L’articolo inviatoci da Marco Sbarra e ieri pubblicato sul blog ci “costringe” ad anticipare un pezzo che avevamo preparato e che sarebbe stato in rampa di lancio fra qualche giorno. Interrompiamo il flusso di dati e ragionamenti su quanto è successo un annetto fa, ci ritorneremo sopra immediatamente.
In questi giorni, se andate a vedere i commenti sul blog, si è scatenato più di un confronto/scontro, che in pratica verteva su due poli di intervento anti-pandemici opposti ed antitetici: aprire tutto vs chiudere tutto. Premesso che già la dizione siffatta delle due iniziative vuol dire poco, personalmente mi sto impegnando a far capire una mia posizione, che non prevede l’adozione dei due poli divergenti. Perché:
Aprire tutto = creare peso insostenibile sugli ospedali.
Chiudere tutto = l’esperienza ha dimostrato che non funziona + si fallisce più di quanto già non siamo falliti.
Ordunque, cosa si può fare nella terra di mezzo dei due estremi? Parecchio, a mio parere. Ma andiamo con un esempio.
Il grafico in alto dimostra bene dove sta il problema più grande, dal punto di vista numerico: nei malati domiciliari. Che spesso sono asintomatici o lievi sintomatici, a fronte di qualcuno che invece sviluppa sintomatologie serie (febbre alta, difficoltà respiratorie, ecc) dopo qualche giorno di decorso della malattia. Ecco, tutte queste persone gravi andranno in ospedale, nei reparti covid e taluno, ahimè, in terapia intensiva. Rischiando la vita ed ingolfando i reparti ospedalieri. Da qui alto tasso di mortalità, lockdown, difficoltà economiche, restrizioni delle libertà individuali, ecc. Insomma, il caos cui siamo abituati da dodici mesi.
Prima regione in Itaglia, da poche settimane il Piemonte ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti covid effettuata dalle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta. Perché i complottisti piemontesi hanno pensato che, dopo un anno, la terza ondata non va affrontata dentro gli ospedali, ma a casa, visto il grafico sopra. Fra qualche mese ci arriverà anche il prof. Burioni, quando saranno già stati somministrati i vaccini richiesti.
Stop quindi a paracetamolo/tachipirina + vigile attesa, il grande protocollo partorito da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) il 9.12.2020 (dopo quasi 1 anno di pandemia, no comment...) per i pazienti covid lievi a casa. A questo clamoroso parto si erano opposti gli avvocati Grimaldi e Piraino, massimi rappresentanti del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, che hanno presentato al TAR istanza cautelare contro il Ministero della Salute e AIFA per la libertà di scelta sui farmaci da adottare nella terapia, vincendola. Ebbene sì, il TAR ha dato ragione a questi dissidenti, aprendo una voragine tecnica e filosofica nella gestione dei pazienti covid domiciliari, non più quindi “gestiti” al telefono, ma presi in carico fin da subito presso il proprio domicilio.
Interessanti le motivazioni indirette della sentenza del TAR. La vigile attesa di 72 ore con monitoraggio dei sintomi non solo non serve, ma è dannosa. Il virus difatti ha tempo per diffondersi e degenerarsi e l’uso di tachipirina avrebbe contribuito al decesso di molte persone in fase di prima ondata, alleviando i sintomi del covid e non permettendo di monitorare il processo infiammatorio violento e progressivo. Il risultato è che si ritarda l’intervento e l’utilizzo di altri farmaci è fatto in uno stadio della malattia spesso ormai troppo avanzato.
In cosa consiste quindi la terapia domiciliare in Piemonte? Oltre a eparina, steroidi ed antibiotici, si introducono per la prima volta in Itaglia vitamina D, antinfiammatori non steroidei, idrossiclorochina. Oh, avete letto bene! Idrossiclorichina, quella che Burioni invita ancora oggi a “buttare nel cesso”, quella della grottesca gaffe di Lancet, a anche quella consentita dal Consiglio di Stato su responsabilità e controllo medico. E poi la vitamina D (che lo scrivente, su suggerimento del proprio medico, assume fin dalle prime settimane di covid nel 2020)! Quella cazzata che non fa una sega, ma sulla quale sono stati pubblicati circa 300 articoli scientifici in un anno che dimostrano la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da covid, soprattutto se in forma severa. E quella stessa vitamina D sulla quale a inizio pandemia l’Accademia di Medicina di Torino aveva formato un gruppo di 61 medici che aveva prodotto al Ministro un documento attestante le evidenze scientifiche della stessa su prevenzione e gestione del virusse, documento con il quale evidentemente Speranza si sarà pulito il culo, buttandolo poi nel cesso come da indicazione del Maestro Burioni.
Ed infine, ora 90 Sindaci molisani hanno inviato formale richiesta al Ministero della Salute di poter accedere al protocollo piemontese, che “ha conseguito un drastico crollo dei ricoveri e dei decessi”. Ora il padawan Speranza si consulterà con il Maestro Burioni e ci farà sapere. Intanto la gente muore, in ospedale e non solo...
Un’ultima nota. Grandissimo merito per questa potenziale svolta va attribuito all’avvocato Erich Grimaldi, che ha creato il gruppo FB “Terapia domiciliare covid-19”, una rete capillare interattiva di medici e pazienti che conta circa 200.000 iscritti, fra cui lo scrivente. Moltissimi medici che durante la prima ondata hanno cominciato ad interfacciarsi, studiare e capire se si potessero salvare vite umane: medici di base, anestesisti, rianimatori, cardiologi che in ospedale hanno conosciuto un malato che ha lottato senza farmaci ed ora quel malato accolgono in casa, impaurito e solo, accompagnandolo in privato alla terapia più idonea in base all’anamnesi personale. Da poco anche psicologi fanno parte di questo gruppo per dare aiuto a chi è stato colpito nell’anima oltre che nel corpo. Bravi.
“L’obiettivo è evitare che i ricoveri, così come le degenze prolungate oltre l’effettiva necessità clinica, delle persone che possano essere curate a domicilio determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi versa in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità “
(Regione Piemonte, 06-03-2021)
W
RispondiEliminaIO TI SEGUO A RUOTA E SOSTENGO QUESTA VIA.
da non dimenticare che dovremo comunque imparare a conviverci con questo virus, che, se è naturale e si comporta naturalmente, più circola e più diventerà innoquo.
Stefano
Constato sinceramente che il mio articolo ha svolto la funzione di apripista per la tua discesa perfetta, esaustiva e tecnicamente ineccepibile. Chapeau!
RispondiEliminaRimane da capire la strenua opposizione dei censori romani: cui prodest?
Boh. Ci possono essere varie teorie al riguardo. Sicuramente la storia insegna (e la realtà dimostra) che dalle grandi crisi i più “svegli” hanno sempre enormi vantaggi. Ecco, a questi conviene. Si vede sono particolarmente fortunati. Al-Mutanabbi
EliminaUn Grande Piemonte!
RispondiEliminaGiana impara, vai a scuola dai Savoia!
Lello, il savoiardo bello
Non entro nel merito dela terapia covid perchè francamente non sono in grado di esprimere un parere tecnico ma, prendo l'occasione per esprimere un parere politico. Sono almeno vent'anni che ci raccontano la novella che bisogna riservare gli ospedali agli acuti e trattare a domicilio i cronici, per fare questo sarebbe stato necessario rinforzare e ristrutturare i servizi domiciliari nel mentre si tagliavano i posti letto in ospedale. Il risultato è stato che ci siamo ritrovati ad oggi con ospedali sottostimati rispetto ai bisogni della popolazione ed un' assistenza domiciliare ferma a vent'anni fa quando non è stata nei fatti ridotta. Un rafforzamento dei servizi territoriali sarebbe quantomeno auspicabile riservando appunto ai poli ospealieri il trattamento dei pazienti bisognosi di terapia intensiva e sub-intensiva. Il covid ha messo in evidenza tutte queste cose in maniera brutale, ci siamo arrabattati in quattro e quattr'otto a sopperire carenze decennali (finora la popolazione era stata trattata dal punto di vista sanitario secondo i dettami della teoria della rana bollita), speriamo ci sia una reale presa di coscienza e che finalmente cospicui investimenti siano destinati proprio a quell'assistenza domiciliare che ha rappresentato la Cenerentola della sanità, anche in Toscana, che invece aveva fatto sfoggio nel passato della creazione dei distretti socio-sanitari. Ma quelli erano veramente altri tempi, sembra passato un secolo.
RispondiEliminaEd a conferma della tua giusta osservazione, va rilevato che uno dei punti di forza di chi ha patito parecchio meno la pandemia, la Germania, è stato proprio quello di puntare sui medici del territorio strutturati in prima linea. Al-Mutanabbi
Elimina