Se andiamo a chiedere ad un ragazzo dei Boys quale trilogia preferisce tra "Ritorno al futuro" e "Il signore degli anelli", la risposta sarà scontata. Ma se proviamo a domandarlo ad uno che boy lo è stato qualche lustro fa (e domenica a Colle eravamo in diversi), molto probabilmente il sondaggio avrà un esito differente.
Vero è che negli anni '90 Frodo e Bilbo erano imprigionati in un tomo da oltre 1000 pagine che non attirava certo l' attenzione dei ragazzi; tuttavia tra una macchina del tempo e un anello che rende invisibili, non ci sarebbe stata proprio partita. Anche perché una volta indossato l'anello quasi certamente non avremo saputo come utilizzare quell'inutile potere, mentre a bordo di una Delorian lanciata a tutta velocità per viale Toselli, la vita avrebbe preso un significato differente...
Io personalmente l’avrei utilizzata più per cambiare il passato che per curiosare nel futuro. Anche perché cambiando il primo sarebbe stato certamente possibile migliorare il secondo.
Sicuramente sarei tornato alle “scalette del McDonald” ad aspettare quella che doveva essere la mia fidanzata - ma che in realtà non si presentò mai all'appuntamento - per capire se avesse soltanto sbagliato ora - come ho provato a convincermi per anni - o se fosse veramente stronza come dicevano i miei amici. Fugato questo dubbio, proverei a riscrivere parte della nostra storia, per farla andare come era giusto andasse e non farla finire in tanti pezzettini piccoli piccoli.
Cosa c'entra tutto questo con San Donato - Robur di domenica 29 marzo 2015, altresì detta Domenica delle Palme? C'entra, c’entra, eccome se c'entra... C'entra perché, se potessimo cambiare il passato, non saremo stati costretti a tornare a Colle. C'entra perché, cambiando il continuum spazio-temporale, avremo potuto impedire a qualcuno di venire a Siena, a qualcun altro di andarsene (pochi in verità) e avremo persino trovato il tempo di dire ciao ad un amico che non c'è più. C’entra perché viviamo in un mondo pieno di contraddizioni e manco ce ne rendiamo conto. Con una macchina del tempo potremmo farci da una parte e cambiare il corso degli ultimi anni: niente fallimento, niente retrocessione, niente Mezzaroma, niente San Donato e soprattutto niente contraddizioni.
Abbiamo detto che si giocava nella Domenica delle Palme, ma se ci fossimo recati in chiesa anzichè allo stadio, avremmo ricevuto un rametto d'olivo... E allora potevate chiamarla Domenica dell'Olivo, noo? No, per par condicio non potevano, perché siamo già in campagna elettorale. Un'altra volta? Ma quante volte votiamo in questo paese? Qui va a finire che quelli che stanno al seggio (sempre i soliti, W l'Italia) di questo passo ci si comprano un appartamentino in centro con i soldi del gettone.
Per cosa voteremo poi, non lo sappiamo ancora: lo scopriremo solo in cabina elettorale, quando aprendo la scheda troveremo l’elenco dei candidati. In Italia il capo del Comune si chiama “sindaco”, quello della Provincia “presidente” e quello della Regione “governatore”. La mia gatta sostiene per quest'ultima carica può concorrere solo chi si occupa di riempirle la ciotola di croccantini e pulirle la lettiera. Per il Senato votiamo un "senatore", mentre per la Camera scegliamo un camer... no, un "deputato"! Deputato? E a fare che cosa? Vedete che siamo pieni di contraddizioni?
E il colore della pelle poi, non ci crea anch’esso un monte di casini? Noi dovremo essere i bianchi, ma in realtà siamo rosa, i neri non sono neri ma bensì marroni (più o meno scuri)... e i gialli e i pellerossa? Boh, a me Cinesi e Giapponesi non mi sono mai sembrati itterati e l'unica pelle rossa che ho visto è quel lembo della mia testa occupata abusivamente dalla pelata, cotta dal sole manaro che picchiava a Colle durante la partita, perchè domenica sembrava Ferragosto nonostante fosse appena iniziata la primavera.
Venendo finalmente al dunque, dopo averla presa larga come Dovizioso alla curva dell’Arrabbiata, ecco infine un bel match contraddittorio. Innanzitutto eravamo in trasferta, ma avevamo riempito tutto lo stadio e anche sul minareto della moschea la bandiera con la mezzaluna era stata fraudolentemente accantonata per lasciare il posto alla Balzana bicolore.
Siamo entrati in campo per spaccare il mondo e dopo tre (3) minuti abbiamo preso un goal orribile, fornendo due ore di materiale per la prossima puntata di "Bestemmie in tutte le lingue del mondo". Prima dell'intervallo riusciamo a pareggiare con uno dei goal più brutti della storia dell’umanità e arriviamo al 45° dopo aver sbagliato almeno tre volte il goal del vantaggio. Ce la siamo cantata e suonata da soli, perché dell’avversario non abbiamo visto neanche l’ombra, anche se qualche polpaccio bianconero potrebbe pensarla diversamente. Dopo una lunghissima pausa, amplificata dalla calura sahariana che ci ha obbligato a sperare in una nuvoletta (certo che non siamo mai contenti), rientriamo in campo determinati e dopo esserci scrollati di dosso il torpore della pennichella dell’intervallo, riusciamo a dilagare, raddoppiando, triplicando e quadruplicando esattamente in quest’ordine.
In mezzo ai goal abbiamo anche il tempo per un paio di scapaccioni volati in tribuna coperta, per cantare tanti auguri al gesticolante dirigente locale che dalla panchina arringava la folla e mandare bacetti affettuosi all’arbitro, che anche oggi si è dimostrato in assoluto il peggiore in campo, riuscendo quasi nell’impresa di farsi scappare di mano una partita tutto sommato normale, dove le differenze tra una squadra che gioca al calcio e una che il calcio lo assimila al mattino bevendo il latte di mucca (quello della Lola), erano palesi ed evidenti.
Alla fine, dopo aver ricevuto il saluto dei ragazzi - mentre solo soletto un uomo in frack se ne tornava negli spogliatoio “con incedere elegante, l'aspetto trasognato, malinconico ed assente” – abbiamo avuto l’intuizione che oltre all’orario poteva cambiare finalmente anche il vento del nostro campionato, percependo la sensazione di riuscire finalmente a salire sulla moto della storia (che “non è una moto, è un Chopper” - come direbbero in Pulp Fiction) e provare a mettere un po’ di colonnini tra noi e quell’altri dietro (tanto per utilizzare a casaccio la prima metafora venutami in mente).
Chi va piano va sano e va lontano. Noi sani non lo saremo mai, ma lontano vorremo andarci… E anche abbastanza velocemente; perché alla fine manca veramente poco.
Tutti insieme uniti avanzeremo. Ieri, oggi domani e soprattutto giovedì prossimo.
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