Quello che sembra ancora oggi il contributo maggiore di Fanon è la sua analisi della psicologia del colonizzato. Partendo dal presupposto che i neri della Martinica si sentivano più Francesi dei neri provenienti dall’Africa, perse subito ogni illusione, scoprendo che per i Francesi di Francia invece era un “negro” come tutti gli altri. Questo lo portò a ragionare sulla costruzione del pregiudizio razziale nei sistemi socio-culturali e sulla strutturazione del complesso d’inferiorità nel colonizzato nei confronti del colonizzatore.
Che c'entra questo pippone con l'AC Siena?
Aspettate e capirete...
Fanon coglie molto bene il meccanismo ambivalente del rapporto del colonizzato con il colonizzatore; ambivalenza dovuta all’interiorizzazione del modello del dominatore - poiché questo tipo di relazione è improntata sul dominio - ma di una interiorizzazione conflittuale, quasi schizofrenica. Il colonizzato finisce per identificarsi, in positivo e in negativo, con il colonizzatore.
Questo provoca una lacerazione destabilizzatrice e alienante che depriva il colonizzato del proprio sé; questo processo di alienazione si traduce con un rapporto di dipendenza mentale e psicologica che rischia di fare esplodere la struttura psichica- identitaria. Ciò spiega, secondo Fanon, perché il nero vuole diventare bianco (quello che chiama “processo di lattificazione”) e il colonizzato vuole assomigliare al colonizzatore. Ma questo doppio legame produce disagio psichico-esistenziale (divento estraneo a me stesso e non so più chi sono io) e anche una modalità di volere liberarsi che assomiglia molto alle modalità dell’oppressore.
Nel suo lavoro di terapeuta con gli immigrati africani in Francia, Fanon nota che molti disturbi (disturbi della sessualità, disturbi della relazione, somatizzazioni, senso di persecuzione, nevrosi e psicosi di vario tipo) hanno cause socio-relazionali, sono il prodotto di storie di interiorizzazioni continue e di caduta dell’autostima. La mancanza di autonomia, la difficoltà di ridefinirsi come progetto esistenziale e anche come identità nuova, la paura della libertà finiscono per riprodurre il blocco psichico e la continua dipendenza dall’altro.
Cominciate a capire adesso?
No? Nemmeno ora?
Vabbè, continuiamo ancora un po'.
Approfondiamo il cosiddetto “processo di lattificazione”.
Il colonizzato, essendo apprezzato dal colonizzatore in proporzione al suo grado di assimilazione che avviene anche attraverso l’utilizzo della lingua, sente la necessità di assomigliare nei modi e nelle espressioni all’oppressore. Solamente parlando la lingua della nazione dominatrice in modo corretto può avere in mano “la chiave capace di aprire tutte le porte”, poiché “parlare una lingua vuol dire assumere un mondo, una cultura”.
In alcuni suoi scritti Fanon dà una forte importanza al linguaggio, perché parlare significa non solo essere in grado di usare una determinata sintassi o la morfologia di una lingua, ma significa soprattutto assumere una cultura, infatti: “Ogni popolo colonizzato, cioè ogni popolo in cui si sia instaurato un complesso di inferiorità a causa dell’avvenuta distruzione dell’originalità della cultura locale, é posto di fronte al linguaggio della nazione civilizzatrice.[…] e l’uomo di colore “sarà tanto più bianco quanto avrà rigettato la sua nerezza, la sua foresta”.
Ovvia, capito ora?
No? Ancora no?
Che dite?
Ah, vi serve una legenda...
Eccovi serviti (lo scrivo piccolo piccolo se no qualcuno si incazza...)
COLONIZZATO = SENESE
(soprattutto TIFOSO DELL'AC SIENA).
COLONIZZATORE = (a scelta)
PD, PDL, SINDACO, PRESIDENTE DELLA SQUADRA DI CALCIO, FANTINO, DIRIGENTE
DI CONTRADA, DATORE DI LAVORO, MPS, POTENTE IN GENERE, AMMINISTRATORE
DI CONDOMINIO, GIOCATORE DI CALCIO, ALLENATORE DI CALCIO, GROVIGLIO
ARMONIOSO.
nessuno ha commentato..l'articolo è ben scritto con contenuti più che veritieri...ma la profondità è complessa e il discorso sarebbe lungo...ma per appoggiarti in questa impresa vorrei scrivere solo che tutto questo porta ad una immagine importante...la figura del PADRE. Padre come padre personale, biologico, che poi si "allunga" nelle istituzioni, a lavoro coi capi che stanno sopra, con chiunque rappresenti e proponga un super io razionale ed egemone dove non esiste altra possibilità di rapporto tranne quello di sopra sotto identificazione e castrazione delle proprie fantasie di identità separata. E' la lotta, senza annullare niente ma trasformando, più dura. La ricerca dell'identità per separazione e non per identificazione.
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