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giovedì 8 dicembre 2016

L'omino dei manifesti

L’inverno è un mese duro per quelli come me, che amano il letargo e non vanno affatto d’accordo con il freddo.

Al mattino, mentre aspetto che il parabrezza dell’auto finisca di sbrinarsi, la temperatura è sempre pericolosamente troppo vicina allo 0 e alla sera la notte arriva in un baleno. Certi giorni il vento gelido delle prime ore dell’alba, passando dal colletto della camicia, s’intrufola giù per la schiena, causandomi la fastidiosa sensazione di essere punto da mille aghi ghiacciati. A nulla servono le scarpe pesanti, le calze di lana o i guanti foderati. Il freddo vince sempre e niente lo può fermare. Il cielo spesso è nuvoloso e a volte piove. La gente aspetta la neve, sognando di svegliarsi la mattina del 24 dicembre e trovare il vialetto di casa imbiancato.
A me invece la neve non piace vederla neanche in televisione. Tutto quel bianco senza profumo, mischiato al silenzio surreale che avvolge le cose, mi infastidisce. Io vivo nel rumore, nel baccano delle auto ferme in fila, nel fetore acre dei gas espulsi dai tubi di scarico, nei colori sgargianti dei cartelloni pubblicitari. Io sono “l’omino dei manifesti” e passo la vita ad incollare cartelloni colorati sui muri della città. Stacco, incollo e attacco. Di continuo, tutto il giorno. Stacco, incollo e attacco. Incurante del mondo che mi circonda. Stacco, incollo e attacco. Tengo il ritmo del lento scorrere dei giorni dividendo il tempo con le date dei concerti. Conosco il nome di quasi tutti i tour dei cantanti. Però a Siena non viene mai nessuno a suonare, chissà per quale motivo. Me lo sono chiesto tante volte, ma non ho mai trovato una risposta. D’altra parte io sono quello che attacca i manifesti. Giro per le vie della città in cerca dei miei spazi. Siena per me è come una gigantesca lavagna. All’inizio mi portavo dietro una lista con il nome delle vie, adesso le ho imparate tutte a memoria. La colla nei secchi sciaborda ad ogni curva. Anche lei non va tanto d’accordo con il freddo e se non faccio in fretta a richiudere il barattolo finisce che si secca.
Adoro il calcio e tifo per la Robur. A casa conservo tutti i manifesti delle campagne abbonamenti degli ultimi venti anni. Ultimamente tuttavia ho quasi smesso di andare allo stadio. La triste sensazione di “frustrazione e Lega Pro” che mi assale ogni qualvolta sento parlare il vicepresidente, mi rovina l’umore. E quando non sto bene, mi viene da mangiare troppo.
Stacco, incollo e attacco, per dodici mesi all’anno. Osservo il mondo che cambia intorno in me, mentre io rimango fermo. Ricordo a memoria tutte le offerte dei discount, le sagre di paese ed i banchetti di fine anno. Adoro leggere i nomi delle orchestre di liscio che al sabato sera regalano un po’ di spensieratezza nei locali della provincia. Ma le scuole di balli latinoamericani sono le mie preferite. Una vita fa con mia moglie provammo ad imparare le basi della salsa, ma i passi non tornavano mai. In tanti anni ho visto passare di tutto: elezioni, referendum, avvisi giudiziari. Un tempo mi divertivo ad osservare le facce della gente che sacrificava un secondo della propria giornata per leggere i cartelloni. Era meraviglioso riuscire a rubare un’espressione di sorpresa nel mezzo al tran tran di tutti i giorni. E io mi sentivo in parte protagonista.
Ultimamente però non si ferma più nessuno. Spesso penso di essere un uomo fortunato, perché forse sarò l’ultimo “omino dei manifesti” di questa città. L’essere umano oggi è troppo impegnata ad osservare lo schermo del telefono per alzare gli occhi e osservare il mondo che lo circonda. La gente passa le giornate a scrivere, anche se non ha più voglia di leggere. Persino parlare costa fatica e le cose non dette piano piano si accumulano nei cassetti della memoria, fino al giorno in cui – stracolmi - esplodono, con conseguenze devastanti per i rapporti personali. C’è un tempo per le parole e uno per il silenzio. Peccato che non sappiamo più distinguerli. Nei fogli che incollo, non ci sono quasi mai notizie interessanti e il mio stipendio è garantito soltanto dai “compra oro”, che pagano in contanti la disperazione delle persone. Avere è sempre più importante di essere e ostentare non fa più notizia, come la sigaretta elettronica. Anche in questo caso sono un uomo fortunato: nella mia vita non ho mai avuto niente, se non uno spazzolone di legno, un secchio di colla ed il permesso gratuito di girare con l’auto nella ztl.
A volte mi capita di appendere i manifesti elettorali, quelli con le facce falsamente pulite dei politici sporchi. Ricoprirli di colla mi infonde una sensazione di piacere. Spesso la notte sogno di poterlo fare veramente e al mattino mi sveglio appagato. Mi piace soffermarmi sui loro sguardi, carichi di amore per se stessi e disprezzo verso il prossimo. Penso spesso che non cambierà mai niente in questa città, in questa regione o in questo paese se non la smetteremo di votare gli ideali per cominciare a votare le persone. Perché un’ideale non potrà mai essere sbagliato tanto quanto un politico corrotto. E se la gente si soffermasse soltanto un secondo sulla foto dei candidati, molto probabilmente entrerebbe dentro la cabina con un’altra convinzione del futuro. Non c’è più il tempo per votare “a priori”. Questa città è l’esempio vivente (o morente) di decenni di elezioni farsa, basate sul voto scontato di cittadini piegati al volere del partito e totalmente incapaci di mettere in dubbio le qualità delle persone proposte. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Perché sono le persone che fanno la politica, i governi, le aziende e la società intera, non gli ideali. E finchè non conosceremo bene chi stiamo votando, rischieremo sempre di mettere al posto di comando dei farabutti autorizzati dal consenso popolare. Non so cosa abbiamo fatto di male per arrivare a tutto questo, ma da un paese come il nostro, nel quale il 67% degli elettori che ha adempiuto il proprio dovere andando a votare fa più notizia dell’altro 33% che ha disertato, mi aspetto di tutto. Siamo diventati talmente mediocri che qualsiasi risultato dignitoso ci pare un miracolo.
Io tuttavia sono soltanto l’omino dei manifesti e stacco, incollo e attacco tutto il giorno. Ma sono convinto che non andremo da nessuna parte se non rimettiamo presto l’uomo al centro del progetto.

Viterbese - Siena: giovedì 8 dicembre 2016. Si gioca tre partite in sette giorni per stare fermi nel mezzo alle feste. I giocatori devono riposare, chi se ne frega dei tifosi. Bello quel calcio fatto di sciarpe, dirette radio, tute acetate, fumogeni rossi e partite solo di domenica. Alle 14.30 d’inverno e alle 15.30 in primavera. Senza posticipi, anticipi e turni settimanali. Con le coppe europee sempre di mercoledì e la Nazionale ogni 4 anni. E se toccava giocare una volta di giovedì, era soltanto perchè la pioggia aveva allagato il campo e il portiere era rimasto impantanato nella segatura. E il pallone era sempre rigorosamente a scacchi, bianchi e neri. I colori più belli del mondo.


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

2 commenti:

  1. il nerone della Viterbese
    la sconfitta salutare con la Lucchese
    il silenzio stampa di bomber Trani
    la continuità nella discontinuità
    il Mattarellum



    MIGLIORE IN CAMPO PER DISTACCO: SARIC



    Strego

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