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domenica 11 dicembre 2016

Fantasmi e occhi azzurri

Qualche volta capita che dicembre decida improvvisamente di riconciliarsi con la vita, regalando al mondo una strepitosa giornata di sole, nella quale un cielo terso e sterminato pare pettinato dal freddo invernale sano e avvolgente, che piano piano sparisce con l’avanzare delle ore.


Partiamo di buon’ora con l’intento di raggiungere Viterbo con calma, senza assilli e senza traffico; e soprattutto senza la benché minima idea della strada da fare. Nella tabella di marcia appuntiamo ‘14.30’ quale limite orario ultimo, prima di spegnere il navigatore e lasciarci guidare dal tortuoso percorso della Cassia che si srotola verso sud. Dentro all’abitacolo cerchiamo di ammazzare il tempo parlando di tutto e un po’, mentre la musica rock di Virgin Radio aleggia in sottofondo. Il mondo fuori dai finestrini pare ancora cristallizzato dal gelo notturno, che lentamente comincia a perdere la sua guerra contro il sole. Un adulto (si fa per dire…) al comando e due ragazzini in cabina di regia: la giornata promette bene. Si gioca a “macchina gialla stop”, dove vince chi riesce a scorgere per primo le automobili di colore giallo. Pena per gli sconfitti un cazzotto nella spalla. A Buonconvento vorrei già scenderli entrambi. Anche perché ad ogni punto bisogna festeggiare con un “dab”, quel simpatico gesto in cui si stende un braccio verso l’alto, piegando l’altro verso il petto e abbassando la testa.
La Valdarbia, tozza e costipata fra due passaggi a livello, scompare rapidamente. Sul suo territorio sembra impazzi la battaglia tra la meravigliosa architettura medievale dell’uomo antico e lo squallore dell’edilizia moderna. A veder bene certi scempi in muratura mi pare molto difficile riconciliarmi con il progresso.
Al bivio di Montalcino i guai cominciano nel momento in cui decidiamo di salire verso il paese, per ricercare le radici dei pinci e capire dove e quando hanno perso la n, diventando pici... Proviamo a chiederlo ad un signore fermo sul bordo della strada, ma dalle sue parole capiamo di doverci rivolgere alla signora del bar. Rassegnati, proseguiamo dritti.
Lo spettacolo del panorama dopo Castelnuovo dell’Abate ci lascia senza fiato, mentre scendiamo verso Monte Amiata Scalo, polverosa località da film western, dove il fiume Orcia sembra il Colorado e la ferrovia punta dritta verso la libertà. Libertà che da queste parti non manca di certo. Anzi…
Riprendiamo la marcia accompagnati dal vago sospetto che forse non arriveremo mai a destinazione. All’altezza del borghetto di Poggio Rosa la radio decide di partecipare alla gita, trasmettendo Pink degli Aerosmith. Ci siamo quasi persi, ma “chissenefrega”.
Entrando nel paese di Vivo d’Orcia abbiamo l’impressione di essere tornati a casa. La sensazione iniziale è la stessa avvertita la prima volta che misi piedi all’Isola d’Elba: Roma e Montecitorio sembrano lontani anni luce da quassù. Scendendo dall’auto, il silenzio ci circonda, rendendo tutto un pochino surreale. I ragazzi sbuffano, cercando il segnale del telefono. Il paesino di pietra si sviluppa intorno ad una piazza irregolare con una fontana al centro. Un cartello sul muro reca la scritta “Piazza della fontana”. Le soluzioni semplici sono sempre le migliori. I ragazzi si sono seduti su una panchina ed io posso guardarmi intorno senza pensieri. Come fosse sbucato dal nulla, un signore robusto molto in là con gli anni mi viene incontro. Indossa una giacca pesante ed un buffo cappello di lana con una nappa blu, dal quale sfuggono due ciocche di capelli bianchi. Sopra un naso spigoloso, due chiarissimi occhi azzurri mi osservano attenti. 
"Cercate qualcuno?", chiede dandomi del voi.
"No, no. Grazie", rispondo distratto e senza stare a spiegare che una parte della mia famiglia proviene proprio da qui, cerco di mettere fine alla conversazione. 
"Siamo solo di passaggio, tra un po’ ripartiamo".
"Dove andate di bello?", chiede con la disinteressata curiosità di uno a cui non frega niente del mondo.
"A Viterbo, a vedere il Siena giocare a calcio".
Non so per quale motivo, ma parlare con lui evoca nella mente immagini della mia infanzia: Moser con la maglia dei Supermercati Brianzoli, le notti magiche di Italia 90, l’odore della pizzetta dentro lo zaino di scuola, i sandali con gli occhi. Chissà, forse conosceva mio nonno.
Mi guarda perplesso. "E a che ore giocano?", chiede, intonando le parole con la tipica calata locale.
"Alle 14.30", butto là di getto.
"Mica ce la fate", risponde palesando una decisa convinzione. Poi, puntando il suo sguardo nel mio, riprende a parlare. E diventa un monologo. "No, mi sa tanto che non ce la farete mai. Da qui ci vogliono almeno due ore. Siamo un po’ sperduti, quassù. E ci stanno lasciando sempre più soli. Pensate che in qualche anno ci hanno levato prima il distributore di benzina, poi la posta e ora ci chiudono anche il Monte dei Paschi. Lesti lesti, vogliono portarci tutti al Campo Santo. Questo è un paese piccolo, abitato per lo più da gente anziana che ha lavorato duramente per anni. Adattandosi a fare qualsiasi cosa. I giovani se ne sono andati e non torneranno mai. Le case che vedete sono tutte seconde abitazioni, eredità che i figli o i nipoti, oggi residenti a Siena, a Firenze o a Roma, hanno ricevuto alla morte dei genitori. Sono tutte vuote queste case. Qualcuno addirittura se ne ricorda soltanto quando deve pagare l’Imu, o come si chiama ora. Codesti appartamenti premono soltanto al Comune, per via delle tasse salate che ci riscuote. In questa nazione anche ereditare una casa è diventata una disgrazia. La posta ce la chiusero anni fa. E come si fa con la pensione, chiedemmo al sindaco? Fatevela accreditare in banca, ci suggerì. E ora che ci chiudono anche la banca, che famo? Vedete quali sono i danni reali dello scempio del Monte dei Paschi? Chiusi dentro a quei palazzi hanno dilapidato una fortuna, sperperando per anni tutto quello che c’era e adesso non hanno più nemmeno mille lire per noi, vecchi montagnoli testardi. Che poi questa banca", indicando con la testa in direzione della filiale, "sta bene, sapete? Dice c’abbia più di 1 milione di euro di risparmi nei libretti e che tutti gli anni chiuda in attivo. Mi dica lei: quale folle chiuderebbe un azienda in attivo? Una volta era la banca del territorio. La banca di tutti. E tale doveva restare. Ma dove l’avevano il cervello quei capoccioni? Al referendum ho votato no, sapete? Ma non perché ce l’ho con quel ragazzo di Firenze, anche se parla troppo. Ho votato no perché mi sembrava giusto farlo. E poi non voglio che aboliscano le provincie. Noi da quassù siamo lontani da tutto. Credo che almeno le provincie a far da collante tra la gente e lo stato, debbano rimanere. Poi magari uniscano pure i comuni, aboliscano queste maledette regioni e vadano tutti al diavolo. Tanto io “toscano” 'un mi sentirò mai! Noi siamo Senesi di montagna. Orgogliosi. Lo sa chi era il governatore a casa mia? Quello che portava l’"intrisa" (il pappone) alle bestie. Ora è diventato il capo della regione. Mi fanno proprio tutti schifo. Io che ho dato il sangue per questa bandiera. Però si ricordi che è sbagliato far continuare a votare noi vecchi", lo guardo dubbioso, cercando di interromperlo, ma non me ne dà modo". Non è giusto che gente come me, con un futuro limitato, decida cose che si ripercuoteranno sulla vita dei giovani. Guardi i suoi figli, laggiù, stanno cercando il segnale del telefono e non lo trovano. Nemmeno quello c’è da queste parti, e poi vogliono rilanciare il turismo. Anche i calabroni se ne sono andati. I ragazzi sono la nostra salvezza. Il futuro è loro e spetta solo a loro decidere su di esso".
Mi guarda e sorride: "Ovvia, è stato un piacere. Io vo a fare due passi. Voi rimettetevi in cammino, altrimenti a Viterbo ci arriverete per cena".
Dopo averlo salutato ritorno verso i ragazzi, che nel frattempo avevano incominciato a fissarmi.

"Babbo, con chi eri al telefono?".
"Non ero al telefono! Stavo parlando con un signore".
"Babbo, non c’era nessuno intorno a te. Parlavi da solo?".
Faccio per replicare, mi volto in cerca di una conferma. Ritorno sui miei passi, incespico. Vengo assalito dai dubbi. Una ventata calda mi prende alla schiena. Un fruscio nell’aria, sembra un sospiro lontano. Ma i fantasmi possono avere gli occhi azzurri?

Viterbese – Siena 0 – 1: contro un avversario molto limitato (ma più avanti di noi in classifica; e ciò deve farci riflettere), ci portiamo via tre punti natalizi, che qualcuno ha già definito “pesantissimi”. Beato lui. Ovvia, è il momento di dare una cazzutissima continuità alla continuità. A partire da domenica prossima. VpVp (VicepresidenteViapec), anche tu, continua così che vai benone: taci.

Ps. Rondanini, se il loro mister domenica prossima reclamasse la tua maglia, non protestare: dagliela. È sua di diritto.


Tutti insieme uniti avanzeremo


Mirko

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