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mercoledì 8 luglio 2015

Repetita iuvant

Il pezzo di ieri parlava di Palio (Me lo fate un piacere? Chi non lo ha letto, lo legga).
Il pezzo di oggi parla... di Palio.
Quello di domani, chissà.
Forse Wiatutti sta cambiando pelle? Forse Wiatutti sta intercettando un flusso di polemica proveniente dal basso? Forse Wiatutti si sta letteralmente dando all'ippica?



No, niente di tutto ciò.
È che, forse per la prima volta da tempo, sto personalmente percependo una possibilità materiale che la fine del giochino si approssima, se non ci attrezziamo.
Come ci potremmo attrezzare, ve lo riferirò presto, in un prossimo articoletto.
Se nel pezzo di ieri c'era il lancio dell'allarme, oggi vi dimostro, riprendendo a casaccio stralci di materiale scritti in passato su questo blog, che Wiatutti sta da tempo tentando di far capire senza mezzi termini una propria interpretazione della realtà contradaiola e paliesca, brutale e non politically correct, ma che vale la pena di essere vagliata e risolta.
Datemi retta: i problemi affrontiamoli, non tiriamo sempre di mezzo il passato che fu (ma fu veramente)? Perché, a forza di tentare di nascondere la polvere sotto il tappeto, alla fine poi nasce un monticino, poi un monticione... e si vede!
Fra l'altro, da questa strada ci siamo già passati recentemente per altre situazioni e, ad oggi, in mano non c'è rimasto quasi niente.

Partiamo con le citazioni a casaccio. Spero diventino slogan, che vi restino fissati nella mente.



"... la rappresentazione di Siena si incentrò su alcuni luoghi comuni che, messi tutti assieme, costruirono un’immagine unitaria"

"... Palio delle Contrade, la festa per antonomasia della città. Un gioco con poche norme, ma tanti valori condivisi, che finì per diventare la rappresentazione aggiornata di un presunto carattere di “senesità

"... il Palio alla tonda delle Contrade era nato in pieno XVII secolo, per cui né lo svolgimento della carriera né, tanto meno, l’apparato scenico che faceva da contorno alla medesima, alludevano in alcun modo all’età medievale. Occorreva medievalizzare la festa"

"D'accordo con la normalizzazione del Palio, la cui banalizzazione serviva a vendere un format replicabile all'infinito, si è avviato un secondo processo, più lento ma anche più subdolo: la stereotipizzazione della Contrada. Concetto che ha portato, a cascata, a molti sotto-dogmi: la Contrada vista come famiglia allargata, la Contrada vista come idillio in cui tutto va bene, la Contrada vista come comunità di persone che lottano unite per il bene comune, la Contrada come gruppo di amici, la Contrada come punto di incontro fra generazioni diverse che dialogano e si confrontano, la Contrada come ente dove tutti lavorano a favore degli altri, ecc. ecc. A fronte di una raffigurazione di un Palio storicamente efficiente, perfetto, esportabile, doveva insomma corrispondere un'interpretazione di Contrada sublimata in una nuova ed intonsa concezione ideologica".

"... da circa 20 anni (forse più), parallelamente a questo tentativo di normalizzazione, la Politica - quella brutale dei partiti, dei voti, dei soldi - ha tentato di utilizzare, per scopi di parte ed ignobili per definizione, le potenzialità della contrada, dove tutto il corpo sociale cittadino è rappresentato. Ed avere a disposizione, tutti accanto, l'imprenditore e l'operaio, l'impiegato ed il libero professionista, l'integrato e l'apocalittico, il ricco ed il povero, per la Politica è stata una vera e propria manna dal cielo. I voti di Sistema hanno avuto un peso imparagonabile nella nostra città; ed il Sistema ha inglobato, a poco a poco, anche le contrade

"... Ciò che abbiamo visto tutti (spero) è stato da anni un costante adeguamento della Festa verso una qualche forma di “normalizzazione”, per lo più con regole imposte dall'alto, senza che nessuno dei Potenti abbia tuttavia mai osato favellare tale parola, ché al Senese dà fastidio solo a nominarla".

"... si è perfezionata la “normalizzazione” del “prodotto Palio”, che da fine anni '70 a Siena è stato venduto da noti sciòmen di concerto con la politica cittadina, ricavandone essi - bontà loro - discreti profitti e grande consenso. E per confezionare al meglio un prodotto divenuto d'impatto di massa, necessariamente scevro da quegli eccessi che la massa appunto non tollera, è stato perpetrato una sorta di abominio mediatico: non era presentata una verità, spesso cruda e quindi poco esportabile, ma una mera rappresentazione della stessa, un format impacchettabile e riproducibile all'infinito".

"Consapevoli o meno, siamo stati ingannati ed abbiamo acconsentito a che il “prodotto Palio” fosse venduto e stravolto, per il profitto di pochi ed il consenso della politica cittadina, che si è trovata a gestire dei contradaioli/votanti messi in riga, disciplinati, folosissimi ed artefatti. E, quindi, meno pericolosi".

"... [InContrada] trasforma d'impatto gli ospiti - che molti rioni da anni accolgono in maniera a-sistemica all'interno delle proprie strutture - in clienti, cui viene venduto, fosse solo per ragioni di tempistiche, un modello stereotipato (con aperitivo annesso), che difficilmente darà loro la disponibilità a capire ciò che stanno vedendo; essi non riporteranno pertanto un'immagine “corretta” della vita contradaiola (ammesso e non concesso che essa esista)".

   

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