Stefan Zweig era uno scrittore austriaco che verso la metà degli anni '30 iniziò a scrivere un libro poi divenuto molto conosciuto, intitolato "Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo". Libro bellissimo, che racconta l'Europa di inizio 1900, che ebbi l'occasione di leggere ai tempi dell'università.
Vi estrapoliamo qualche pezzo. "Nel 1914 tutti i popoli combattenti si trovarono in uno stato di sovreccitazione: la diceria più stolta si trasformava subito in realtà, la più assurda calunnia veniva creduta. A dozzine c'erano persone in Germania pronte a giurare di aver visto coi loro occhi le automobili cariche d'oro recarsi dalla Francia in Russia; le fiabe degli occhi cavati e delle mani mozzate, che affiorano in ogni guerra sin dal secondo o dal terzo giorno, riempivano i giornali.
Non sapevano quegli ingenui che la tecnica di attribuire al soldato nemico ogni possibile crudeltà fa parte del materiale di guerra quanto i proiettili e gli aeroplani, e che essa viene cavata dai magazzini regolarmente al principio di ogni conflitto. La guerra non può essere messa d'accordo con la ragione e con il senso di giustizia; essa esige entusiasmo cieco per la propria causa e odio contro l'avversario.
Ma è proprio della natura umana che i sentimenti acuti non si possano prolungare all'infinito, né nell'individuo, né in un popolo, e ciò è ben noto ad ogni organizzazione militare. Questa perciò ha bisogno di un assillo artificiale e simile compito d'incitamento dev'essere assolto - con buona o con cattiva coscienza, per convinzione o per abilità di mestiere - dagli intellettuali, dai poeti, dagli scrittori, dai giornalisti.
Essi dovevano battere il tamburo dell'odio e lo fecero con la massima energia, sino a quando ogni persona ancor ragionevole ne ebbe le orecchie ed il cuore dolenti. Quasi tutti in Germania, in Francia, in Italia, nel Belgio ed in Russia, obbedirono alla propaganda di guerra e con ciò alla follia ed all'odio collettivo della guerra, invece di insorgere a combatterli. Le conseguenze furono disastrose.
Allora la propaganda non si era ancora logorata per uso di pace ed i popoli, malgrado le molte delusioni, ritenevano ancora vera ogni cosa stampata. Così l'entusiasmo delle prime giornate puro e bello, pieno di spirito di sacrificio, si trasformò in un'orgia dei sentimenti più stolti e più bassi. Si combatteva contro l'Inghilterra e contro la Francia sul Ring di Vienna o nella Friedrichstrasse di Berlino, il che era decisamente più comodo.
Dovettero sparire le diciture inglesi e francesi dai negozi. Bravi commercianti stampigliarono la corrispondenza col motto “Got straje England” (Dio punisca l'Inghilterra), dame di società proclamavano solennemente nei giornali che non avrebbero mai più detto una parola francese in vita loro.
Shakespeare venne bandito dai teatri tedeschi, Mozart e Wagner da quelli francesi ed inglesi, i professori tedeschi affermarono che Dante era un puro germanico, quelli di Francia a loro volta che Beethoven era un belga: si cercava insomma impudentemente di requisire a proprio vantaggio dai paesi nemici i beni culturali, come si faceva per il grano od il metallo.
Non bastava che giornalmente migliaia di cittadini di questi paesi si ammazzassero al fronte, bisognava anche dal fronte interno insozzare e vilipendere i grandi morti dell'avversario, che da secoli riposavano nelle loro tombe. Il perturbamento degli intelletti divenne sempre più assurdo. La cuoca che non aveva mai lasciato Vienna, né, dopo la scuola, aperto un atlante, proclamava l'impossibilità per l'Austria di esistere senza il “Sangiaccato”, una piccola terra oltre confine, situata chissà dove in Bosnia.
I vetturini litigavano fra loro sull'entità dell'indennizzo da imporre alla Francia, se cinquanta o cento miliardi, nessuno di loro sapeva a quanto ammontasse un miliardo. Non vi fu né una città né un gruppo che riescisse a sottrarsi a quell'isterismo dell'odio. I preti predicavano dagli altari, ed i socialisti, che un mese prima avevan denunciato il militarismo come il peggiore delitto, facevano ora più chiasso degli altri per non esser ritenuti, secondo la parola di Guglielmo, “gentaglia senza patria”.
Fu la guerra di una generazione ignara, ed appunto l'ancora intatta credulità dei popoli nella unilaterale giustizia della propria causa costituì il più grave pericolo. A poco a poco in quelle prime settimane di guerra del 1914 diventò impossibile scambiare una parola ragionevole con qualcuno. Anche i più pacifici e bonari erano presi dall'ebbrezza del sangue. Amici sempre conosciuti come decisi individualisti ed anzi come anarchici intellettuali, si erano di colpo trasformati in patriotti fanatici e poi anche in annessionisti insaziabili.
Ogni conversazione si chiudeva con stolte frasi di questo genere: 'Chi non sa odiare, non sa neppure veramente amare' od anche con volgari insinuazioni. Amici coi quali non avevo mai avuto dissensi, mi accusavano apertamente di non essere più austriaco e mi invitavano a passare in Francia o nel Belgio. Essi insinuavano persino che in realtà sarebbe stato dovere portare a conoscenza delle autorità superiori idee come quella che la guerra sia un delitto, giacché i “disfattisti” - la bella parola era stata allora inventata in Francia - erano i peggiori delinquenti contro la patria.
Non rimaneva che una via: trarsi in disparte e tacere finché gli altri erano in preda alla febbre e alla furia. Non fu facile. Giacché l'esilio - io l'ho potuto imparare a sazietà - non è penoso come vivere soli in patria".
Ora, probabilmente sono io che penso male... ma vi chiedo: ma non vedete anche voi una sorta di déjà vu in tutto questo?
Ah, in bocca al lupo...
Buongiorno, ti faccio i complimenti per questa citazione di un libro che non conoscevo e che mi sembra descriva bene quello che accade quando i governi ti vogliono coinvolgere in un conflitto armato, così non mi sentirò più solo quando verrò accusato di essere amico di Putin solo perché non vorrei spendere un soldo per comprare armi da guerra. Tra l'altro credo anche di non essere solo, forse la maggior parte dei cittadini italiani per adesso la pensa proprio come me.
RispondiEliminaCi vedo molto del periodo pandemico che poi era solo l'antipasto di questo periodo bellico.
RispondiEliminaL'uomo si autodistrugge a comando esplicito dei potenti; fenomeno davvero strano visto che basterebbe ribellarsi ed invece il popolo si foga ed attacca chi prova a portare un pensiero diverso, anche chi fino al giorno prima salutavi e consideravi amico.
Individuare e smascherare la propaganda è un obbligo ed un dovere per i veri intellettuali e per gli uomini di buon senso. Scoprire la menzogna è un dovere per ogni uomo libero.
RispondiEliminaDi sicuro c'è che chi veicola la propaganda non lo fa per ingenuità ma per mero guadagno personale. Dovremmo, come società civile, sviluppare gli anticorpi. Impariamo cos'è la propaganda, studiamola per poi poterla riconoscere. Individuiamo i kapò che infestano la nostra società ed indirizzano il pensiero delle masse, impariamo cos'è la psicologia delle masse, leggiamo qualche libro al riguardo. Impariamo a difenderci dalla pnl (programmazione neo linguistica). Quando i padroni del discorso od i loro pappagalli cercano di imbonirci osserviamo i movimenti del loro corpo, ci diranno molto del messaggio che stanno veicolando. Vi invito al coraggio cari concittadini, la guerra, specialmente la guerra combattuta con le tecnologie adesso a nostra disposizione, è un macello inumano, la vita media di una recluta Ucraina sulla linea di contatto al fronte è di 8 ore, riflettiamo anche su questo. La guerra è barbarie e spesso chi la veicola poi manda gli altri a morire ed adopera tale strumento solo per aumentare i propri guadagni.
Sei un irresponsabile perché come se non ti vaccini fai morire anche me allo stesso modo se non combatti poi fai morire anche me.
RispondiEliminaUn po' di sensi civico eh, caro il mio Esule 🤣
La mi scusi TDF, sono cascato dal seggiolone da piccino :)
EliminaA Roma dicono aoh, a te t'hanno cullato vicino armuro 🤣🤣
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