Giorni fa, Santo Mario ha esposto le sue ideone al Meeting di CL di Rimini. E giù elogi, dai progressisti di sinistra fino ai liberal di destra. Da parte nostra nessuna carezza e tante tante critiche (e ci fermiamo qua).
Draghi sostiene che l’attuale situazione dimostra che non basta all’Europa essere una potenza economica per avere un ruolo internazionale vero. Ma ecco la prima domanda: ma la UE è ancora una potenza economica? I flussi finanziari europei, a partire dal vostro risparmio (quattrini), vanno quasi tutti nelle Borse americane e gli effetti della globalizzazione hanno trasferito i sistemi produttivi fuori dal Vecchio Continente spostandoli in Cina e nel Sud globale. Il neoliberalismo, di cui Draghi è stato ed è un esponente chiave, ha assegnato all’Europa il ruolo di realtà terziarizzata, con servizi caratterizzati da bassissime retribuzioni, dipendente appunto dalle Borse USA in termini finanziari e dal mercato estero per le proprie sempre più povere produzioni. Quindi, dov’è la potenza economica europea? I consumi sono diminuiti, gli investimenti anche e la concentrazione della ricchezza è esplosa. A reggere rimane solo il risparmio - costantemente drenato verso gli USA - che è stato accumulato negli anni in cui non si era ancora affermato il modello neo liberale draghiano. Peraltro Mario sembra trascurare che oggi come non mai sono centrali le risorse naturali: energia, materie prime, beni agricoli, terre rare, tutta roba di cui l’Europa è clamorosamente sprovvista. Forse, allora, l’irrilevanza europea dipende proprio dal fatto che il Vecchio Continente non è più una potenza economica per effetto dell’ubriacatura globalista?
Il secondo aspetto poco comprensibile della riflessione di Mario è legata alla ricetta per guarire dalla malattia. Cosa dovrebbe fare l’Europa per tornare ad avere un ruolo internazionale? Trasformarsi in maniera miracolistica in una realtà più unitaria e comunitaria dopo che per trent’anni le politiche europee hanno coltivato l’impossibilità di arrivare ad una struttura realmente federativa? L’allargamento ad Est, l’ignavia colpevole nella dissoluzione jugoslava, la totale subordinazione alla Germania, il massacro della Grecia, la costruzione dell’austerità a vantaggio esclusivo di paesi frugali che erano e sono paradisi fiscali e tanti fatti ancora possono essere rimossi in nome di un’Europa unita reiterando il modello che ha prodotto il disastro e trovando solo nella guerra alla Russia il collante interno? L’Europa non ha un ruolo Internazionale perché ha scelto, con costanza e metodo, un modello sbagliato. Quello di Mario. Quella cioè di colui il quale, ancora, facendo finta di passare di lì, prende un microfono e ci dice di quanto sia stato sbagliato tutto ciò che lui in primis ha plasmato, comunicato, venduto, tutelato.
La lochescion poi è veramente azzeccata. Fino a pochi anni fa Comunione e Liberazione era un movimento forte e radicato, con una solida base di militanza soprattutto tra gli studenti universitari. Oggi le cose sono molto cambiate. Il movimento è entrato in una crisi profonda e la sua presenza, anche nelle università del Nordest, è pressoché irrilevante. Al netto delle intenzioni del fondatore e della buona fede di tanti ragazzi, l'aver perseguito la via affaristica al cattolicesimo lo ha portato in un vicolo cieco, il cui unico risultato è stato quello di promuovere un personale politico e giornalistico di infima qualità. In queste condizioni il Meeting di Rimini, che in passato era un evento politico culturale di una certa importanza, ha perso la sua ragion d'essere. Per qualche ragione (massonica?) Mario ha da tempo individuato nel Meeting il luogo adatto a rendere pubbliche le sue esternazioni, divenute pensierini delle elementari di una banalità sconcertante, che solo la malafede e la servitù del sistema mediatico può fare passare come profonde riflessioni sui problemi del Paese. Si parla di disoccupazione, giovani, pandemia, guerra come farebbe un omino al barre. Oddio, la capacità intellettiva dei suoi interlocutori non è altissima, però...
Di sicuro, Mario vince a mani basse nella faccia a culo (come la hanno tutti i liberal suoi proseliti). Sentire il suo lamento sui destini dell'Europa è vergognoso ed incredibile. Lui che è stato, negli ultimi tre decenni, direttore generale del Tesoro, governatore della Banca d'Italia, presidente della BCE, presidente del Consiglio, massimo decisore di scelte strategiche (dalla criminale svendita delle partecipazioni statali decisa sul panfilo Britannia alla vigliacca aggressione alla Grecia, dalla austerità distruttiva di Monti alla liberticida imposizione del green pass, fino alle sanzioni alla Russia). Se noi ci troviamo in queste condizioni oggi, il primo colpevole è lui, la gente come lui e soprattutto chi gli ha dato retta.
La crisi dell’UE e l’insostenibilità del suo modello sono noti almeno dalla crisi economica mondiale del 2008. Draghi ci arriva oggi o, meglio, rende esplicite alla sua parte solo adesso quelle considerazioni che anche lui ha senz’altro maturato in precedenza, ma che si è ben guardato di esplicitare per non sciupare la favola europeista. Ora si presenta come il grande statista realista. Ma è un impostore, un vile impostore. La sua Europa è infatti da tempo il regno dell’ipocrisia, delle mezze verità e della propaganda serrata. Gli intellettuali che ne hanno preso le difese e le figure istituzionali hanno assunto la funzione di propagatori della sua menzogna. Raccontano di un’Europa che non c’è mai stata, di un benessere che hanno visto in pochi, di una democrazia che a parole difendono, ma che di fatto sentono come sempre più ingombrante, da tenere in piedi solo sul piano formale. Come succede nei regimi totalitari, che tanto piacciono a Mario.
Draghi sostiene che l’attuale situazione dimostra che non basta all’Europa essere una potenza economica per avere un ruolo internazionale vero. Ma ecco la prima domanda: ma la UE è ancora una potenza economica? I flussi finanziari europei, a partire dal vostro risparmio (quattrini), vanno quasi tutti nelle Borse americane e gli effetti della globalizzazione hanno trasferito i sistemi produttivi fuori dal Vecchio Continente spostandoli in Cina e nel Sud globale. Il neoliberalismo, di cui Draghi è stato ed è un esponente chiave, ha assegnato all’Europa il ruolo di realtà terziarizzata, con servizi caratterizzati da bassissime retribuzioni, dipendente appunto dalle Borse USA in termini finanziari e dal mercato estero per le proprie sempre più povere produzioni. Quindi, dov’è la potenza economica europea? I consumi sono diminuiti, gli investimenti anche e la concentrazione della ricchezza è esplosa. A reggere rimane solo il risparmio - costantemente drenato verso gli USA - che è stato accumulato negli anni in cui non si era ancora affermato il modello neo liberale draghiano. Peraltro Mario sembra trascurare che oggi come non mai sono centrali le risorse naturali: energia, materie prime, beni agricoli, terre rare, tutta roba di cui l’Europa è clamorosamente sprovvista. Forse, allora, l’irrilevanza europea dipende proprio dal fatto che il Vecchio Continente non è più una potenza economica per effetto dell’ubriacatura globalista?
Il secondo aspetto poco comprensibile della riflessione di Mario è legata alla ricetta per guarire dalla malattia. Cosa dovrebbe fare l’Europa per tornare ad avere un ruolo internazionale? Trasformarsi in maniera miracolistica in una realtà più unitaria e comunitaria dopo che per trent’anni le politiche europee hanno coltivato l’impossibilità di arrivare ad una struttura realmente federativa? L’allargamento ad Est, l’ignavia colpevole nella dissoluzione jugoslava, la totale subordinazione alla Germania, il massacro della Grecia, la costruzione dell’austerità a vantaggio esclusivo di paesi frugali che erano e sono paradisi fiscali e tanti fatti ancora possono essere rimossi in nome di un’Europa unita reiterando il modello che ha prodotto il disastro e trovando solo nella guerra alla Russia il collante interno? L’Europa non ha un ruolo Internazionale perché ha scelto, con costanza e metodo, un modello sbagliato. Quello di Mario. Quella cioè di colui il quale, ancora, facendo finta di passare di lì, prende un microfono e ci dice di quanto sia stato sbagliato tutto ciò che lui in primis ha plasmato, comunicato, venduto, tutelato.
La lochescion poi è veramente azzeccata. Fino a pochi anni fa Comunione e Liberazione era un movimento forte e radicato, con una solida base di militanza soprattutto tra gli studenti universitari. Oggi le cose sono molto cambiate. Il movimento è entrato in una crisi profonda e la sua presenza, anche nelle università del Nordest, è pressoché irrilevante. Al netto delle intenzioni del fondatore e della buona fede di tanti ragazzi, l'aver perseguito la via affaristica al cattolicesimo lo ha portato in un vicolo cieco, il cui unico risultato è stato quello di promuovere un personale politico e giornalistico di infima qualità. In queste condizioni il Meeting di Rimini, che in passato era un evento politico culturale di una certa importanza, ha perso la sua ragion d'essere. Per qualche ragione (massonica?) Mario ha da tempo individuato nel Meeting il luogo adatto a rendere pubbliche le sue esternazioni, divenute pensierini delle elementari di una banalità sconcertante, che solo la malafede e la servitù del sistema mediatico può fare passare come profonde riflessioni sui problemi del Paese. Si parla di disoccupazione, giovani, pandemia, guerra come farebbe un omino al barre. Oddio, la capacità intellettiva dei suoi interlocutori non è altissima, però...
Di sicuro, Mario vince a mani basse nella faccia a culo (come la hanno tutti i liberal suoi proseliti). Sentire il suo lamento sui destini dell'Europa è vergognoso ed incredibile. Lui che è stato, negli ultimi tre decenni, direttore generale del Tesoro, governatore della Banca d'Italia, presidente della BCE, presidente del Consiglio, massimo decisore di scelte strategiche (dalla criminale svendita delle partecipazioni statali decisa sul panfilo Britannia alla vigliacca aggressione alla Grecia, dalla austerità distruttiva di Monti alla liberticida imposizione del green pass, fino alle sanzioni alla Russia). Se noi ci troviamo in queste condizioni oggi, il primo colpevole è lui, la gente come lui e soprattutto chi gli ha dato retta.
La crisi dell’UE e l’insostenibilità del suo modello sono noti almeno dalla crisi economica mondiale del 2008. Draghi ci arriva oggi o, meglio, rende esplicite alla sua parte solo adesso quelle considerazioni che anche lui ha senz’altro maturato in precedenza, ma che si è ben guardato di esplicitare per non sciupare la favola europeista. Ora si presenta come il grande statista realista. Ma è un impostore, un vile impostore. La sua Europa è infatti da tempo il regno dell’ipocrisia, delle mezze verità e della propaganda serrata. Gli intellettuali che ne hanno preso le difese e le figure istituzionali hanno assunto la funzione di propagatori della sua menzogna. Raccontano di un’Europa che non c’è mai stata, di un benessere che hanno visto in pochi, di una democrazia che a parole difendono, ma che di fatto sentono come sempre più ingombrante, da tenere in piedi solo sul piano formale. Come succede nei regimi totalitari, che tanto piacciono a Mario.
L'esperimento europeo sta fallendo miseramente perchè non rispetta i presupposti di chi lo ha immaginato. Hai presente tutta la retorica vuota da sinistra su Ventotene e tutta la merda della destra sempre su Ventotene? Invece hanno vinto i neoliberisti che hanno visto nell'UE solo un grande mercato e non si sono accorti che il valore vero stava proprio nell'unione di paesi che avevano pratiche democratiche avanzate e uno stato sociale che prometteva una vita dignitosa anche agli ultimi. Il neoliberismo ha bisogno di creare denaro dal denaro a spese proprio degli ultimi, per farlo deve distruggere il welfare pubblico e sostituirlo con il sistema privato delle assicurazioni così da creare nuovo denaro e deve avere democrazie formali che non tengano conto dei bisogni delle classi sociali più svantaggiate, l'uguaglianza diventà un tabù e non una pratica democratica (come invece riteneva per esempio il nostro amato presidente Pertini). Le democrazie diventano democrature (molto efficienti nel reprimere le proteste sociali) e la finanza tende a rimpiazzare la produzione di beni materiali e servizi nel creare valore. L'avidità è il vero motore delle politiche neoliberiste, l'individualismo esasperato si sostituisce alla collettività ed il risultato è desolante. Rivendico la visione di un modello europeo solidaristico che potrebbe salvare le domocrazie liberali (o quel che ancora resta) proprio da quei liberisti che invece vorrebbero lasciare agli ultimi solo le briciole di una carità pelosa (magari eleargita da associazioni "benefiche" costruite ad arte per eludere il fisco) ma non certo una prospettiva di riscatto sociale.
RispondiEliminaA mio avviso le democrazie (che già nascono comunque come democrature, essendo sistemi di potere) sono oggi già regimi totalitari.
EliminaNon sono un entusiasta dei sistemi democratici liberali, potessi creare il mondo che vorrei mi piacerebbe avere dei cittadini consapevoli che non hanno bisogno di sovrastrutture e governi a dirigerli, purtroppo il livello di consapevolezza attuale è ai minimi storici, probabilmente l'uomo medievale della civiltà comunale era molto più libero dell'uomo contemporaneo globailzzato, addirittura l'uomo cacciatore-raccoglitore della preistoria godeva di più libertà dell'uomo moderno anche se non abbiamo le prove scritte di cosa accadesse allora. Venendo all'oggi possiamo constatare che i sistemi di governo più avanzati esistenti sono proprio le democrazie, certamente il coinvolgimento popolare non deve limitarsi alla partecipazione al voto, perlopiù in sistemi elettorali drogati che favoriscono le maggioranze a scapito delle minoranze il cui rispetto è proprio il sale stesso della democrazia. Oltre alla divisione classica dei tre poteri: esecutivo (che oggi riteniamo erroneamente il più importante), legislativo e giudiziario che dovrebbero bilanciarsi tra loro, devono esistere altri sistemi di controllo del potere quali la stampa e più in generale l'informazione, i partiti politici, i sindacati, i movimenti, l'associazionismo in genere, i territori e la rappresentanza politica decentrata, i comitati ecc... Qualsiasi cittadino dovrebbe poter partecipare direttamente ed attivamente alla politica tramite questi strumenti di rappresentanza che rappresentano l'anima delle democrazie. Inoltre le democrazie con costituzioni avanzate quali la nostra dovrebbero promuovere strumenti per sopperire agli svantaggi dovuti all'appartenenza ad una classe subalterna: il diritto allo studio, alla salute, alla casa, ad un reddito adeguato dovrebbero andare in questa direzione. Gli ultimi decenni hanno mostrato chiaramente come il sistema economico neoliberista abbia stravolto la natura stessa della democrazia: supremezia dell'esecutivo sugli altri poteri, bavaglio alla stampa, trasformazione dei partiti politici in comitati d'affari, repressione anche violenta del dissenso, primato della finanza sulle politiche solidaristiche ecc... Il problema non è nel sistema democratico ma in un sistema economico totalitario con i suoi sacerdoti accecati dall'ideologia e che purtroppo sembrano aver incantato anche le democrazie trasformandole in una versione scadente delle stesse.
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