"Bene, è andata bene".
Sì, è andata davvero bene, a mio avviso, la serata in onore di Paolo De Luca.
Prima di relazionarvi, due ringraziamenti speciali a due persone che hanno contribuito fortemente alla riuscita della stessa.
Un grazie anzitutto a Luciano Sardone, che ha con me condiviso divertimento (molto) e giramenti (molto pochi, anzi nulli) nell'organizzazione (gli incontri con il meraviglioso Don Tito rimarranno scolpiti nelle nostre menti per molto tempo) e che ha saputo condurre in modo esemplare un dibattito profondo e complesso.
E poi un clamoroso inchino a Dario De Luca, partito in giornata da Napoli e per Napoli in giornata ripartito, per presenziare a queste Leopoldelle deluchiane, stante una indisposizione last second di Selvaggia. La sensibilità delle grandi persone e la cultura delle famiglie per bene si vede da questi gesti, piccoli ma immensi. Grazie a Dario, grazie a tutta la famiglia De Luca. Famiglia di veri Signori.
Il meeting è andato, come dicevo, come doveva andare.
La scaletta della serata era stata organizzata per capire, scientificamente, cosa fosse stato Paolo De Luca per la nostra città. Con interventi che miravano alla testa ed al cuore, seguendo la metodologia che lo stesso Presidente era solito applicare con grande perizia. Sì, perché De Luca era testa (intelligenza, lungimiranza, organizzazione) e cuore (allegria, gioia, passione): e questo l'incontro doveva ricalcare.
Dicevamo dei primi due interventi "di testa", quello del prof. Bianciardi e del dott. Refini. Il primo volto a contestualizzare la figura di Paolo come Trasformatore delle dinamiche di potere locali e poi Creatore di una comunità nuova, antitetica a quella preesistente. Forse per la prima volta in modo così netto, il Presidente è stato analizzato come motore anti-Sistema (quel Sistema che poi tenderà a stritolarlo), perciò assai pericoloso per lo status quo locale. Il pericolo di De Luca fu percepito reale, per ciò che davvero era. De Luca parlava al popolo, era popolare nel senso stretto del termine, spostava consenso e lo creava laddove non c'era mai stato, faceva parlare continuamente la gente del Siena e di Siena. Forse la grandezza del Presidente fu costruire laddove niente esisteva, se non un metodo cristallizzato di finto merito e di flusso di finanziamenti verso divertimenti assai meno popolari (sempre nel senso stretto del termine). Refini ha poi quantificato in modo misurabile il termine "vincente", giustamente attribuito a De Luca. Vincente non vuol dire solo capace di raggiungere ogni anno l'obiettivo fissato (cosa che Paolo fece sistematicamente), ma di lasciare traccia del proprio passaggio, di creare qualcosa da poter lasciare in eredità a chi venisse dopo. E vincente lo si diviene essenzialmente con due condizioni applicate: la forza concreta delle idee e la prospettiva di innalzamento dell'asticella delle aspettative e delle prestazioni. Roba da veri manager, mentalità da imprenditori... per questo Siena non capì ed anzi contrastò. Non capì nella parte più popolare, via via sempre più deviata dal Sistema che stava deformando la figura di De Luca; contrastò nella parte di Potere, vista la pericolosità della figura dell'ingegnere napoletano. E poi, infine, alle buone idee seguono normalmente denari che le finanzino, che le supportino: sebbene il pericolo fosse più marginale in un sistema chiuso come quello senese, non bisognava rischiare, dato che i soldi, a Siena, andavano (e vanno) sempre ai soliti, sempre nella stessa direzione.
La relazione di Stefano Osti, a lungo dirigente dell'AC Siena deluchiano, era invece indirizzata più "al cuore" di tutti noi, fra spettacolari aneddoti di vita quotidiana e soprattutto per la testimonianza vivida del rispetto che Paolo portava a tutto lo staff bianconero, portandolo a credere che la società fosse di tutti coloro che vi lavoravano, dal collaboratore più umile agli alti dirigenti. Una grande famiglia dove si rideva molto, dove l'ingegnere, con la mente colta che solo i grandi Signori sanno gestire, si muoveva su quel filo sottilissimo e border-line che separa il Sublime ed il Grottesco, l'Eccellente ed il Pecoreccio. Insomma, anche la comunicazione colorita aveva una sua importanza: il grigio non esisteva nella Robur di quegli anni, ma c'erano tanti colori.
Ed infine i commenti di Dario De Luca, che ci ha ragguagliato su ciò che il babbo pensava di noi, su ciò che avrebbe voluto fare della Robur, su come la famiglia viveva questa avventura, su ciò che la stessa si sarebbe aspettata dalla città. Mai una parola fuori posto, mai una polemica; solo parole di ringraziamento per questa città (una parte, a dire il vero) che continua a ricordare il padre e che al padre ha dato tanto amore.
Ed infine tutti i contributi portati dalla platea, preziosissimi per andare a capire le dinamiche di potere del tempo contro le quali Paolo si scontrò, le risate fragorose degli aneddoti simpatici, l'esempio che l'ingegnere ha lasciato alla nostra città.
Insomma, De Luca, a distanza di dieci anni dalla morte, con questa serata ha trovato probabilmente una vera dimensione, quella di eroe popolare e scientificamente anti-Sistema. Il tutto è stato provato, con dovizia di particolari e con ragionamenti induttivi e deduttivi. Ciò che non si può misurare, al contrario, è l'Amore che quest'uomo ci ha donato.
Ma quello ognuno di noi lo custodisce in fondo al proprio cuore.
Paolone, (un po' di) giustizia è stata fatta.
"Mio padre ha sempre lavorato per lasciare qualcosa di concreto a chi sarebbe arrivato dopo di lui".
(Dario De Luca, Leopoldelle 26-05-2017)
Non sarà il Mangia (quello è solo per la casta o quasi), ma di sicuro è stato un modo per sottolineare e ricordare quello che ci hai lasciato !!! Grazie Paolo !
RispondiEliminaT & N
Nel corso della serata ho avuto anche modo di dirlo e lo ripeto qui: personalmente, visto a chi il Mangia è stato conferito in ambito sportivo, sono contento che a Paolone non sia stato dato. Ma è oggettivamente incredibile come il Presidente sia stato tagliato fuori da ogni tipo di idea di accostamento al premio cittadino per eccellenza. Segno che dava fastidio sia da vivo, sia da morto (altro tema affrontato durante il dibattito).
EliminaMi avete fatto veni' i lucciconi...
RispondiEliminaIl sistema ti controlla quando è in un momento di difficoltà ed è sconveniente scendere in battaglia.
RispondiEliminaAspetta il momento propizio inserendo le sue perle di veleno all'interno di una situazione di felicità (ma come si farà con le tifoserie ospiti? ma lo stadio? etc etc etc).
Quando, passata l'euforia iniziale, i servi e gli stolti (perchè i servi da soli non basterebbero) propagano il verbo del sistema allora ci si prepara ad attaccare appena arriva una minima situazione di difficoltà.
Poi, quando il sistema ha vinto e ristabilito la "normalità" ovvero la piena è ritornata nell'alveo del fiume e scorre come DEVE scorrere..........si concede qualcosa anche al vinto.
Esistono anche situazioni strane che capitano quando il sistema viene sputtanato, magari da un blogger (l'unico ESISTENTE in quel momento) e poi la storia e la verità dei fatti gli da ragione; a quael punto il sistema riesce addirittura e con grande abilità a travestirsi da antisistema.......insomma finge di combattere se stesso.......soprattutto nel campo dell'informazione.
Ben lieto che le LEOPOLDELLE siano andate nel culo ancora una volta a tutto ciò!
Gianluca
“Mio padre ha sempre lavorato per lasciare qualcosa di concreto a chi sarebbe arrivato dopo di lui”. Solo a leggero mi viene il ciccio di pollo sulle braccia.
RispondiEliminaEcco, venerdì pomeriggio mentre agonizzavo in ufficio, inchiodato alla sedia della scrivania, più volte mi sono soffermato a pensare a quali parole avrebbe utilizzato dopo tanti anni un De Luca, par parlare di Siena, del Siena, dei tifosi e di altro. Chissà se il rancore prenderà il sopravvento sulla malinconia, mi domandavo, o se il bello del tempo che fu compenserà il buio del day after. Poi questa mattina ho letto la frase sopra riportata e di fatto nella mia testa mi sono cancellati 10 anni di viva vivacchiati così, col freno a mano tirato ed il motore al minimo. Si lo ammetto (e in un paese dove nessuno ammette i propri errori è già qualcosa): io al tempo non sono stato in grado di capire l’importanza storica e l’impatto sociale che Paolo De Luca ebbe sulla vita privata e sulla storia comune di ognuno di noi. Il mio Q.I. non è poi così elevato ed il DNA dei miei cromosomi non può mentire. Io purtroppo arrivo sempre tardi e quando lo faccio sbaglio momento. C’ero col Saronno ma non quella sera a Genova. Saltai Ferrara ma feci 5 ore di auto per andare a San Donà (pensa te che stronzo!). E anche alla prima nella massima serie, ero lontanissimo da Perugia… Per questo quando un vincente irruppe nella mia vita, regalandomi ciò che sognavo a bassa voce da piccino, mi sembrò una cosa talmente più grande di me, che non fui in grado di capirla. Adesso che sono diventato grande, racconto ai miei figli del Siena in seria A e continuo a mancare gli appuntamenti, se ripenso al presidente, lo vedo come un supereroe dai poteri sovrannaturali. E si sa:i supereroi non muoiono mai.
Grazie Paolo De Luca. E grazie anche a chi non l’ha premiato, non gli intitolato uno stadio, una via o una piazza. Noi siamo nati nella parte sbagliata della storia. E li vogliamo stare!
Mirko
sbaglio o a primo gli è cresciuto il capello?
RispondiEliminaVolendo, avrei i capelli al culo. Solo per scelta li porto sfumati e corti
Elimina