Sello, al secolo Mauro Muzzi, se n'è andato in silenzio, probabilmente solo, forse inconsapevole della fine incipiente.
Nella sua parabola di vita - dolorosa? Certo difficile, sfortunata - ha incrociato almeno per qualche istante le vite di molti di noi, senesi e non, contradaioli o meno. Era una presenza familiare, caratteristica, a volte ingombrante, a volte buffa, a volte fastidiosa. Faceva parte a buon diritto - con tanti altri derelitti, più o meno di lui innocui o simpatici - di quel paesaggio urbano di una Siena più intima e più vera, ancora tozziana per molti versi, che una postmodernità spietata e regressiva ha spazzato via. La sua anonima scomparsa ha mosso gli animi di molti, non solo perché è l'ennesima figurina che si stacca dall'album della memoria, ma anche - ritengo - perché di quella Siena che fu si sente ogni giorno più forte il rimpianto.
Sello era uno degli "ultimi". In qualsiasi altro luogo del mondo sarebbe stato un reietto, un emarginato. Un invisibile. Ma a Siena era potuto assurgere al ruolo di "personaggio", conosciuto e riconosciuto da tutti, con una sua identità - tanto che tutti ne conoscevano anche nome e cognome, a significare maggiore prossimità, a farlo partecipe a pieno diritto della comunità. Non mancarono i crudeli, che si divertivano ad angariarlo fino a fargli venire delle vere e proprie crisi, con la famigerata intimazione "riporta l'altare!". Ma forse anche questo era un modo (per quanto da sadici) di considerarlo membro effettivo della comunità contradaiola.
Perché come hanno detto in tanti, Sello le Contrade le frequentava tutte indistintamente. E per ognuna aveva un suo epiteto, interpretato con qualche approssimazione da noi "normali", fino a farne una sorta di filastrocca elencando tutte e diciassette le consorelle alla sua maniera. Ala, Ozza, Betta, Lalo, Affa, Icce, Buba, Icco e via snocciolando. Tartuca gli veniva forse peggio delle altre (o non me lo ricordo), e allora preferiva Boppo. Mi sono sempre chiesto quanti dei senesi con cui interagiva anche solo per pochi istanti era un grado di riconoscere e memorizzare. Perché sono convinto che avesse una qualche forma di intelligenza, atta perlomeno a fargli imparare la ritualità legata al Palio e alle Contrade, a soprattutto a fargli essere sempre presente alle esequie di chicchessia.
A me faceva pena, una pena cristiana e umana, un sentimento che forse a Siena è meglio esprimere con "compassione". Ma forse lui era felice lo stesso, ignaro della sua menomazione o incapace di rendersene conto. E forse pensava che gli strambi fossimo noi. E magari aveva ragione lui, eternamente fanciullo e inconsapevole. Conserverò il ricordo di quando seguì il funerale del mio nonno Nanni, consueta scorta al paggio di turno. "Bello cocco ne'o", mi diceva reiteratamente accarezzando con lo sguardo trasognato il fiocco nero che serrava a lutto la bandiera gialla e turchina. Io ero triste, avevo voglia di piangere, ma quella sua fanciullesca, innocente ebetudine mi mise un'ombra di allegria e risposi ai suoi ammiccamenti con un mezzo sorriso di approvazione. Il "cocco ne'o" ora ferma idealmente tutte e diciassette le tue bandiere, Mauro. Riposa finalmente in pace, lassù nel cielo di Siena.
Giovanni Mazzini

RIP Sello!
RispondiEliminaSia ben chiaro, diffidate da chi dice "buon ferragosto" perché non è di Siena o dei nostri...
Gordiano