Oh, c'erano tutti eh. Ma tutti tutti.
Già, c’erano gli anglicani della corona britannica, i presbiteriani del governo americano, i (finti) cattolici del governo italiano, gli ebrei sionisti del Parlamento europeo, i banchieri dell’alta finanza, i kantiani dell’Europa orientale, i colletti bianchi della massoneria globalista. Tutti felici, in prima fila, a rendere omaggio al loro fratello.
Ecco, uomini di Chiesa ce n'erano meno. Ma è normale, dato che il processo di erosione della fede e della proposta cristiana affonda le sue radici nel tempo, ben prima della decisa accelerazione in senso contrario del Concilio Vaticano II. Eppure me lo ricordo l'avvento di Bergoglio, il Papa che doveva far rinascere la Chiesa. Risultato: crollo delle vocazioni religiose, della partecipazione ai riti - sempre più svuotati di significato spirituale - e dell’incisività del cristianesimo nella società.
Ma tutto ciò ormai ha poca importanza. Invece è divenuta fondamentale l’orgia mediatica che ha accompagnato la morte di Bergoglio, una sinfonia quasi unanime di lodi, di retorica e applausi scroscianti in un clima privo di voci dissenzienti. E con i più entusiasti fra i non credenti e gli anticlericali.
E nell'orgia mediatica, una sceneggiata è balzata agli occhi del mondo. Trumpete, recatosi anch'egli a Roma per i funerali, ha approfittato dell’occasione per incontrare una cinquantina di cardinali, diversi politici e, soprattutto, Zelensky. La scena la si conosce: Trumpete ha chiesto al monsignore che lo accompagnava di organizzare un dialogo con il comico, al centro della Basilica di San Pietro, davanti a uno degli altari laterali. Anche Macron è arrivato, tristissimo, e ha fatto aggiungere una terza sedia. I tre politici si sono scontrati verbalmente e Trumpete ha fatto allontanare il servetto Macron, togliendogli la sedia. Trumpete e Zelensky hanno quindi iniziato la loro confessione sotto gli occhi della stampa internazionale e nel momento più inopportuno della storia, con Bergoglio ancora caldo a pochi metri di distanza.
Il gangster americano arriva a Roma e si comporta come se fosse a casa sua. Non gli importa un cazzo del Papa, sia perché non ha legami morali con la Chiesa di Roma, sia perché l’Italia e il Vaticano le considera ancora come sue colonie, quindi comanda lui e lui fa quello che vuole.
Distruggendo il sistema dei protocolli e spinto dal suo spavaldo pragmatismo, il biondo ha fatto totalmente i cazzi propri dentro San Pietro, dimostrando a tutti di poter spadroneggiare quando vuole e dove vuole, anche dentro il Vaticano. Ciò fatto, si è cavato dai coglioni ancor prima che il funerale fosse finito.
Chapeau. E che non venga di peggio...
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