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lunedì 5 dicembre 2016

Il punto più alto

L’esistenza di ognuno è noi è costellata da momenti sereni alternati a periodi tristi.
Attimi unici in cui il tempo andrebbe fermato e la felicità proiettata all’infinito, intervallati da frammenti di mesi, durante i quali è necessario nascondersi nelle pieghe del lento trascorrere dei giorni, per non venire risucchiati dentro il tritacarne impazzito della vita. Quante volte la sera del veglione di San Silvestro ci siamo augurati che l’anno nuovo possa essere migliore di quello vecchio?
Dicembre, tempo di bilanci e di malinconiche visioni, come i babbi natale appesi alle terrazze e i cartelli colorati con la scritta “Auguri” appiccicati con lo scotch alla porta del fornaio. 
Il cielo bianco e basso di questi giorni accorcia lo sguardo e limita l’orizzonte, tingendo la terra di un grigio spettrale. Il freddo del nord mortifica la voglia di uscire di casa: alzarsi da letto al mattino è sempre più difficile. L’acqua grigia dei giorni di pioggia convoglia nei fiumi attraverso i campi lavorati di fresco, per poi proseguire la sua corsa verso la foce. Il vento fischia sulla città imbambolata e incapace di reagire alla deriva del proprio destino, incastrandosi tra i vecchi vicoli medioevali per sparpagliare il fumo bianco spruzzato contro le nuvole dai camini accesi. Dalle finestre illuminate cominciano qua e là a lampeggiare piccole lucine intermittenti aggrappate agli alberi addobbati con palle di vetro e nastri di raso. 
Pensando a Siena-Lucchese, la mente vola immediatamente ad un Natale di tanti anni fa. Correva l’inverno dell’anno 2000 e, calcisticamente parlando, quello fu uno dei momenti più sereni e felici della storia quasi centenaria dell’AC SIENA (1904 – 2014, scritto come sulle lapidi del cimitero): il nostro “punto più alto”, oltre il quale nessuno di noi pensava di arrivare. Nel mese di dicembre eravamo partiti con l’esodo di Ferrara, vera e propria pietra miliare delle trasferte di massa bianconere dei tempi moderni, e passando dalla contagiosa e dirompente ebbrezza della Verbena cantata a squarciagola da grandi e piccini (i bambini, non lo sponsor di oggi!) al termine della partita vinta contro il Pisa, ci eravamo fatti gli auguri di Natale con i due schiaffi presi di mercoledì pomeriggio a San Donà del Piave (che nel tempo diverrà San Dò in B), brutti e inaspettati come il guasto del pullman che ci costrinse ad arrivare allo stadio in ritardo e sul 2 a 0 per loro – simpatica esperienza rivissuta anche a Como qualche settimana più tardi, anche se in quell’occasione portammo via un preziosissimo 0 a 0. L’anno si stava concludendo, e con lui anche il secolo ed il millennio. Al sabato sera andavamo ancora a ballare al Tendenza, ma soltanto dopo aver fatto il pieno al Robert the Bruce. Nelle campagne occidentali, lungo la strada del mare, stava lentamente prendendo forza un locale nuovo chiamato Bombo, che nel giro di qualche mese avrebbe monopolizzato i venerdì sera della Siena bene. Ragazze da far sedere sulle mie ginocchia non ce n’erano. Come sempre, quelle per le quali batteva il mio cuore, avevano finito per scegliere un altro. Ma non c’era amarezza o solitudine in quei giorni. Il Siena era finalmente primo in classifica e nei nostri sogni, per una volta, primi lo eravamo anche noi. 
La sera dell’ultimo dell’anno le canzoni di Gianni Morandi dettero il benvenuto al “triplo zero” ma nelle nostre teste c’era posto soltanto per il Roburrone. Sei giorni dopo, proprio mentre la befana scendeva dalla torre del Mangia, un autogol contro la Reggiana a tempo praticamente scaduto ci restituì una classifica ancor più bella di quella che avevamo lasciato alla vigilia di Natale. Anche se l’Epifania si portò via tutte le feste, l’indomani andare a lavoro o tornare a scuola non fu poi così pesante, perchè la festa era dentro di noi. E lo sarebbe rimasta almeno fino a quando non avremmo potuto scrivere la parola FINE a 80 anni di serie minori, per vedere finalmente cosa c’è dopo la scritta “Tutti vissero felici e contenti” di quel sogno che inizia con “Serie” e finisce con “B”. Tuttavia prima di arrivare all’epilogo finale avevamo ancora tante battaglie da vincere, contro avversari ostinati che non ci avrebbero concesso nulla. E così la domenica successiva salimmo al Porta Elisa di Lucca e, solo per decenza e rispetto alla delicata sensibilità dei lettori e delle lettrici di Wiatutti, eviterò di riportare per iscritto le parole del coro dedicato ... Prima contro seconda: batti e ribatti anche la Rai si stava accorgendo di noi. In città la febbre dilagava come la peste nel ‘300 e i biglietti del settore ospite sparivano con la stessa velocità dei posti sui pullman. Essendo obiettore in Via del Capitano, insieme ad altri amici decidemmo di affrontare la trasferta con i ragazzi dell’Aquila, ma riuscimmo a capire l’importanza della posta in palio soltanto davanti ai cancelli dello stadio, dove centinaia di cuori bianconeri di tutte le età aspettavano impazienti di andare a fare la storia. Dall’altra parte del campo, oggi come allora - seppur a stadi invertiti - c’era la Lucchese. Quella del 2000 era una squadra quadrata (mai capito che significa!), nuovamente guidata da Corrado Orrico e sospinta da una città rimasta legata ai diversi anni passati in cadetteria e forse ancora scioccata da quella promozione nella massima serie maldestramente sfumata all’ultima giornata. La partita fu tesa e nervosa. Il bello lo lasciammo per altre circostanze. Alessandro Pagano pareggiò il vantaggio iniziale rossonero e al 90° i locali capirono che il loro campionato era finito. Da lì a poco infatti il Pisa tornò a riprendersi la seconda piazza, per non mollarla più fino alla fine. Per la prima posizione invece, non ci furono mai dubbi: con la maglia bianconera fornita dalla Virma e con la scritta Romagest sul petto, arrivammo al “punto più alto” della nostra storia in un grigio e tiepido giorno di maggio, totalmente inconsapevoli di quello che sarebbe successo negli anni a venire. Di quel giorno di gennaio di una vita fa ricordo ancora bene la meravigliosa sensazione di “giocare in casa” provata nonostante le decine di chilometri che ci separavano da Siena. Sensazione che adesso non riesco a ritrovare nemmeno fra le mura amiche del Rastrello.

Siena – Lucchese: rendiamo il lunedì un giorno migliore e prendiamoci i tre punti.


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko (1/2 uomo e 1/2 somaro)

1 commento:

  1. Un ottimo lunedi,finalmente!
    Ha vinto il Si e quelli di Rapallo per me NON ESISTONO,quindi non ha perso il Siena ma Duri(o)e duriani locali!!!
    Il prossimo aperitivo(con quel ciccione nativo di SALERNO) glielo servirà Camilli per l'Immacolata,così i POVERI nostrani risparmiano i soldi del Campari:fate festa,è da anni che non ci capite + niente e qualunque cosa fate/pensate,la padellate.

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