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mercoledì 30 novembre 2016

Spritz, pareggi e schedine del Totip

Se c'è un posto sulla terra che più di altri ha visto crescere e diventare grandi centinaia di ragazzi, plasmando loro la personalità, limando gli spigoli caratteriali e riempiendo i buchi che ci da sempre si portavano dentro, quello è il bar.
Locale assai diverso dai moderni caffè di oggi, asettici e impersonali esercizi commerciali fatti di baristi ai quali dare del "Lei", video poker e regole Haccp da rispettare. Del bar della mia adolescenza ricordo tre cose: i muri gialli color nicotina, l’odore acre del tabacco mischiato al caffè, che ti faceva puzzare di “vecchio” da chilometri di distanza e il "90° Minuto" alle 18.10 della domenica pomeriggio, aspettato per conoscere i risultati del campionato nazionale di C1 girone A e scoprire se il Siena era ancora nella colonna di destra della classifica, oppure avesse fatto il grande salto, passando in quella di sinistra.
Destra e sinistra, come le fazioni che si contendevano la leadership politica del locale, con gli esponenti dei due schieramenti (spesso nostalgici contro compagni) seduti ai lati di un tavolo quadrato col piano di moquette e le gambe seminascoste da una montagna di semi di zucca e gusci di noccioline, intenti a litigare in appassionate dispute, mentre i fiancheggiatori disposti a circolo annuivano, battevano le mani o scuotevano la testa a seconda della verità affermata o dell’accusa lanciata ed il barista/titolare a fare da paciere. Diciamo che avevano inventato il faccia a faccia politico quindici anni prima di Mentana. Era bella la vita del bar, passata tra portaceneri pieni, gottini di vino bianco col Campari (che anni dopo si sarebbe chiamato Spritz e avrebbe cambiato per sempre le abitudini alimentari di un paio di continenti – e non sto esagerando) e schedine del Totip: quelle scritte di verde su sfondo giallo, legate ad un qualcosa di ippico, che un anno divennero famose perché attraverso la loro compilazione era possibile votare i cantanti di San Remo.
Sì perché il bar, alla stregua di una piccola corte dei miracoli, era veramente un’Arcadia nella quale poter parlare liberamente di tutto: a suffragio della musica c’era un jukebox vecchio stravecchio (come il distillato dei Fratelli Branca bevuto dagli omini dopo cena) ma ancora funzionante, bastavano 200 lire per quattro minuti di passione. L’approfondimento delle tematiche culturali era garantito dalle parole crociate pubblicate nell’ultima pagina de “La Nazione”, mentre la geometria veniva quotidianamente ripassata dalle interminabili partite a boccette nel retro della bottega.
Ma la cosa più bella era il calcio. Sport in grado - assieme alla f… ehm... donna - di condizionare, nel bene o nel male, la vita di moltissimi di noi. Durante le furiosi discussioni “a bar chiuso” - quelle cioè intavolate a notte fonda, quando si diceva: “Fumo l’ultimo cicchino e poi vo!” per poi finire il pacchetto e rincasare con il sole giù alto - il calcio era sempre presente, come l’ombra della torre sulla piazza nelle giornate di sole. E il calcio spesso si mischiava con l’argomento ragazze; e qui la faccenda si faceva subito bollente.
Uscire con una di loro equivaleva ad una finale di Coppa dei Campioni: c’erano quelli che le finali le vincevano e quelli che non le giocavano nemmeno, personalmente io ero fra quest’ultimi. Pagante ma non spettatore, perché a 17 anni manco a reggere il moccolo ero buono. In cima alla lista dei sogni erotici c’era una che faceva il Bandini (chissà perché, quelle bone facevano tutte il Bandini). "Mi guarda dentro", diceva un mio amico. "No, non ti guarda' dentro", rispondevamo noi, "Ti guarda oltre, perché per lei sei trasparente". E giù risate a crepapelle, mentre il più scafato finiva il giochino di Super Mario senza reinserire nemmeno una moneta. La ragazza in questione era talmente bella che nel giro di qualche tempo divenne un qualcosa di sospeso fra sogno e novella: diciamo che era la nostra – personalissima – “Regina del Celebrità”. Ma con lei fu sempre uno 0 a 4 in casa. Con le altre invece, quelle un po’ più umane e forse anche più bruttine, le cose andarono diversamente. Innanzitutto qualcuna di loro accettò di uscire con qualcuno di noi. E giù suoni di chiarine manco fosse il giorno dell’estrazione. Si sceglieva un campo neutro perché il Tendenza brulicava di spie e poi… E poi boh. A volte capivamo che era come fare goal a porta vuota, perchè la fanciulla di turno era una specie di figura mitologica metà donna e metà suina, altre invece non c’era verso di battere chiodo. Con le prima non c’è mai stato gusto: fare goal con una che va con tutti non ha mai saputo di niente. Come dice la canzone: “Avere un cuore in due non è facile”; figuriamoci averlo in dieci. Conquistare quella inconquistabile invece infondeva sottopelle quel leggero tremolio da sfida che rendeva migliori le nostre giornate.
Naturalmente niente di tutto ciò aveva a che fare con l’amore. Ma in fondo si sa: l’amore non esiste. Solo il calcio è reale. Perché il calcio? Perché al ritorno di un appuntamento, la qualità dell’esperienza appena vissuta spesso veniva definita con gli stessi termini della Domenica Sportiva: se lei aveva deciso di uscire con noi, era già una mezza vittoria, quindi la sconfitta non poteva essere contemplata. Se durante le ore trascorse assieme, era andato male e non c’avevamo nemmeno provato, era uno scialbo 0 a 0 con reti inviolate e inviolabili (esattamente come la moralità di certe ragazze…). Se invece finiva 1 a 1 occorreva distinguere bene i casi in cui eravamo stati noi a passare in vantaggio – perché significava che c’eravamo andati vicini vicini e lei si era difesa con fatica, pareggiando all’ultimo secondo, ma che non avrebbe resistito un’altra volta – da quelli in cui, al contrario, lei non aveva rischiato niente, dominando la disputa e appalesando la nostra impotenza (intellettuale, ma solo perché ancora non avevamo conosciuto quella sessuale), e noi eravamo riusciti a mala pena a salvare la faccia, con un mezzo rimpallo ad un quarto d’ora alla fine, arrivando al massimo a strappare un numero di telefono e una promessa di “arrivederci”. Spesso entrambi falsi, come la nostra fama di Don Giovanni.

Renate (nemmeno Word la conosce!) – Robur Siena 1 a 1: loro giocano, corrono, costruiscono e noi arranchiamo strenfiando come Cipollini sul Mortirolo, strappando un pareggino modesto e forse immeritato, necessario per salvare un pezzo di capra e un paio di cavoli e tornare a casa con un senso di impotenza dilagante, proprio come quelle sere passate in auto a parlare con la citta dei nostri sogni, durante le quali ci mancavano le parole ed il silenzio calava dentro l’abitacolo. Parole che poi, magicamente, saltavano fuori non appena lei chiudeva la portiera. Parole che non mancano mai nè al nostro Mister(ioso), nè al giovane “C.e.o via pec”. E bla bla bla…


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

16 commenti:

  1. 'metà donna,metà suina' ,quanta poesia da un 'metà uomo, metà somaro'. Altro che campionato..nemmeno la convocazione.

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    1. Somaro mi piace un casino. Anche mulo non è male, ma vorrà dire sarà per la prossima volta (non te lo dimenticare ti prego). E' nella metà uomo che proprio non riesco a vedermici.
      Ps. mi offendi a caso o mi conosci?
      Mirko

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  2. L'offesa sarebbe? Metà uomo? Dai poteva andarti peggio. (ironia?)
    Ps: se ti conoscessi ti offenderei a ragione? O potrei ancora andare a caso?
    E poi...cosa significa conoscersi? Conosco il tuo nome e i tuoi pensieri un paio di volte a settimana da un paio di anni,questo è molto più di quanto ci si conosca spesso frequentandosi. Troppa filosofia per un giovedì sera.

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    1. E va be, nel giorno di quiete del Santo Patrono un momento di pace per un po' di filosofia si può anche trovare...
      Prima o poi oi incontreremo dai, almeno dopo mi 'offenderai a ragione, senza andare a caso'. O forse ci sfioriamo tutti i giorni - o tutte le domeniche con cadenza quindicinale - senza saperlo.
      Mirko (1/2 e 1/2)

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  3. Ora al posto del bar c'è facebook e invece di 90° minuto SKY, così le teste sono sempre meno pensanti.

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    1. Ovvia..bar e 90° minuto sono ancora lì,magari non son più di 'tendenza' ma siamo noi a scegliere. Facebook oltretutto per lo sfottò calcistico non è nemmeno appagante.

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  4. Non hai fatto caso al 'SE'. Così come ti sei soffermato talmente tanto sulla millantata offesa da non fare più caso al succo del commento. Come vedi,ti ho appena dimostrato che io non vado mai a caso, a differenza di qualcun'altro,almeno in quanto a percentuali.
    Nina

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    1. mi INSERIREI volentieri:in una giochessa a 3!

      El Cinico(popPorno).

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    2. Guardate, c'avrei scommesso l'occhi che andava a fini' così...

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    3. A me El Cinico sta simpatico, anche se guarda quei film un po'porno.
      Nina

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    4. Guarda che la millantata offesa, come la chiami tu, a me è piaciuta e continua a piacermi. Tant'è che la inserirò nella mia firma. In verità volevo soltanto capire se il "vezzeggiativo"'somaro' provenisse da una persona che conoscevo realmente o meno. Anche le mia domanda era ironica e assolutamente non polemica. Mi fa molto piacere tu non vada mai a caso Nina, io ivece sono 38 anni che lo faccio...
      Mirko (con le percentuali di cui sopra)

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    5. Oh tu sei davvero duro come un mulo!(visto che ti piaceva,uso anche questa)
      Invece di chiederti da chi provenga l'appellativo chiediti perchè ti sia stato appioppato. Tanta supponenza nel giudicare le famose 'mezze donne e mezze suine' in te,stona. Ti svelo un segreto,quelle che ci mettono troppo a dartela usando la sessualità come un ricatto per ottenere attenzioni,SPESSO poi hanno anche poco da offrire oltre al loro 'frutto proibito'(sopravvalutato). E se tutto ciò ha sempre avuto poco a che fare con l'amore (che non esiste) è pur vero che se interessa solo quanto sia complesso tirare in porta ,ci si scorderà di tirarci decentemente. Ciao mezzo e mezzo
      Nina

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    6. Ma che si e no. Io domenica prossima voto ma El Cinico!
      Mirko

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    7. 'quelle che ci mettono troppo a dartela usando la sessualità come un ricatto per ottenere attenzioni,SPESSO poi hanno anche poco da offrire oltre al loro 'frutto proibito'(sopravvalutato)' Questa mi sa proprio di cazzata! E poi laddove scrivi della supponenza e chiudi con 'in te, stona' mi torna poco. Come fai a saperlo che in me stona? Non mi dirai che l'hai capito leggendo i pezzi che ho scritto. Oh, io sto scherzando; non mi prendere sul serio! Travarne una che me la da subito: magari. Va be dai Nina chiudiamola qui, tanto entrambi vogliamo l'ultima parola e di questo passo il titolare del blog ci caccia!
      Buon fine settimana e forza Robur!
      Mirko

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  5. ma come magari? Ma non dicevi che non ha mai dato gusto? Fai pace col cervello e parla di cose che conosci la prossima volta dai. Oh,scherzo anch'io,tranquillo. ;)

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    1. Ma nooooo, quando lo dicevo avevo 17 anni, mica 38 come adesso! Invecchiando si cambia. In pace col cervello però solo dopo i 45...
      Comunque disquisire con te è quasi meglio che vedere giocare la Robur...
      Mirko.

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