Bella Milano. Bella bella. Bella davvero. Ok, però stateci voi. Io ci devo andare di tanto in tanto e me la "godo" a piccoli sorsi. Oddio, i Milanesi, di base, non sono simpaticissimi (anche se ci sono clamorose eccezioni). Ganzi, bravi e belli solo loro. Ecco, ora Milano è ancora una volta sotto le luci dei riflettori per l'ennesimo scandalo giudiziario. Di quello Bravo, il sindaco Sala.
Cioè, Sala nello scandalo c'è, ma per ora di rimbalzo. Il focus è sul re dei costruttori Manfredi Catella e sull’Assessore alla Rigenerazione Urbana (ahahaha) Giancarlo Tancredi. Al di là di come andrà a finire l'inchiesta - spoiler: non andrà in galera nessuno - vale la pena di fermarsi a riflettere sulla trasformazione di Milano, da città dinamica (anche troppo) e imprenditoriale a catafalco schiavo dei grandi fondi immobiliari che hanno stravolto lo sviluppo del tessuto urbano. Un modello che è stato alimentato da ingenti investimenti nella città, pari a circa il 40% del totale itagliano (4 miliardi di euro nel 2024).
La trasformazione inizia probabilmente dal 2015, anno dell'Expo, che inaugurò un'era di potere di un connubio formato da fondi immobiliari, finanza e fondazioni bancarie, che ha promosso molti dei grandi piani approvati o in corso d’opera. Ogni volta che in questi anni si andava a Milano, si notavano gru, cantieri, uomini a lavorare per ristrutturare la forma della città, non sempre in maniera brillante.
A inizio 2026, le Olimpiadi segneranno simbolicamente la chiusura del cerchio aperto dall’Expo. E chi ha in mano il dossier del Villaggio è Coima, il fondo di Catella (già autore del Bosco Verticale e di Porta Nuova). E chi intende fare dei Giochi una vetrina per il suo modello di città è il sindaco Giuseppe Sala. Viste le premesse, è presumibile che non tutto scorra liscio.
Invece di appaltare il proprio futuro ad una tegamata di potere economico-finanziario, Milano dovrebbe cercare di capire come ristabilire quel giusto compromesso tra investimenti privati e governance pubblica, tra interesse collettivo e dinamismo imprenditoriale, tra sviluppo e inclusione, che è stato simbolo del suo decollo nei decenni scorsi e del suo animo per secoli. Milano è divenuta globale, europea nel senso più omologato del termine. Ora è il momento di tornare ad essere ambrosiani, con sano pragmatismo e sobrietà, pensando soprattutto ai poveri cristi (milioni di persone) che la abitano. Quelli delle periferie scollegate dal tessuto connettivo della metropoli, che rischiano di essere tagliati fuori definitivamente dall'accesso alla città, che spendono cifre insostenibili in un ambiente che è stato convertito al solo benessere dei benestanti.
La Milano esclusiva dei ricchi liberal è ora scossa dall'avvio di una maxi inchiesta, che vede accuse di corruzione, falsità e intuizione indebita a dare o promettere. La Procura sostiene l'esistenza di "un circuito corrotto perverso" e di una "degenerazione eversiva" all'interno della amministrazione urbana.
Vada come vada, esce distrutta (w) l'idea di Sala di Milano, una città smart riservata a pochi papacchioni che vivono nei propri magnifici grattacieli disegnati da famose archistar, che possono permettersi di muoversi con auto elettriche, mentre i poveri delle periferie, divenuti ospiti, restano condannati a muoversi su mezzi pubblici carissimi e poco efficienti. Secondo il piddino Sala, Milano sarebbe divenuta una Cortina di pianura, scimmiottando Londra o New York e disintegrando del tutto le origini culturali - proletarie - della città.
Questo modello fa cacare. Speriamo che ora qualcuno lo abbia capito.
Ci ho vissuto 3 anni a Milano da neolaureato, fine anni 90, ero giovine ed era la città più ganza del mondo.. si viveva bene c'erano mille cose da fare e si girava senza macchina perché i mezzi pubblici erano capillari.... ora la malavita l'ha devastata in tutto, regna sovrano il malaffare!
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