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martedì 11 ottobre 2016

Su Scalfari

Come spesso capita, il pensatore Folagra interviene a commentare una - chiedo scusa per l'aggettivazione - illuminante intervista rilasciata al rettiliano Scalfari qualche giorno fa, nella quale si getta in faccia al popolo (supposto) imbelle la realtà ideologica di questa purulenta élite di inizio millennio.
Leggete e diffondete, per favore.
Dovremmo essere grati a Eugenio Scalfari per il suo articolo sul confronto Renzi-Zagrebelski apparso su Repubblica di domenica scorsa. L’anziano giornalista, infatti, senza ricorrere a finzioni o ad ipocriti giri di parole – in virtù, forse, di quella schiettezza e di quella totale libertà che è concessa appunto agli anziani – ci ha spiegato, con grande chiarezza, quale sarà la vera posta in gioco del confronto/scontro politico che già ci riguarda e che è destinato a caratterizzare i prossimi decenni. E ce lo ha spiegato, assumendo uno smaccato e protervo atteggiamento di parte, senza filtri o atteggiamenti diplomatici, e in un modo tale che solo gli ipocriti o gli sprovveduti irrimediabili potranno continuare a nutrire qualche speranza sul carattere emancipativo e realmente democratico del PD.
Il confronto metterà di fronte da una parte i sostenitori degli steccati insormontabili tra governanti e governati, i cultori interessati delle élite, i nemici della redistribuzione della partecipazione pubblica alla politica, tra cui evidentemente si schiera anche l’anziano giornalista e l’attuale classe dirigente del PD (eccetto quella sinistra del partito che si ostina a non capire, ci dice), e dall’altra coloro che invece combatteranno per accorciare le distanze e creare dei ponti, delle zone di scambio, tra “élite” e popolazione, con lo scopo di superare progressivamente un modo ormai insostenibile, anacronistico –ma anche antieconomico - di concepire i governi democratici. Qualcosa di nuovo e di epocale, questo scontro, che purtroppo sfugge a molta gente, a molti osservatori ancora sigillati entro schemi interpretativi senili ed inadeguati, incapaci di cogliere le dinamiche delle trasformazioni in atto.
Se non c’è una Bastiglia da prendere o un Palazzo d’Inverno da espugnare, dice acutamente Slavoj Zizek, per molti non succede nulla, non si dà rivolgimento. Non è così. In realtà, da molti anni, è già in atto un clamoroso rivolgimento politico e sociale, nella forma di una pressante richiesta di diritti, di emancipazione e di partecipazione, di una redistribuzione di competenze umane e culturali sempre più diffusa, orizzontale e pervasiva, che preme sotto le stratificazioni repressive o falsamente tolleranti innalzate ed ispessite dai poteri costituiti, dalle oligarchie appunto, per usare il termine che - in fondo - molto onestamente Scalfari utilizza nel suo articolo, sgombrandoci il campo da eventuali fraintendimenti. Un rivolgimento nel quale siamo totalmente immersi ma che possiamo cogliere solo aguzzando lo sguardo o cambiando i nostri occhiali proprio per il fatto che non si esprime, o perlomeno non lo fa sempre, in forme conclamate.  
Qualcosa di nuovo e di epocale, è bene chiarirlo, non tanto per i suoi contenuti. In fondo, persino il dibattito settecentesco ed ottocentesco sulla democrazia verteva sull’opposizione tra i sostenitori di una politica interamente gestita dalle élite e chi voleva invece favorire un ampliamento della partecipazione politica alle classi più popolari; già negli anni Trenta del XIX secolo, per fare il primo esempio che viene in mente, De Tocqueville metteva in guardia, nel suo La Democrazia in America, sul grave rischio rappresentato dall’eccesso di potere assegnato alle classi dirigenti dei partiti, intesi come centri di mediazione tra popolo e stato, che avrebbe indotto fatalmente nelle masse deresponsabilizzazione ed indifferenza nei confronti della politica.
E’ nuova e colma di possibili conseguenze, invece, la forma che questa vecchia opposizione è destinata ad assumere nelle società del nostro tempo. E’ cambiato, infatti, in modo irreversibile - sul piano antropologico, sociale e culturale - uno dei protagonisti del confronto, ossia la popolazione o, per meglio dire, la categoria dei governati. A dispetto di ogni sforzo di neutralizzazione della portata effettiva di questo cambiamento operata dall’ideologia egemone e dai suoi strumenti mediatici (in questa direzione, una delle tante a dire il vero, la Destra e la Sinistra politica e culturale vanno a braccetto e l’articolo di Scalfari ne è un’esemplificazione perspicua …), è immenso il potenziale emancipativo che masse di individui svincolati da appartenenze e fedi, sufficientemente formate e consapevoli da non conferire più mandati in modo passivo, stanno riversando sulla scena sociale. Ogni campo, da quello della politica a quello culturale, da quello bancario a quello sociale, è investito da una crisi di rappresentanza e da una sottrazione di mandato da cui sarà impossibile tornare indietro.
E’ esattamente di questo potenziale emancipativo per la democrazia che, almeno ufficialmente, le élite si ostinano a non prendere atto. Non ne vogliono parlare, anzi desiderano censurarlo; e se ne parlano, lo irridono, lo convertono in modo interessato nel suo opposto, rappresentandolo come deriva populista, indifferenziazione selvaggia, trionfo dell’anomia. Esistono, è bene chiarirlo, anche prodotti negativi della crisi di rappresentanza e della sottrazione del mandato, ci mancherebbe: sacche beote o, peggio, distruttive e delinquenziali come quelle neonazionaliste o xenofobe. Ma queste non rappresentano la totalità, come si vorrebbe far credere.
E si vorrebbe farlo credere perché ridurre in modo forzato ad una metonimia degradata e pericolosa il numero sempre più alto di chi non accetta oltre di delegare ad altri il compito di farsi rappresentare, di chi ha preso atto che la democrazia rappresentativa amministrata dalle classi dirigenti dei partiti è inefficiente ed antieconomica per la stragrande maggioranza dei governati, giustifica appunto un rafforzamento delle oligarchie, l’idea che siano storicamente necessarie, anzi che costituiscano se non l’unica forma, almeno un decisivo puntello per la democrazia. Giustifica la richiesta di leader forti e rappresentativi, circondati da altri “cavalli di razza”, come li chiama Scalfari.  
Ed infatti quale presenza di popolo, di base, risulterebbe gradita a Scalfari? Probabilmente quella che evoca nel suo articolo. In primo luogo una presenza sostanzialmente indiretta, fantasmatica, di puro contorno; in secondo luogo, non certo una presenza mediamente emancipata e consapevole, piuttosto una di stampo ottocentesco o primo novecentesco, connotata nei termini dell’irragionevolezza e della passività (e meno male che Repubblica è la testata giornalistica più vicina ad un tipo di partito che dovrebbe essere progressista…). Quel tipo di popolo che in fondo temevano e che desideravano escludere gli antidemocratici federalisti americani all’inizio della storia degli Stati Uniti, i liberali conservatori anglosassoni o francesi o, dalle nostre parti, i neoguelfi o i liberali moderati nell’età risorgimentale. O, addirittura, quel popolo di cui parla Machiavelli nel capitolo nono del Principe, contrapposto ai grandi ma in fondo meno pericoloso di loro, poiché mentre la vocazione dei secondi è quella di opprimere, la vocazione naturale del primo è quella invece di essere sempre e comunque oppresso, di stare in silenzio e dire sì. Non è forse tale “quel ceto medio o i coltivatori diretti che davano il voto alla DC - ricordati con un pizzico di nostalgia conservatrice da Scalfari - perché frequentavano quasi tutti le chiese, gli oratori, le parrocchie”, ove evidentemente si prestava un’opera di convincimento che non trovava resistenza? Oppure quei braccianti che “votavano in massa per il Partito Comunista, ma non facevano certo parte della classe dirigente”?
Insomma, com’erano belle e forti le Due Chiese che si disputavano l’Italia, che esempio da seguire che era la cosiddetta Prima Repubblica (del resto, la rivalutazione della Prima Repubblica in funzione antiberlusconiana è stato uno dei cavalli di battaglia più inquietanti del giornale di Scalfari tra anni Novanta e primo decennio del nuovo millenio…), com’era “moderna ed emancipata” la nostra società quando le basi popolari stavano al loro posto e votavano compatte le decisioni prese dall’oligarchia, con il famoso slogan “ha da venì Baffone”…  
Possibile che Scalfari non sia minimamente sfiorato dal sospetto che qualcosa possa essere cambiato negli ultimi settant’anni, tanto da chiedere a Renzi di diventare più oligarchico? Che pensi davvero che quella sua idea così anacronistica di popolo o di base da guidare sia ancora realistica? E su quale base potrebbero sul serio contare Renzi e la sua oligarchia potenziata?
E’ chiaro che ci troviamo di fronte ad una rappresentazione chiaramente parziale e interessata, ad un punto di vista particolare ma goffamente spacciato come dato oggettivo, certificato e confermato persino da corsi e ricorsi storici, da un sempre-uguale che non si può scalfire o trasformare, in una continuità forzata che dalla Democrazia Ateniese conduce alla Prima Repubblica Italiana, passando persino per la Repubblica di San Marco (sic…). Una rappresentazione che ignora in modo interessato differenze e contraddizioni e non vuole affatto chiarire le idee, ma è completamente al servizio di una strategia di gestione elitaria ed esclusiva della democrazia a cui anche le élite progressiste rimangono disperatamente attaccate.


Folagra

1 commento:

  1. IN SINTESI:
    si rimpiange il tempo in cui le oligarchie di classe “illuminate” e gli intellettuali “illuminati” decidevano le sorti del mondo.
    si rimpiange il tempo in cui il popolo si INCHINAVA a coloro che riteneva più colti e sapienti e dunque gli UNICI a sapere e potere davvero governare i popoli.
    Si rimpiange il tempo in cui i ricchi e paternalistici intellettuali conducevano il popolo ignorante verso il giusto governo (ma da popolo GOVERNATO e mai GOVERNANTE).
    Si rimpiange il tempo in cui il popolo dava per scontato che poteva essere solo GOVERNATO da persone considerate più colte e più intelligenti.
    Si rimpiange il tempo in cui il popolo, amato e compatito dalle oligarchie come può fare un padre verso un figlio un po’ scemo e ottuso, era GRATO a chi riteneva saperlo governare saggiamente e, quello stesso popolo, non immaginava neppure di poter prendere il posto di quelle persone che, diceva il popolo con ammirazione: “sai, lui ha studiato, è tanto intelligente… cosa ne vuoi sapere tu”.

    Dunque, il popolo va portato sempre più verso l’ignoranza (è di pochi giorni fa una circolare ministeriale che vieta di bocciare i ragazzi fino alla terza Media) e va acclamato e reso inevitabile il fatto che solo pochi eletti potranno scegliere CHI è in grado di GOVERNARE il Popolo Bue (e reso sempre più bue).

    Io negli anni ’70 leggevo meravigliosi romanzi di fanta-politica e vedevo futuri pieni di tecnologia, popolazioni alleviate dall’impegno del lavoro forzoso, società sempre più colte, dedite alla ricerca scientifica, alla meditazione, al gioco, alla bellezza del mondo… ovvero popoli LIBERATI dal fardello di sopravvivere e spinti sempre più verso l’elevazione intellettuale e la consapevolezza del pensiero alto e profondo.

    In effetti tali romanzi venivano sprezzantemente definiti “fantascienza” ed ora ne capisco la ragione, se presi troppo sul serio potevano addirittura portare all’ideologia dell’evoluzione umana ed alla coscienza del possibile.
    Già, il possibile… dato che oggi, nel 2016, molte cose previste da quei romanzi sarebbero possibili e dunque, mi chiedo… come mai rimane solo “fantascienza”?

    Meglio, molto meglio il ritorno ad un paternalistico e “amorevole” Feudalesimo.

    Però… però mi chiedo: Qui prodest tutti stì straccioni ignoranti e asserviti? Perché i Popoli Colti e Consapevoli fanno tanta paura?
    A CHI serve un mondo che invece di ELEVARSI torna indietro fino al pre-illuminismo?

    PS. La notazione sulla circolare ministeriale non è messa lì a caso. Pensate alle conseguenze:
    - la qualità della scuola pubblica si abbasserà mostruosamente
    - chi potrà permettersi solo la scuola pubblica non avrà appreso né la competizione né avrà una preparazione adeguata
    - chi vorrà una SOLIDA e SERIA preparazione dovrà rivolgersi alle SCUOLE PRIVATE
    MORALE: CHI potrà permettersi le SCUOLE PRIVATE? Solo i figli dei ricchi oligarchi e… VUALA’! le jeux sont fait!!!

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