Ovvai. La polizia polacca ha annunciato l’arresto di un secondo cittadino ucraino, con mandato europeo emesso dalle autorità tedesche, accusato di aver partecipato all’attentato che, il 26 settembre del 2022, fece esplodere le condutture sottomarine nel Mar Baltico.
La notizia, diffusa dalla rete radiofonica privata RMF, è stata confermata dal legale dell’uomo, identificato con il nome di Volodymyr Z. Si tratta del secondo fermo legato all’inchiesta: lo scorso maggio, infatti, un tribunale tedesco aveva già disposto la custodia cautelare per Serhii K., anch’egli di nazionalità ucraina, ritenuto parte del commando responsabile dell’operazione. Secondo le autorità di Varsavia, il nuovo indagato avrebbe avuto un ruolo nella logistica e nella preparazione dell’azione di sabotaggio, fornendo supporto e materiali utili all’esecuzione.
Insomma, siamo a due cittadini ucraini coinvolti. Cioè sai, fino a che c’era uno, tarabaralla… Era un mariuolo, uno scappato di casa, uno scapestrato, ecc. Ma ora con due si fa male a dire che l’Ucraina, con l’atto terroristico più grande mai perpetrato ai danni di uno Stato europeo dalla fine della seconda guerra mondiale, non ci incastra niente. Atto terroristico che, in un mondo normale, si sarebbe tramutato in un atto di guerra, con conseguente reazione di tipo militare.
Sembrano un po’ lontani i tempi immediatamente successivi a quando i gasdotti furono colpiti, momento in cui il dibattito internazionale si concentrò immediatamente sulle possibili responsabilità della Russia. I servi della stampa occidentale, nonostante l’assenza di prove concrete, alimentarono la tesi secondo cui Mosca avrebbe avuto interesse a danneggiare la propria stessa infrastruttura energetica per ricattare l’Europa e mantenere alta l’instabilità. Al tempo qualche normodotato tentò di far notare che c’era qualcosa che proprio non quadrava con la logica, dato che il sabotaggio del Nord Stream aveva privato la Russia di uno strumento cruciale di pressione economica e politica, oltre che di miliardi di euro di introiti derivanti dalla vendita di gas all’Europa. E poi c’erano state le dichiarazioni incaute del demente pedofilo Biden, che aveva predetto che sul gasdotto si era puntata l’attenzione dell’Occidente in funzione anti russa.
Nonostante questo, i governi occidentali insistevano sulla responsabilità della Russia, così giustificando il reiterato sostegno militare a Kiev. Nel novembre del 2023, però, fonti governative statunitensi ammisero in via confidenziale che il sabotaggio era stato pianificato e condotto da un gruppo legato ai servizi segreti ucraini; tale versione fu poi rilanciata dal Washington Post e confermata da ulteriori riscontri investigativi tedeschi. Secondo il quotidiano statunitense, sarebbe stato Roman Chervinsky, un colonnello delle forze armate ucraine per le operazioni speciali, a gestire la logistica e il supporto a un team di circa sei persone che avrebbe poi piazzato l’esplosivo sotto al gasdotto. Chervinsky avrebbe preso ordini da funzionari ucraini sotto la guida diretta del generale Valery Zaluhny, il comandante in capo delle forze armate ucraine. Parallelamente, l’inchiesta del premio Pulitzer Seymour Hersh del febbraio 2023 raccontava che dietro l’operazione vi sarebbe stata la mano diretta degli Stati Uniti, con la collaborazione della Norvegia. Hersh sosteneva che Washington avesse avuto tutto l’interesse a spezzare definitivamente i rapporti energetici tra Europa e Russia, garantendo al contempo una maggiore dipendenza del Vecchio Continente dal gas liquefatto statunitense (tutto ciò che aveva rivelato Biden, nessuna novità). Infine arrivò la poderosa inchiesta di Der Spiegel, che certificava che il Nordstream fu fatto saltare da un manipolo di agenti ucraini addestrati dalla Cia per anni.
Per cui, si sta arrivando sempre più alla conclusione che questa non fu un’operazione condotta dall'Ucraina in piena autonomia, ma di un’azione coperta e appoggiata da partner occidentali, interessati a isolare definitivamente la Russia dal mercato energetico europeo. Ed in ogni caso la narrazione dominante del 2022, che puntava il dito esclusivamente contro la Russia, si è rivelata infondata, come logica doveva prevedere. Milioni di pecore, anche in quel caso, hanno seguito i servi della informazione. In queste condizioni, la fine è assicurata per tutti.
Oh... occhio perché se si arriva a tre, tre indizi fanno una prova...
RispondiEliminaAllora bombe su tutte le zone russofone del mondo. Anche santa colomba
RispondiEliminaÈ giusto prestare attenzione alle notizie e alle inchieste in corso, ma bisogna anche distinguere tra fatti confermati, ipotesi investigative e propaganda. Il coinvolgimento di cittadini ucraini, se confermato, non implica automaticamente una responsabilità diretta dello Stato ucraino, così come l’azione di singoli non rappresenta necessariamente la volontà ufficiale di un governo. Le inchieste giornalistiche, comprese quelle del Washington Post, di Der Spiegel o del controverso Seymour Hersh, offrono scenari diversi e a volte contraddittori, ma nessuna ha fornito prove definitive e condivise a livello internazionale. Il linguaggio carico di insulti verso Biden, i media o intere popolazioni (“pecore”) non contribuisce a un dibattito serio: alimenta solo polarizzazione e confusione. Se davvero si vuole arrivare alla verità e alla pace, serve analisi lucida, non tifo ideologico. E soprattutto va ricordato che senza l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, questa escalation, compreso l’attacco al Nord Stream, probabilmente non sarebbe mai esistita.
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