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martedì 10 novembre 2015

Succedeva a Siena... (prima parte)


Caro Al-Mutanabbi, 
mi chiamo Esteban, sono un, ahimé, ottantenne che si sta godendo la pensione in Messico e che avanzatempo continua l’attività di promotore culturale e agente di spettacolo nell’area di Ciudad Acuna dove gestisco anche una rinomata e graziosa guest house che mi consente l’interazione con un pubblico internazionale ed eterogeneo. 

Perdona l’italiano con il quale scrivo, manco da tempo dal vostro bellissimo Paese. Ti leggo con simpatia da molto tempo, all’inizio è stato per puro caso e curiosità poi mi ha affascinato questo collettore dove esprimi e fai esprimere commenti in libertà. Spero accetterai anche il mio effimero contributo. 
Essendo un amante e costante fruitore di bische e casini non posso non amare la Città nella quale vivi. Una città dove cambia tutto, ma non cambia niente. Dove complottano, comprano, rottamano ma sono sempre gli stessi. Uguali. Chissà perché, poi... Rieccoci, penserai: un altro vecchietto inattivo e ciarliero che ci dice che tutto va male e che ci siamo fatti sfilare tutto il pane da sotto i denti. No, non lo farò perché non sarebbe giusto e intellettualmente onesto. Eviterò di scrivere ovvietà del tipo “Ma è possibile che nessuno si arrabbi per davvero?, o “Che si vada avanti a forza di “pasquinate” dei blogger perché altrimenti è troppo rischioso esporsi dato che i benefici ricevuti in questi ultimi decenni non consentono spazio di azione”. In realtà, e lo dico con l’esperienza degli anni che porto sul groppone, il vero e unico rischio del vostro presente, nemmeno troppo celato, è la persistente paralisi dell’intero sistema cittadino nel quale assistete inermi a bieche operazioni di maquillage per evitare che qualche bambino indichi che il re è nudo. 
In base a quello che ho letto in questi anni, sono sempre stato incuriosito da come il cittadino senese percepisse il proprio microcosmo e le sue intrinseche ritualità. Tuttora mi incuriosisce soprattutto la reazione alla perdita della libertà, prima politica poi economica, della grandeur senese. 
Come sosteneva il mio counselor, il Mago Anubi di Vicarello, non esiste una vera e propria ricetta per guarire un malato che soffre di molte patologie. Credo però che in questo momento di trepida incertezza politica sia necessaria una spinta iniziale dalla quale ricostruire un dibattito che ripristini un vero e proprio senso civico cittadino. 
Per ora ti ho raccontato ovvietà eh, per carità…Io vivo ormai di ricordi, di ferite, di profumi, di memorie di donne ormai scomparse, di storie narrate e narrate all’infinito a chi ha avuto la pazienza di ascoltarmi mentre sorseggiavo un cicchetto di tequila. Eh già, ormai mi sono rimaste solo le storie...e qualche reminescenza di Storia. Conoscerla è spesso utile in questo tipo di dissertazioni. 
Perché la Storia può indicare, se non le risposte, almeno gli atteggiamenti che i nostri predecessori hanno avuto in momenti di assoluta criticità. Perché le vittorie sono inebrianti, ma la vita si impara soprattutto dalle sconfitte. 
Quindi ti scriverò che, prima delle attuali infinite chiacchere a vuoto, spesso gustose e divertenti altre volte un po’ meno, c’è stato un momento in cui la cosiddetta “senesità” era roba seria e si dimostrava nei fatti, non nelle parole parole parole di cui ci riempiono le orecchie e che necessariamente influenzano la nostra quotidianità, talvolta disorientandoci. Ad esagerare, era un luogo simile all’El Dorado, Siena, dove i quaquaraquà catalogati dal carissimo don Mariano Arena erano cacciati e non messi ai vertici della comunità. 
Ma lo sai che non è la prima volta che Siena viene privata della propria sovranità? Cambiano i tempi e cambia chiaramente il modo di fare la guerra. Quella che ha recentemente travolto il Monte dei Paschi (fu) di Siena è una guerra finanziaria che affonda negli ultimi venti anni di politica italiana e strategie finanziarie europee. Però prima dell’indipendenza economica Siena ha perduto la propria indipendenza politica, nel 1559, dopo una resistenza ammirevole contro le forze nemiche. Una guerra fatta di persone, ambascerie, piombo e sangue nella quale i Senesi difesero con tutte le proprie forze il patrimonio pubblico e spesero uomini e denaro in quantità incalcolabile per amore della Repubblica. 
Lo so, sembra un parallelismo forzato e anacronistico, però la perdita della sovranità sul Monte dei Paschi e la perdita della Repubblica a volte si somigliano troppo per non accostarle. E’ utile per constatare l’atteggiamento dell’opinione pubblica quando qualcuno, dall’esterno, osò violare l’indipendenza dello stato senese. Insomma, vedi te. Siena è sempre stata un boccone succulento, ieri come oggi. Era preda ambita nello scacchiere europeo del Cinquecento, un po’ da tutti: dal fiorentino Cosimo de’ Medici che voleva fare il salto di qualità dopo essersi comprato in vario modo più di mezza Toscana con i secolari risparmini messi da parte grazie al commercio e all’usura; dall’imperatore Carlo V, una belva di Gand appartenente al club dei gottosi, proprietario per diritto di nascita del mezzo mondo conosciuto all’epoca ma al quale, mannaggia alla miseria, mancava proprio, come quando capitava con l’album Panini, l’ambitissima figurina di Bruno Bolchi: un territorio che potesse, nel Mediterraneo ormai lago spagnolo, congiungere l’ultimo porto spagnolo, Rosas, al primo porto raggiungibile nel regno di Napoli, Gaeta, così da poter costituire la rotta spagnola del XVI secolo e controllare i mari dell’Europa meridionale e gestire più facilmente i possedimenti asburgici del settentrione europeo; poi, la Repubblica senese interessava parecchio, ma parecchio, anche ad una famiglia non regnante che, tra Cinque e Seicento, è stata la più importante d’Europa: gli Alba (questi non cantavano "Dancing Queen"), una famiglia spagnola che espresse vicerè, banchieri, diplomatici, militari, donne da far sposare per accordi politici ed economici. Troppe persone dovevano un favore agli Alba. Come ripagarli? Un cabinato a Punta Ala? Un appartamento a Roma, vista Colosseo, pagato a vostra insaputa? Cosa volete? Mah, noi non si vorrebbe nulla, abbiamo già tutto, però dato che Cosimo de’ Medici nostro parente (sposato con Leonor Alvarez de Toledo dei duchi di Alba) s’è fatto un bel ducato sovrano e i Farnese, scalzi e gnudi oriundi d’Orvieto, si sono fatti il ducato di Parma e Piacenza dal giorno alla notte perché non ci concedete le terre di Siena che così diventiamo sovrani anche noi? 
Scherzi a parte, la posta in gioco era alta e lo stato senese preda ambitissima da molti attori politici dell’epoca, comprese Francia e Chiesa. 
E…500 anni fa, i senesi come si comportarono durante questo giro di schiaffi? Erano smart & embedded oppure all’epoca i loro diderodiani “gioielli indiscreti” giravano come turbine? Vediamo un po’, facciamo un medley foloso… 
Nella prima metà del Cinquecento la Repubblica aveva vissuto disordini sociali generati dai costanti cambiamenti del potere politico cittadino: i festeggiamenti per l’anniversario della vittoria di Camollia (25 luglio 1527) si trasformarono in una propizia occasione per creare disordini, esplodendo l’odio verso i Noveschi, la fazione che rappresentava la cittadinanza notabile. Cosa fare? Tutti zitti? Figurarsi…il 26 luglio il Governo cercò di rimediare al caos creato, abolendo ufficialmente l’Ordine dei Nove, inserendo però i suoi appartenenti negli ordini dei Riformatori e dei Nobili. Il Consiglio Generale fu riordinato e composto da 230 cittadini, e fu stabilito che la presenza di almeno 150 membri doveva essere necessaria per qualunque deliberazione. 
E cosa successe quando il popolo senese si accorse che l’imperatore Carlo V, per mantenere l’ordine pubblico nel 1541 inviò a Siena il Granvelle come suo ambasciatore con pieni poteri il quale riattribuì sì la carica di Capitano del Popolo, fino a quel momento scelto tra i forestieri, ai cittadini, ma introdusse anche in Siena un corpo fisso di 300 armati spagnoli? Il Governo della Repubblica annusò immediatamente di essere stato incluso nel progetto politico imperiale dato che l’infeudazione imperiale della piccola Repubblica avrebbe dato a Carlito il controllo di gran parte dell’Italia centrale. 
Oppure come quel fenomeno di Giovanni De Luna (altro inviato imperiale) che, con il suo comportamento eccessivamente favorevole ai Noveschi, fomentò un clima caldissimo pronto a culminare in scontri armati. Una popolazione che non scherzava…Carlo V mirava a portare la consorteria dei Nove, suoi fedeli, al pieno controllo delle istituzioni repubblicane. Ecco, questo non lo doveva nemmeno pensare. L’8 febbraio del 1545 il popolo cacciò da Siena la fazione dei Noveschi che, invano, cercò rifugio in casa Buonsignori. Se ci pensi Al-Mutanabbi, non è molto difficile agire quando è in gioco la propria libertà… 
Quindi il De Luna, temendo che la rivolta assumesse toni antispagnoli, chiamò in soccorso le truppe di Cosimo I de’ Medici, succeduto ad Alessandro nel governo dello stato fiorentino, il quale si mosse celermente. Appena la popolazione senese seppe della venuta delle truppe del Medici assediò, il 9 febbraio del 1545, la residenza del De Luna, costringendolo a far ritirare le guarnigioni fiorentine che già avevano oltrepassato il confine. Fatto questo, Giovanni De Luna si fece concedere un salvacondotto e partì velocemente da Siena assieme ai 300 militari spagnoli.

(to be continued...)

1 commento:

  1. "Una città dove cambia tutto, ma non cambia niente" parole sacrosante, purtroppo. a confermarle, per esempio, arriva la notizia che nei prossimi giorni nel consiglio comunale per la lista Nero su bianco (che appoggiava il Neri) il Cortonesi (ex pd) lascerà il posto al Guideri (ex pd). e si vorrebbe cambiare con questi?

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