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martedì 15 ottobre 2019

Perdere la voce

Perdere la voce all’ultimo minuto, dopo una partita bruttina, noiosa e veloce allo stesso tempo, passata prima a sperare e dopo a rincorrere. 

Domenica pomeriggio, orario da riempistadio. Noi di qua e loro di là, come sempre. In curva facce note di ritorno dopo tanto tempo e sensazioni antiche. Tribune abbastanza piene sotto una luna lattiginosa e velata, che guarda il mondo dall’alto e ci sorride benevola, chiudendo gli occhi con noi durante quell’ultimo lunghissimo istante di passione, dove tutta la nostra voglia di spingere la Robur all’ennesima rimonta contro l’Arezzo - forse un po’ meno assurda di quella dello scorso anno, ma altrettanto bella - s’inceppa sulla lingua, incapace di scorrere fluida dentro una bocca amara e impastata. Forse è tardi, teme qualcuno, iniziando a sputare via tutta la sua frustrazione. La Robur è sotto ancora una volta e manca troppo poco alla fine per guardare il tabellone. Meglio allora rimanere col dubbio, in silenzio. Il respiro si smorza, il cuore sobbalza e le palpebre si chiudono. Soltanto le orecchie rimangono all’erta, come un setter che ha fiutato la preda. Una boccata d’aria fresca, l’ultima di questa domenica e poi, se non succede qualcosa di dolce e fatale, sarà sconfitta. Già il sangue martella nelle tempie e i polmoni reclamano un ultimo refolo di quel prezioso ossigeno, che soltanto un goal potrebbe regalare. E poi succede che la voce sparisce e ti ritrovi totalmente afono a gridare sproloqui contro tutti e tutti. Ce l’hai con loro, ce l’hai coi nostri, ce l’hai col Dio di tua nonna, con le tasse e con il destino maledetto, che ti ha relegato in terza serie dopo anni di paradiso. E ricordi una volta di più che la gioia per un goal del Siena non conosce categoria. Non capisci bene com’è successo, ma sai che è successo. 
Laggiù, da qualche parte sotto gli alberi, il destino di una piccola sera di ottobre è virato improvvisamente, come un sambuco travolto da un monsone. E la cartina di tornasole del nostro umore dal nero tetro s’è fatta pastello. Non c’è più la stessa vista di 25 anni fa e si fa fatica a distinguere con lucidità la porta di sotto. Fosse per te, la Robur attaccherebbe sempre verso la curva Jolly. Ma se fosse per te la curva si chiamerebbe ancora così, pertanto è normale che tu non abbia visto bene che a 100 metri di distanza, in piena terra nemica, qualcuno dei nostri ha pareggiato. Non conosci il suo nome e non sai che faccia abbia, ma fa niente. Indossa la maglia dei tuoi sogni e tanto basta. Nemmeno il numero riesci a leggere. Poco male: chiunque sia, sappia che gli voglio un gran bene. Il fato incontrollabile ribalta tutto in pochi istanti e la gioia cambia curva con la stessa velocità di un raggio di luce. Laddove c’era felicità adesso c’è soltanto arido silenzio, mentre intorno a noi tutto trema. Ancora una volta all’ultimo tuffo, ancora una volta come nei film americani, il protagonista sembra morto tra la disperazione dei compagni e ancora una volta il cuore riprende a palpitare nell’ultimo fotogramma. Una battito, poi un altro e un altro ancora. La voce se n’è andata e domani mattina la gola brucerà. Al telefono col capo magari dovrai inventare una scusa, del tipo "Sa com’è, la mattina si parte presto, il giorno fa caldo, la sera raffresca e non ci si capisce più niente", ma dentro di te sai che ne sarà valsa comunque la pena. Non è un pareggio che muove la classifica o che permette di fare voli pindarici, ma è un pareggio che sa di buono, come l’odore dei piccoli negozi di alimentari, che ancora resistono, eroici, nei dimenticati borghi polverosi, infischiandosene dei megacentri commerciali col sottocosto garantito e delle boutique del salame di cinta. Negozi dove la cassiera, con le stesse mani imbusta il pane, taglia il prosciutto e porge il resto. Un tempo la vita andava così, ed eravamo tutti vivi lo stesso.
Dopo il 90°, a cose fatte, torniamo a casa con un sorrisetto ebete stampato sul volto e una piccola macchia sulla coscienza. Ci sembriamo diciottenni che hanno fatto l’amore per la prima volta; pagando. Quindi da una parte la soddisfazione, più personale che altro, di aver ringollato l’antipatico avversario per l’ennesima volta, dall’altra il fastidio provocato dalla oramai rituale occasione sciupata, persa, maltrattata. Sciattata contro una delle tanti compagini mediocri di questo campionato, con un solo giocatore degno di questo nome, che tuttavia ogni volta che ha toccato la palla ce l’ha sempre fatta sparire (D’Ambrosio, il capitano si fa in quel modo e si rompe i coglioni all’arbitro per 97 minuti. E forse può capitare che una decisione mezza e mezza giri in tuo favore. Duro!). E allora abbiamo perso la voce ma siamo contenti a metà? No dai, personalmente un pochino più di metà, perché se alla fine delle altre partite domestiche avevo solo la rabbia a farmi compagnia, oggi perlomeno a tavola durante la cena farò sedere anche la gioia. E poco male se me dovrò restare tutta la sera in silenzio a guardarla, tanto quello che avevo da dire l’ho già gridato forte alla fine di un pomeriggio di autunno, mentre un goal a tempo scaduto mi ha fatto perdere la voce.

Robur Siena - Arezzo 1 a 1: e niente, nemmeno stavolta c’è riuscito di vince'! E francamente, a parte gli ultimi disperati minuti, non abbiamo mai nemmeno dato l’impressione di crederci fino in fondo. Mentre loro, brutti, sporchi e cattivi, hanno messo in campo una voglia e una determinazione importante e invidiabile. Ovvia, ora si rivà fori e ritocca sperà di vincere un’altra volta. Vorrei tanto capire come sta il record di vittorie iniziali consecutive, perché secondo me ci siamo parecchio vicini (in coabitazione col Monza, ci mancherebbe altro che me ne dimentichi. Slap slap!). Poi arriverà la Pianese: ragazzi, io vorrei cominciare a vincere. Francamente mi sono stancato di sentirmi felice dopo aver pareggiato a tempo scaduto contro squadre di mostri. Perché, passata l’euforia dello sformato regalato, resta soltanto la fuffa polverosa di un punticino smilzo e gracilino. Nessuno mi pare l’abbia detto, ma dopo la partita con l’Arezzo non abbiamo un punto in più, ma due in meno. E questa cosa, proprio non mi va giù! Nota per la società: la curva si sta riempiendo di citti minorenni: sono il nostro futuro! Per lo meno a loro cerchiamo di non mortificare l’entusiasmo. Bravi ragazzi, non sapete quanto siete stupendi!

Che bello è, quando esco di casa…


Mirko

4 commenti:

  1. Una volta c'era "la Milano" da bere, oggi c'è Mirko, non da bere ma da leggere, tutto d'un fiato, con la sua prosa leggera, con i suoi ricordi...bellissimo "quell'odore dei piccoli negozi di alimentari...." chiudi gli occhi e sembra di averlo sotto il naso quell'odore ...Un racconto da "Bancarella sport", il racconto di una giornata che tutti speravamo finisse in tutt'altra maniera. E invece siamo stati a soli 24 secondi dell'ennesimo disastro. "Un punticino smilzo e gracilino" che deve farci prendere coscienza una volta di più......di come questa squadra,senza identità, sia davvero una squadretta.

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  2. .. Altri ragazzotti sono rimasti fuori, perché fare il biglietto in casa e' più difficile che vincere... Io boh. Alla fine e' andata meglio a loro.

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