Robur che grazie al prezioso bottino di zero punti derivante dall’ottima sconfitta rimediata sul campo della temibilissima compagine sarda dell’Olbia, ha finalmente raggiunto la salvezza virtuale: definizione di per sé fastidiosa e totalmente inutile, se non rapportata a qualche torneo di Play Station o peggio ancora di scriteriato Fantacalcio, vera e propria piaga che affligge l’uomo moderno, più dell’Aids, la fame ed il Renzismo dilagante, riproposto in questi giorni dopo una "digestione virtuale post referendum" esattamente come la parmigiana di melanzane mangiata il Lunedì di Pasqua.
La ‘salvezza virtuale’ mi sa tanto di ‘amore platonico’, ‘felicità effimera’ e ‘cucina vegana’ e come la giro la giro mi assale la tristezza. Avete presente tutte le volte che una ragazza ci ha detto: "Non verrei con te nemmeno se tu fossi l’ultimo uomo rimasto sulla terra"? Ecco, se penso alla "salvezza virtuale della Robur" mi sento come il più brutto della classe che sull’autobus della gita è riuscito ad occupare il posto accanto alla reginetta del liceo unicamente perché tutti gli altri sono rimasti a casa ammalati. E la sensazione non è affatto bella. Oppure come l’atleta che vince la gara soltanto perché quello che aveva davanti è caduto o peggio ancora è stato fermato dal pubblico. E chissà, forse a tal proposito anche lo Stefano Baldini, eroe nazionale della maratona olimpica di Atene 2004 (e tanto per fare un po’ di retorica permettetemi di scrivere anche: "Però, so’ già passati tredici anni... Certo che il tempo vola!"), avrebbe qualcosa di dire.
La ‘salvezza virtuale’ mi sa tanto di ‘amore platonico’, ‘felicità effimera’ e ‘cucina vegana’ e come la giro la giro mi assale la tristezza. Avete presente tutte le volte che una ragazza ci ha detto: "Non verrei con te nemmeno se tu fossi l’ultimo uomo rimasto sulla terra"? Ecco, se penso alla "salvezza virtuale della Robur" mi sento come il più brutto della classe che sull’autobus della gita è riuscito ad occupare il posto accanto alla reginetta del liceo unicamente perché tutti gli altri sono rimasti a casa ammalati. E la sensazione non è affatto bella. Oppure come l’atleta che vince la gara soltanto perché quello che aveva davanti è caduto o peggio ancora è stato fermato dal pubblico. E chissà, forse a tal proposito anche lo Stefano Baldini, eroe nazionale della maratona olimpica di Atene 2004 (e tanto per fare un po’ di retorica permettetemi di scrivere anche: "Però, so’ già passati tredici anni... Certo che il tempo vola!"), avrebbe qualcosa di dire.
Come? Che c’entra ora Baldini con Olbia – Siena 1 a 0? Tranquilli, non c’entra niente. Era soltanto per allungare un po’ il sugo e arrivare rapidamente a fine foglio.
A proposito di sugo, ma vi ricordate che meraviglia quelle belle trasferte di qualche anno fa, quando al rientro a Siena dentro al pullman c’era quel simpatico odore di ragù speziato al gusto ‘sala spinning a fine lezione’ misto a erbe nord africane essiccate al sole e vinaccio quasi aceto di scarsa qualità? Che meraviglia la gioventù!
Che poi noi ragazzi a quell’età ci dividevamo in due grandi categorie: a destra c’erano quelli che truccavano i motorini e a sinistra quelli che truccavano le sigarette. Seppur con modi diversi, entrambi i gruppi si prefiggevano l’obiettivo di far incazzare i carabinieri. Altro che emiciclo di Montecitorio: la vera politica si faceva in strada!
Le ragazze invece no, loro se ne stavano nel mezzo, troppo occupate ad andare al bagno in due (mai capito perché) o a chiedere al fidanzato di turno spiegazioni sul fuorigioco. E guardate che col tempo impararono a distinguere una spiegazione vera da una farlocca e anzi, fomentate anche dalle mamme, smaniose di sistemare le proprie figlie e buttarle fuori di casa, cominciarono a valutare la qualità del fidanzato proprio dalle parole con le quali il malcapitato riusciva a descrivere la famigerata regola numero 11. Quante ne ho viste di storie di amore infrangersi ad un passo dal matrimonio per colpa di un piede in linea per pochi centimetri. E quando la fidanzata riusciva finalmente a capire e tu ti sentivi pronto per far evolvere il tuo stato sociale da sesso virtuale (toh!) a sesso reale, arrivava a Siena l’Inter di Mourinho e Maicon e a tempo quasi scaduto rimetteva tutto in discussione: "Scusa, ma l’Inter non ha segnato in fuorigioco?". "Sì e ce n’erano almeno cinque". "Oh allora perché l’arbitro non ha fischiato?". "Già, perché?". La domanda rimaneva nell’aria per minuti, galleggiando come le boe arancioni al di là dagli scogli di Prato Ranieri. E mentre lei ti guardava con occhi colmi di speranza, sentivi qualcosa morirti dentro. Il suo sguardo piano piano si faceva più duro perchè dentro alla sua amabile testolina (vuota) ricoperta di capelli appena fatti cominciava a strisciare la serpe del dubbio e sulla superficie intatta del suo cuore spuntava improvvisa una piccola ruga. Se ti avesse colto sul fatto mentre la tradivi con sua sorella, forse ti avrebbe addirittura perdonato, ma sul fuorigioco no, non c’era ritorno, perché di fatto esso era una linea di confine precisa tra "fidarsi per sempre" o "è meglio se restiamo amici". Saltarono più coppie quella sera dopo Siena – Inter che nei giorni successivi all’apertura del Sabroso. E ancora mi ricordo le immagini di Mourinho che corre sotto la curva ospiti felice come una Pasqua. Nemmeno Gabriel Garko ha rovinato più famiglie...
Ma poi perché diamo per scontato che le Pasque siano felici? Ma secondo voi, quei signori dell’omonima isola, che in millenni di storia non hanno saputo far di meglio che scolpire quei dolmen a forma di omini deformi col capone gigantesco, sono felici? Secondo me no.
In realtà c’erano anche le ragazze, poche in verità, che di calcio ne sapevano parecchio più di noi. Me ne ricordo un gruppetto (e per decenza non farò i nomi, anche perché molte di loro adesso sono o potrebbero essere mamme) che ci accompagnò durante una trasfertina di Serie B. Mi pare si giocasse in Veneto, forse a Treviso. Era una splendida giornata di gennaio, accompagnata da un bel solicino giallo che a metà mattina spazzò via le nebbie della Bassa Padana. Il cielo era terso mentre la Robur se ne stava un po’ sotto la metà classifica (ho scritto proprio un bel battutone!). Mi pare perdemmo 1 a 0 anche in quell’occasione (ecco l’anello di collegamento con l’attuale Olbia – Siena). Viaggiavamo con due pulmini a nove posti all’ombra del grande pullman degli ultras. C’era qualcuno del "Centro Storico", qualche altro della "Robur Alcol" ed altri ancora lì per caso. A circa metà strada, tra frasi del tipo: "Oh, mi scappa da piscia'!", "Gianello però un' esce mai" e "Tonci (Zilic) bevi meno ponci", le ragazze cominciarono un inatteso ma quanto mai gradito strip e tra lo stupore generale, in un tripudio di reggiseni senza ferretto e perizomi colorati, iniziarono a mostrare tetti e culi agli altri automobilisti. Altro che fuorigioco, 4-4-2, pay per view, Maurizio Mosca e tre punti a vittoria. All’improvviso niente fu come prima, perché in poche decine di chilometri di autostrada piatta e noiosa, un raggio di sole aveva squarciato il buio della nostra vita portando un po’ di luce dove normalmente non ce n’era. Ignaro di tutto, colui che guidava non vide niente. A lui lo spettacolo venne raccontato in seguito e, come sempre accade nel momento in cui l’eroe trascende nel mito, la storia divenne immediatamente leggenda. E forse quella notte, qualche diottria fu persa nel ricordo di una fredda domenica di gennaio consumata così: in su e giù… per l’Italia.
Olbia – Siena 1 a 0: salvezza virtuale per abbonamenti virtuali. A settembre vi pago con i soldi del Monopoli. O vediamo!
Tutti uniti insieme avanzeremo.
Mirko
In realtà c’erano anche le ragazze, poche in verità, che di calcio ne sapevano parecchio più di noi. Me ne ricordo un gruppetto (e per decenza non farò i nomi, anche perché molte di loro adesso sono o potrebbero essere mamme) che ci accompagnò durante una trasfertina di Serie B. Mi pare si giocasse in Veneto, forse a Treviso. Era una splendida giornata di gennaio, accompagnata da un bel solicino giallo che a metà mattina spazzò via le nebbie della Bassa Padana. Il cielo era terso mentre la Robur se ne stava un po’ sotto la metà classifica (ho scritto proprio un bel battutone!). Mi pare perdemmo 1 a 0 anche in quell’occasione (ecco l’anello di collegamento con l’attuale Olbia – Siena). Viaggiavamo con due pulmini a nove posti all’ombra del grande pullman degli ultras. C’era qualcuno del "Centro Storico", qualche altro della "Robur Alcol" ed altri ancora lì per caso. A circa metà strada, tra frasi del tipo: "Oh, mi scappa da piscia'!", "Gianello però un' esce mai" e "Tonci (Zilic) bevi meno ponci", le ragazze cominciarono un inatteso ma quanto mai gradito strip e tra lo stupore generale, in un tripudio di reggiseni senza ferretto e perizomi colorati, iniziarono a mostrare tetti e culi agli altri automobilisti. Altro che fuorigioco, 4-4-2, pay per view, Maurizio Mosca e tre punti a vittoria. All’improvviso niente fu come prima, perché in poche decine di chilometri di autostrada piatta e noiosa, un raggio di sole aveva squarciato il buio della nostra vita portando un po’ di luce dove normalmente non ce n’era. Ignaro di tutto, colui che guidava non vide niente. A lui lo spettacolo venne raccontato in seguito e, come sempre accade nel momento in cui l’eroe trascende nel mito, la storia divenne immediatamente leggenda. E forse quella notte, qualche diottria fu persa nel ricordo di una fredda domenica di gennaio consumata così: in su e giù… per l’Italia.
Olbia – Siena 1 a 0: salvezza virtuale per abbonamenti virtuali. A settembre vi pago con i soldi del Monopoli. O vediamo!
Tutti uniti insieme avanzeremo.
Mirko
PS: Prima che qualcuno mi faccia notare la mia assoluta mancanza di sensibilità, rammento che in occasione di quel Treviso – Siena, il citato portiere Matteo Gianello perse il padre, stroncato da un malore proprio mentre assisteva alla partita della Robur.
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