Ma quanta felicità può dare essere un Beta?
"Pollution" è il secondo album di Battiato, del 1972. Ed è fortemente impregnato delle influenze, sonore e narrative, degli inizi anni '70.
Battiato non segue ancora le influenze di Stockheausen, ma inizia ad assorbire un sound derivante dalla prima musica ambient (Eno) e soprattutto dalla kosmiche elettronica mitteleuropea (Tangerine Dream). L'album è così pieno di invenzioni sonore, di ribaltamenti in corso, di anomalie musicali che diventa subito un piccolo caso nazionale. Poche volte in Italia si era sentito un tale tipo di musica.
Non tutti sanno che l'album nasce come concept, con due livelli di riferimento: l'ossessione verso un dichiarato catastrofismo ambientale (da qui il titolo, molto evidente) ed un rimando diretto a "Il mondo nuovo" di Aldous Huxley. E probabilmente "Beta" è l'evidenza più smaccata di tale citazionismo huxleyano. Huxley immagina una società umana alla metà del secondo millennio costituita da caste, create artificialmente attraverso un ritardo controllato dello sviluppo degli embrioni tramite una misurata privazione dell'ossigeno, così da influenzarne per sempre l'intelligenza ed il futuro sociale. Gli embrioni non nascono già da accoppiamenti naturali (vietati), ma in apposite fabbriche secondo quote pianificate da coloro che governano il mondo. Che appartengono, appunto, alla casta alfa. La casta beta ricopre incarichi amministrativi, ma senza responsabilità di comando. E sta sopra alle altre caste gamma, delta, epsilon. La condizione dei Beta, nella concezione di Battiato, pare legata alla felicità in quanto capaci di farsi ubbidire dagli inferiori. Niente violenza, niente lavoro duro, qualche comodità garantita: insomma, nel distopico mondo di Huxley, potrebbe veramente andare peggio (chi vede in tutto ciò dei richiami al tempo che stiamo vivendo a mio avviso fa benissimo).
Musicalmente, la canzone si può dividere in due parti. La prima, dopo una breve apertura di giochi di sintetizzatori, con un moog distorto che accompagna quasi scherzosamente il testo urlato di Battiato, come a inquadrare ancora meglio, con tale ouverture spiazzante, il lato distopico del testo. Poi iniziano cinque minuti di grande musica prog, con autocitazioni, scherzi di pianoforte, suoni che paiono venire dal fondo dell'oceano, con il letto di uno splendido coro quasi strascicato a più voci femminile che ricorda vagamente qualcosa dei primi Pink Floyd. Un pezzo straordinario nella sua psichedelia, immaginato e creato come se Battiato fosse preda dell'LSD. E chissà se al tempo non lo fosse davvero...
Spettacolare la fine del pezzo, fra sottofondi di VCS3 e citazioni di musica classica, con una domanda che tutti i fan battiateschi, prima o poi nella loro vita, si sono fatta, anche inconsciamente: "Io a quale corpo appartengo?".
Capolavoro.
Son felice di essere un beta
Il mio giorno non è duro
Dentro il mare mi posso vestire
Dai gamma e dai delta
Farmi ubbidire
Quando gioco non rompo mai niente
La violenza non ho nella mente
La violenza non ho nella mente
La violenza non ho nella mente
Dentro di me vivono la mia identica vita
Dei microrganismi che non sanno
Di appartenere al mio corpo...
Io a quale corpo appartengo?
Nessun commento:
Posta un commento