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giovedì 28 agosto 2025

Che culo, solo il 15%

In una giornata che resterà negli annali della diplomazia commerciale europea per la sua rapidità e per la sua umiliante conclusione, Ursula von der Leyen, nel golf club scozzese di Trumpete, ha siglato infine un accordo commerciale con gli USA che certifica il nostro status di colonia dell'impero.


Intesa? Mah, parleremo più di una resa o una capitolazione, non certo di un negoziato equilibrato. Ecco cosa ha accettato l’Unione Europea:

- Dazio unico al 15%: l’UE subirà un dazio generalizzato del 15% sulle sue esportazioni verso gli USA. Questo valore si applicherà a settori chiave come l’automotive, i farmaceutici e i semiconduttori. Per le bevande alcoliche, il negoziato è ancora aperto.

- Impegni d’acquisto: l’UE si impegna ad acquistare beni energetici statunitensi per un valore di 750 miliardi di dollari e ad investire negli USA 600 miliardi di dollari in più rispetto a quanto già pianificato.

- Addio (forzato) al gas russo: parte dell’accordo sull’energia prevede che l’UE sostituisca il gas russo con gas naturale liquefatto americano, per un importo di 250 miliardi di dollari all’anno per il resto del mandato di Trump. Un impegno che lega a doppio filo la politica energetica europea alle forniture USA.

- Stangata su acciaio e alluminio: nessuna concessione sui metalli. I dazi su acciaio e alluminio europei rimangono alla pesantissima aliquota del 50%. Bruxelles e Washington si limiteranno a "lavorare insieme" per affrontare la sovraccapacità globale.

Ursula dice che è andata benone, poteva andare peggio (poteva piovere) soprattutto in relazione a quanto capitato ad altri. Ecco, confrontiamo ad esempio gli accordi USA-UK. Londra, pur essendo fuori dalla UE, è riuscita a strappare condizioni migliori per alcuni dei suoi settori strategici. Ad esempio, una parte dell’acciaio britannico può essere esportata verso gli USA pagando un dazio base del 10% (aliquota cinque volte inferiore a quella che continuerà a colpire i produttori europei). Ma anche la rinomata Serenissima Repubblica di San Marino (33.000 abitanti) gode di condizioni tariffarie più vantaggiose su certi prodotti, con dazi al 10%. Quindi: bene ma non benissimo.

Ma lasciamo da parte i freddi numeri ed analizziamo come si è svolta nei fatti questa umiliazione. La trattativa è stata un monologo di Trump, che ha dettato le sue condizioni senza mezzi termini e dichiarando pubblicamente prima dell’incontro che non avrebbe mai accettato un accordo con dazi inferiori al 15%. Nel frattempo, Ursula sedeva rinseccolita su un sedione, pronta a sprofondarvi se solo avesse potuto, perché in fondo anche i servi hanno un'anima. Alla stretta di mano, la donna laccata ha parlato di "un accordo che porta prosperità su entrambe le sponde dell’Atlantico" e subito Trumpete ha lanciato un durissimo attacco all’energia eolica tanto cara ai nostri governanti, definendo le turbine eoliche "mostruosità che uccidono gli uccelli e rovinano i paesaggi". L’energia eolica è uno dei pilastri della transizione energetica europea, il cuore pulsante del Green Deal e delle folli politiche di decarbonizzazione tanto care a Bruxelles, per cui siglare un accordo energetico da centinaia di miliardi con un leader che, un minuto dopo, denigra pubblicamente la tua principale strategia per il futuro, non è solo un controsenso, è proprio un’umiliazione politica. E noi, da servi quali siamo, ce la meritiamo in pieno.

Ok, ok. Questo è il solito Al-Mutanabbi che odia (questa) UE e che ci vuol far credere che in Europa ci troviamo in una situazione così terribile che i suoi “leader” non possono dire no neppure alle richieste più umilianti. E vabbè, allora facciamo come sempre: facciamo parlare direttamente la fonte in causa, nel caso specifico Sabine Weyand, direttrice generale per il commercio presso la commissione UE. La quale dice:

“Se non mi avete sentito pronunciare la parola 'negoziazione' è perché non ce n'è stata alcuna”.

“Dal punto di vista della Commissione, questo è stato un compromesso strategico, non una soluzione economica ideale”.

“La parte europea era sotto enorme pressione per trovare una soluzione rapida per stabilizzare le relazioni transatlantiche, specialmente riguardo alle garanzie di sicurezza”.

“Abbiamo una guerra di terra nel continente europeo. E siamo completamente dipendenti dagli Stati Uniti. Gli stati membri non erano preparati a correre il rischio di un'ulteriore escalation, che sarebbe stata la conseguenza di contromisure europee”.

Capito ora?



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