migliore come medico che come ricercatore, sono più bravo ad orientarmi tra protocolli o tecniche validate che a idearne di nuove. Per questo, pur apprezzando la sua lettura dell’ultimo anno (e dei lustri che lo hanno preceduto) e le conseguenze che prevede possano seguire alla prospettata transizione (per me fino a prova contraria rimane un’emergenza/eccezione), rimarrò quieto, quieto sulla riva del fiume, pronto a cospargermi il capo di cenere se dovesse avverarsi quanto da lei previsto oppure ad esibirmi in altre prove alla Bruno Corona se invece la sua analisi psico-filo-socio-economico-politica, comprendente la costruzione di una nuova ideologia e la conseguente coercizione, imposizione e distruzione dei diritti individuali, dovesse rivelarsi errata (e mi limito a questo termine perché a Pasqua tutti dobbiamo essere più buoni).
EliminaA.
La transizione, come specificato, è ancora evitabile. Non lo sarà più quando troveremo effettivamente normale passare così la Pasqua o aspettare il prossimo colore della nostra regione. Già dopo un anno la cosa se non normale si va normalizzando, diciamo, e non è un bel segnale. Ma ancora naturale non è, per fortuna, almeno non per tutti, anche se molti, soprattutto coloro che sono garantiti e i pensionati (da recenti sondaggi non so quanto veritieri), sembra che non rimpiangano granché la normalità precedente e siano disponibili ad andare avanti in queste condizioni ancora per molto. Il timore è che alcuni slogan come "il problema era la vecchia normalità" o "niente sarà più come prima" o il recente "è iniziata l'era delle pandemie" possano preludere a scenari poco invitanti ed ancora più illiberali di quelli che rischiamo di lasciarci alle spalle. Di certo, il sacrificio che il sistema sanitario sta chiedendo al resto della società è pesantissimo e non può essere portato avanti con la disinvoltura degli ultimi mesi. Il rischio appunto è che i danni già creati siano alla fine irreversibili. Anche ad emergenza terminata. Uno snodo cruciale sarà il prossimo autunno, quando si capirà che i vaccini non hanno cancellato il virus (mi sembra, peraltro, che gli stessi competenti, vedi il caso di Astrazeneca, navighino molto a vista e conducano una sperimentazione in tempo reale sul genere umano come non ci fosse stato un domani per tutti gli esseri umani e non solo per le categorie statisticamente più a rischio), i positivi continueranno ad esserci ecc. Se il sistema continuerà a rispondere calcolando sempre il maggior rischio possibile, be' questo costituirà un notevole campanello d'allarme.
EliminaSe ho ben capito, sintetizzando al massimo, i concetti di medico e capitalista rappresenterebbero le due facce della stessa medaglia, a prima vista profondamente antitetiche ma nella realtà fuse in unico progetto. Se dunque non ho interpretato male l'interessantissima analisi dell'autore, la fase emergenziale sarebbe una transizione o un vero e proprio punto di arrivo per la costruzione del mondo economico e sociale futuro. Questo è il punto che più mi preoccupa. Certo alcune fasi saranno riviste e ricalibrate ma le basi di un mondo governato in perenne stato emergenziale sono state gettate?
RispondiEliminaEsattamente. Per medico, ovviamente, non si deve intendere il singolo professionista o una categoria di professionisti, ma l'intero apparato, comprendente certo anche medici, che, da un anno a questa parte, ha assegnato un'unica dimensione all'orizzonte sociale di sani e malati, che si è impadronito della politica e della comunicazione, interessandosi maggiormente più che alla cura di un virus non più così inedito dopo alcuni mesi, ad un riordino più generale della visione del mondo collettiva. Almeno tra questi due aspetti, cura e costruzione di una nuova ideologia, esiste una sproporzione, se non persino un conflitto, così evidenti, che non possono più essere taciuti. L'esempio degli anziani è clamoroso. Si è pianto a lungo, nel nostro paese il lutto per i nonni (gli over 65 rappresentano purtroppo oltre il 95% dei deceduti), si è colpevolizzato i giovani di non avere a cuore la cura dei loro anziani, e poi le istituzioni hanno lasciato indietro nelle vaccinazioni esattamente la categoria più colpita. Tra la retorica e la prassi, insomma, esiste una frattura tanto evidente che ormai è inammissibile non notarla.È in atto, probabilmente, una resa dei conti tra due forme di capitalismo ugualmente feroci, una basata sulla socialità frenetica, il godimento a ogni costo che ha caratterizzato la nostra società per oltre cinquant'anni, l'altra sulla salute e la prevenzione coattive, fondata al contrario su bisogno di reclusione e isolamento con lo scopo di preservarsi e affrontare in modo efficace ansia e terrore. Una emergente forma di capitalismo che ha bisogno di classi dirigenti "presentabili" e rassicuranti per rendere accettabile coercizione, imposizione e distruzione dei diritti individuali. Anzi, ciò che è coercitivo viene fatto passare come una scelta razionale senza alternative per il benessere di tutti. Qui sta la profonda pericolosità della situazione.
EliminaCondivido. Temo che tutto si tenga e che tutto sarà sempre più costretto, in ogni settore della nostra vita, all'individuazione di tanti vincoli esterni non superabili e precostituiti avulsi dal confronto democratico. In campo economico il vincolo esterno del ce lo chiede l'Europa, in ambito sanitario, dopo aver indebolito il sistema sanitario pubblico, si giustifica il distanziamento sociale con la percentuale di accupazione delle strutture sanitarie, nel settore turistico ricettivo si impedisce la mobilità comunale e regionale ma si teorizza il passaporto vaccinale e si organizzano voli verso località esotiche. Tanti piccoli passi per l'uomo ma un grande passo per l'umanità verso la disumanita' della specie.
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