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venerdì 15 dicembre 2017

La lettera C

Quasi Natale e la Robur non gioca da una vita! Se non mi sforzo, manco ricordo l’ultima partita che ho visto. Francamente poi, questa storia che in casa si stenta e fuori ce le rinviano tutte, a fila come i salsiccioli, non mi piace per niente. Di questo passo va a finire che ci richiappa anche il Prato.

Caro Babbo Natale, prima di morire vorrei tanto rivedere una partita dei bianconeri. Pertanto ti domando - scusandomi per il disturbo arrecato in questo momento così cruciale per il bilancio della tua azienda, anche se ultimamente immagino che Amazon ti stia sottraendo importanti quote di mercato - secondo te sarà possibile farlo da qui alla fine dell’anno? 
Senza Robur mi sento triste e annoiato. Mi guardo le micosi sotto le unghie dei piedi e sbadiglio. Mangio per noia e bevo per disperazione. Peccato che abbia smesso di fumare da troppo tempo; altrimenti... Le giornate non passano mai e l’umore stenta a riemergere dagli abissi paludosi dell’apatia prenatalizia.
Nell’attesa potrei fare come tutti, correre per negozi a dilapidare la tredicesima prima ancora di averla incassata. In fondo che c’è di male: sono un qualunquista nato, il classico uomo della strada medio, che porta la moglie a Venezia per l’anniversario di matrimonio e si crede un grande allenatore durante i Mondiali. E per non pensare troppo o dover argomentare le mie teorie, concordo sempre con il mio interlocutore: chiunque esso sia. La penso come te, la penso come lei, la penso come loro: penso ciò che vogliono gli altri, almeno nessuno potrà mai darmi contro. E quando parlo, dico spesso "eccetera eccetera". Ma soltanto per riempire il vuoto creato del non aver niente da dire. Potessi sputare tre puntini di sospensione alla fine di ogni parola pronunciata, come fanno tutti quando scrivono su whatsapp (come se a ogni affermazione dovesse necessariamente seguirne un'altra), lo farei senza problemi. Peccato che di questo passo a forza di aspettare la Robur invecchierò, e l’unica cosa che mi riuscirà di sputare saranno i denti. 
Nonostante il Natale e le musichette allegre, senza Robur mi sento triste. Come quelle mattine nelle quali appena sveglio discuti con la compagna ed esci di casa senza salutarla, ignorando che fino a tarda sera non potrai rivederla. E quando qualche ora più tardi lo realizzi, capisci quanto ti manca quel bacio a stampo dato prima di chiudere la porta. Ma oramai è tardi per rimediare e ti stranisci. Chissà, forse proprio questo significa amare qualcuno. Oppure l’amore è soltanto una mutazione genetica della passione, che ci travolge durante i primi tempi di una relazione, per poi sfumare lentamente in qualcos’altro. 
Sono contento di aver messo su famiglia da giovane, perché a quaranta anni non sarei più capace di sopportare i difetti degli altri. A volte vorrei veramente poter avere uno di quei filtri che usano i fotografi delle modelle, per poterlo passare davanti agli occhi e vedere un mondo migliore, senza rughe o smagliature. C’è troppa miseria in giro: umana più che economica. Ci sono dei giorni dove forse sono più sensibile e percepisco gli umori di coloro che mi circondano con maggiore precisione. In pratica, ci sono dei giorni che ‘sento’ tutto: come in quei bagni degli uffici, divisi soltanto da un velo cartongesso. Poi ci sono altri (giorni) che invece sarei pronto a fare outing e rivelare a tutti che il calcio, visto dal 2017, non mi piace più. No, non sarebbe un vero è proprio coming out come quello degli attori del cinema, che dopo aver "smarrito la retta via" abbracciano "la via del retto" (sì, sono scurrile, lo so! Ma vi prego di perdonarmi: ho studiato all’Istituto Agrario, non al Classico). Il pallone non mi emoziona quasi più e non ne posso più sentire gente alla Tv che parla continuamente di "partite sporche" - che per me rimarranno sempre quelle giocate da piccino nel campino di San Prospero - di "vertici alti", di "lato debole" e del "quinto di sinistra nel 3-5-2" - che non ho mai capito se per individuarlo si debba intendere la sinistra verso la porta in cui si attacca o in quella che si difende. Ascolto incredulo una pletora di ex giocatori, molti dei quali mediocri come i loro curriculum, pontificare di strategie e schemi innovativi come se il calcio l’avessero inventato loro, e mi chiedo: ma visto che sono anni che ci rompete i coglioni con questo fantomatico modulo a albero di Natale, almeno a dicembre vogliamo ritirarlo fuori? Vorrà dire che gli avversari si schiereranno a lampadina e finirà tutto a cavallucci e vino. O magari con un bel gelato alla stracciatella, che costa quanto quello al fiordilatte ma in più ha i pezzettini di cioccolata! E poi mi accusano di non stare attento alle cose che mi circondano. Io, che quest’anno ho anche comprato il Pandoro della Melegatti. 
È già metà dicembre e ancora non ho iniziato a fare i regali. Ricordo da ragazzo i bei tempi in cui una mia amica, per tre anni di fila,  lasciò il suo storico fidanzato venti giorni prima di Natale per non dovergli fare il regalo, contando sul fatto che tanto lui glielo avrebbe fatto lo stesso. Ma quanto è bello riempire un foglio bianco con una monte di fuffa scritta, con parole a caso e pensieri strampalati, giusto per arrivare al fine settimana? Vi prego, non mi odiate, tanto non vi rubo che qualche minuto. E poi è Natale.
Domenica arriva il Prato. Anzi Sabato alla 14.30 in verità. E questo orario mi riporta con la mente allo splendore maestoso dei tempi felici in Serie B. Che meraviglia! S’era tutti più giovani e parecchio più bellini. Ora che ci faccio caso, la Robur detiene un record importante, del quale vado orgoglioso: nella sua storia (recente) non è mai retrocessa in Serie C. Se avessi una bomboletta ed un muro bianco, lo scriverei anche sui treni. Che poi la Serie C è un campionato incerto, nel quale a volte si grida, altre si balbetta e all’euforia si alterna la depressione. Praticamente un campionato di C ha gli stessi sintomi di una sbornia. Speriamo che a maggio non ci venga il anche il mal di testa. La Serie C, con la sua morbida rotondità, come una pancia gravida vista al contrario, orgogliosa di quel pezzettino mancante, sembra una O scritta con una penna che ha finito l'inchiostro. Con la sua forma a calamita ci attira verso di lei: dove volete andare?, ci chiede beffarda. È questo è il vostro mondo. E a pensarci bene ha proprio ragione: dal campo sportivo al campo santo, passando per Piazza del Campo e il Campansy. Tutto sembra girare intorno alla lettera C.

Siena - Prato: se fosse un libro sarebbe "La lagazza del tleno", se fosse una film sarebbe "Grosso guaio a China Town", se fosse una canzone sarebbe "Kung Fu Fighting". Ma se invece fosse una partita di calcio, vorrei tanto ne sortisse fuori una vittoria bianconera, per dimostrare a tutti che non ci ferma nemmeno l’inverno!

Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

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