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venerdì 11 novembre 2016

Torrone, Torrazzo e Tettone (Turoòn, Turàs e Tetàs)

Tra le cose che dovrò assolutamente ricordarmi di fare nel corso degli anni che ancora mi rimangono da vivere, prima che un qualcuno di onnipotente, buono e giusto decreti concluso il mio cammino sulla terra, ce ne sono alcune che – alla stregua dei peperoni - si sono riproposte varie volte durante i sogni dei miei primi 38 anni, spesi per lo più a dire sciocchezze, fare il cretino per farmi notare dalle ragazze nonostante una serie infinita di musate colossali e soprattutto tentare disperatamente di sopravvivere ad un mondo frenetico e famelico in continuo cambiamento.

Il quale, dopo averci insegnato che il postino porta la lettera e l’autista porta la vettura, s’inventava il corriere e la “lettera di vettura”, scombinando tutte le striminzite e sterili certezze accumulate con fatica nel corso di estenuanti discussioni sui massimi sistemi, inutili quanto alcoliche. Di questo francamente ne avrei tanto voluto parlare con qualche psicologo, ma la tariffa oraria iva esclusa richiestami anche dal più scalzacane (termine assai perplimente) ha sempre scoraggiato tutte le mie intenzioni, obbligandomi a vivere con una specie di vuoto al centro dello stomaco, non colmabile nemmeno con un “pane e talpa menù” del McDonald’s (che con Trump, non dovrebbe averci a che fare niente). 
Se Malika definiva con il numero 3 le cose da fare, a me ne mancano parecchie di più per potermi considerare soddisfatto e aspettare il compimento del mio destino all’ombra di un olivo, con animo sereno e cuore leggero. Sicuramente dovrò salvare sulla rubrica del cellulare il numero di una ragazza che si chiami Amanda (va bene anche se è il cognome), tornare di casa in Via Giuseppe Verdi vicino a Mario Rossi, ma soltanto per il gusto di trovarmi intrappolato dentro un fac-simile di una cartolina di qualche concorso a premi, sottoscrivere la tessera di un cinema – campa cavallo, se consideriamo che la multisala più vicina è a 50 km – decretare che 1 è il mio numero preferito mentre detesto il 4, nonostante Mignani con le sue gesta abbia provato in tutti i modi a farmi cambiare idea e soprattutto riuscire a conoscere almeno una persona residente nella città di Cremona (ma col passare degli anni mi saprò accontentare anche di qualcuno residente in provincia). 
Perché Cremona? Beh, innanzitutto perchè la locale squadra di calcio, meravigliosamente vestita di grigio e rosso a strisce verticali - esattamente come quelli dell’Alberone, che a cavallo fra i due millenni calcavano i campi a sette della città (non ho mai capito se sono stati quest’ultimi a copiare le magliette alla Cremonese, oppure il contrario….) - domenica prossima affronterà la Robur, in quella che in molti hanno già definito “la sfida dei dolcetti di Natale” ovvero Torrone contro Panforte. Ma anche perché, se vado indietro con la memoria, credo di non aver mai visto una macchina con la sigla CR sulla targa. E allora, con questi presupposti, come mai avverto l’irrefrenabile necessità di placare la mia sete di conoscenza abbeverandomi alla fonte della città lombarda (c’ho preso questa volta vero?)? Forse per la bizzarria della sua area metropolitana che conta 42 comuni, due dei quali in provincia di Piacenza…. Ecco, questa spero proprio sia una cazzata scritta su Wikipedia da qualche buontempone nostalgico dei tempi in cui Gianluca Vialli vestiva la casacca grigio rossa, perché altrimenti non mi spiego proprio come sia possibile che un comune di qua, stia in realtà di là. Ma poi, l’area metropolitana che è? 
O forse per la meravigliosa macchina da goal della Cremonese del presidente Domenico Luzzara di inizio anni '90, quella per intenderci dei Gualco, dei Giandebiaggi, dei Maspero e dei Gustavo Dezotti (si pronuncerà con la s al posto della z, come Sanetti dell’Inter?), che insegnarono a tutto il mondo un modo nuovo di fare calcio, arrivando a vincere addirittura il torneo AngloItaliano (mi coglioni, o che è?). Sì, sono convinto che tra le squadre capaci di rivoluzionare il gioco più famoso del mondo, dopo l’Ajax di Cruiff, il Milan di Sacchi ed il Barcellona di Guardiola, ci sia la proprio la Cremonese di Simoni (Gigi, proprio lui. Quello amico di Graffiedi). 
Ma la cosa che veramente mi attira di questa città sono la sua storia e la sua tradizione. No, non sono ubriaco e adesso ve lo dimostrerò. Si dice infatti che la città padana famosa in tutta la repubblica italiana per aver dato i natali a Ugo Tognazzi e aver fatto diventare Mina la tigre che tutti conosciamo (ma poi, se è nata a Busto Arsizio, che c’entra Cremona? Boh…) sia stata fondata da un tizio scappato da troia. Ora, io di gente strana a questo mondo ne ho vista tanta e non dovrei meravigliarmi più di niente, ma se andare a troia, inteso nel senso di “moto a vacca”, pur ledendo la legge, Equitalia ed il fisco, può risultare dispendioso ma piacevole, scappare da essa che senso ha? Tuttavia, se anziché una donna fosse stato un travello con la sorpresa penzolante fra le gambe, magari tutti i torti il nostro signor Brimonio (si chiamava così) non li avrebbe avuti per darsela a gambe e scappare a nascondersi a poca distanza dal Po.
Sarà per questo che forse Cremona è ancora detta la città delle tre T? No, scacciate immediatamente l’idea che vi sta accarezzando il cervello: Troia a questo giro non c’entra nulla. Le tre T significano: torrone (del quale abbiamo già parlato poc’anzi), Torrazzo (che dovrebbe essere il meraviglioso campanile, simbolo della città) e tettone! Si, stavolta avete pensato giusto: proprio quelle cose che le donne portano all’altezza del cuore e che attraggono le nostre mani come un magnete. Ricordate quel vecchio spot che recitava “il posto più morbido dove mettere il naso”? Esatto, lì! Il motivo francamente non lo so, ma se in futuro riuscissi a conoscere una ragazza cremonese, magari di nome Amanda, residente al numero 1 di Via Verdi, in quel palazzo di 4 piani che fa angolo col cinema del Cavalier Rossi, forse glielo domanderò.
Cremona e le tre T: gusto, vista e tatto. Tutto il resto non serve. E quindi W il torrone, W il Torrazzo e soprattutto W le tette e che Dio le benedica sempre, nei secoli dei secoli!

Cremonese – Siena: saremo quelli visti con Livorno e Carrarese, o quelli (non) visti contro l’Alessandria? Entreremo in campo per provare a giocarci le nostre carte o assisteremo inermi agli assalti dell’avversario, come nei primi 25 minuti della partita contro il Piacenza (che dista da Cremona 30 km scarsi)? Riusciremo a trovare le risposte a tutte queste domande e vivere un pomeriggio da protagonisti contro una delle squadre più forti del campionato? Non lo sapremo prima di domenica. A me garberebbe tanto vincere: soprattutto per fare uno dispetto a quella simpatia del loro allenatore.


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

2 commenti:

  1. perchè mai detestare un numero?

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  2. Boh, forse non c'è un vero perchè. O forse c'è ed è dovuto a qualcosa che ti è successo in passato e che adesso ti costringe a conviverci. Oppure c'è ma non lo sai e quindi lo detesti inconsapelvomente come fai con colore (il viola per esempio, ma ne avrei anche altri), un profumo o un modo di dire...
    Sto scherzando naturalmente, anche perchè la tua ottima domanda mi ha innescato una bizzarra idea (capirai che notizia!).
    Mirko

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