Tra gli affanni di questa settimana di mezzo ottobre, nella quale il Roburrone giocherà ben tre volte, spicca il solito e ricorrente dilemma del sottoscritto che in simili occasioni non sa mai se parlare della partita precedente, vinta bene contro l’albiceleste di Chiavari, oppure di quella successiva, che giocheremo oggi pomeriggio in quel di Viterbo. E a forza di pensare mi si grippa il cervello e va in tilt, come i vecchi flipper della sala giochi quando li prendevamo a zampate.
Poi col tempo "flipper" è diventato anche il nome di un delfino, ma di questo ne parleremo un’altra volta. A dirla tutta stavo addirittura pensando di abbandonare il discorso Robur e parlare, che so, di vaccini e Coronavirus per dirne una, ma solo per uno scopo altamente sociale che vi vado di seguito ad illustrare. Lo schema del blog che mi ospita (senza farmi nemmeno pagare l’affitto) è molto semplice: 7 pubblicazioni a settimana. La domenica è la giornata della memoria Franco Battiato, quindi restano 6 giorni liberi. Se ci mettiamo tre partite, tra pagelle e articoli più o meno intelligenti (quale questo), restano uno, massimo due giorni per la litigata settimanale fra crociati e infedeli. Un po’ poco direi, no? Quindi potrei iniziare a dire che se non ti vaccini schianti, per poi aggiungere un attimo dopo che se ti vaccini crepi uguale. Tuttavia sarebbe inchiostro virtuale sprecato perché tanto nemmeno questo potrebbe portare un po’ d’armonia tra i due schieramenti bellici e soprattutto, chi prima e chi poi, moriremo tutti tutti lo stesso. Ma poi se non ci fosse stato il Covid19 e la pandemia, quelli che ancora oggi litigano e si offendono a colpi di "te sei scemo e sono furbo solo io" e viceversa, come avrebbero impiegato il loro spropositato tempo libero? Molto probabilmente avrebbero parlato di Robur e di Nacho Varela dico io, e allora tanto vale saltare a pie pari l’inutile discorso sull’emergenza sanitaria (che in ogni caso e indipendentemente da come la si pensi, a me avrebbe largamente scassato i coglioni) e tornare all’argomento che da fiato alla tromba della nostra vita: il Siena.
Con l’Entella, mamma mia quanto mi piace vincere, ho notato una cosa particolare. Dopo un secondo tempo da battere le mani, a fine partita, quando i ragazzi sono venuti sotto la curva, abbiamo cantato "Squilli la Fe’". Ora, io non entro nel merito circa l’utilità di utilizzare questo canto ad ogni partita (ricordo soltanto che per Siena è una marcia molto importante, soprattutto in questi momenti di restrizioni). Questa usanza fa parte del nuovo corso dettato dal giovanissimo management della curva bianconera e io mi adeguo molto volentieri, cogliendo anzi l’occasione per ringraziarlo per l’ottimo lavoro che sta fin qui facendo e soprattutto per l’ondata di vento fresco che ha portato (ecco, dopo questa leccata sulla prossima maglietta che mi vendete vorrei almeno il 10% di sconto). Tuttavia, cantare "Squilli la Fe’" dopo una vittoria contro l’Entella alla... cos’era?... nona giornata di campionato di serie C, pur con i brividi che quel canto da sempre mi provoca, mi ha gettato addosso un po’ di malinconia. Essendo un inno, lo ripeto, molto importante, io (parlo a titolo personale) lo riserverei per le occasioni veramente speciali: in passato l’abbiamo cantata col San Donà, due volte a Genova, dopo le vittorie con la Fiorentina, all’Olimpico di Roma, a Massa l’anno di Ponte e pochissime altre volte. Questo inno a me sa di festa e di occasione speciale. Abusarne sarebbe come apparecchiare la tavola con la tovaglia buona e la porcellana della nonna per una pausa pranzo. Le cose veramente belle, sono rare e molto preziose: non banalizziamole. Ma se proprio non potessimo farne a meno, anche se "La Verbena" per me andrebbe benissimo per le occasioni di tutti i giorni, sarà allora fondamentale fare un piccolo sforzo. Mentre noi cantavamo e i ragazzi in maglia ocra battevano le mani - chi a tempo e chi no - ne ho visto uno particolarmente spaesato, che ci guardava come se provenissimo da un altro pianeta. Effettivamente lasciare l’Islanda e capoficcare nella piccola città eterna bianconera non è una cosa affatto semplice (pensate soltanto che Siena dista da Reykjavík la bellezza di 4.251 km e che per coprirli tutti senza prendere l’aereo ci vorrebbero 92 ore, 92, mica 1...). Una bella distanza, specialmente se hai 24 anni. Karlsson il citto biondo venuto dal nord che al locale ufficio anagrafe farebbe Ottar Magnus, dopo aver con il suo ingresso cambiato la partita, ha tentato di partecipare ai festeggiamenti, ma si vedeva chiaramente che era spaesato. Già passare dall’Islandese all’Italiano è un casino dell’ottanta. Se poi noi gli diciamo anche fasi del tipo "passano i duci dagli alti cimier!" e i "i barberi in gruppo al canape van" lui chiaramente non ci capisce più niente. E magari mi va in confusione e ne risente anche il suo rendimento domenicale. "Ma che lingua parlano questi qui?" avrà pensato la sera a casa mentre con spippolando col traduttore di google provava a capirci qualcosa. Vediamo se gli prende la saudage del freddo e mi ritorna a casa. A tal proposito e manco a farla apposta, l’efficiente redazione del "La partita psichedelica", oggi aiutata dai colleghi di "Presentare il presentabile e l’impresentabile", ha provveduto a tradurtela, nell’assoluta convinzione che con le tue giocate (magari un po’ sbilenche e quanto meno estemporanee) ce la farai cantare ancora tante tante tante tante volte. Bellissimo sarebbe sentirtela interpretare in lingua madre, che grosso modo farebbe così:
Hringdu í fe!
Vopnaðu sjálfan þig og heiðraðu sigur
af þér, sæta blóm,
Sæll Siena!
Þúsund borðar glitra í sólinni,
veifandi hvítt með svörtum lit,
duci fara frá háum cimier!
Hér í Siena vaknar djörfung.
Hvítu þriggja ljósra gluggarnir hlæja
af stærstu fornu höllinni.
Rakararnir skjálfa, mjóir
forfaðir í Sienese -innri.
Hérna er skýrslan!
Frábæra brautin er þegar opin:
rakarinn í hóp,
að tjaldvagninum.
Þeir flýja hratt í rykið,
dýrðin brennur á öllum!
Fólkið titrar og hrópar!
Hér er merki: sigur!
Siena með ljúft tungumál
og frá ástkæra farfuglaheimilinu:
Siena, þú ert frá Róm
blíður og fallegur spegill.
Nell’attesa di vederti segnare goal a cubetti (ometto a grappoli perché tanto non credo tu ne abbia mai visto uno), ti segnalo che nonostante la versione originale dica riferendosi a Roma "specchio gentile e bello", quella un po’ più involgarita ti suonerà come "centomila volte meglio". Che nella terra dei gayser diventa: "hundrað þúsund sinnum betri". Dai, anche a orecchio si capisce…
Ps. Secondo me la vostra lingua è talmente difficile che voi anche fate finta di conoscerla. E quando non vi vede nessuno usate l’ inglese.
Siena - Entella 1 a 0: sì, quando si vince è proprio bello. Il sabato si chiude bene e la domenica ricomincia meglio. La vita è più dolce, quando trionfa la Robur. È come una bella sbornia, ma senza il successivo mal di testa.
Viterbese - Siena: caro d’ambrosio - scritto rigorosamente con le lettere minuscole come le tue prestazioni in maglia bianconera - se avessi un fratello come te, direi a tutti che sono figlio unico. Sei stato uno dei peggiori, se non il peggiore, capitani della storia del Siena. Non eri e non sarai mai degno di indossare quella fascia. Mai mai mai. Nemmeno se rinasci altre cento volte. Auguri per domani pomeriggio. Porta due tappi per le orecchie! E poi ci si vede a Siena, al ritorno. Non vedo l’ora. Piccolo uomo e scarso giocatore.
…su quei gradoni, lì ci troverai!
Mirko
NDR: Ci prendiamo l'impegno di tentare di imparare a memoria "Hringdu í fe!", per prossime occasioni.
d'ambrosio un troiaio vero, un troiaio d'omo.
RispondiEliminaPaolo