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venerdì 17 aprile 2020

Enti locali enti nodali

Mi ricordo che da bambino bevevo tranquillamente l’acqua del rubinetto, bona, fresca. Davvero, voi millennials, non vi rendete conto di quanto fosse bona l’acqua dei rubinetti senesi, specie per me che la domenica la confrontavo con quella dei nonni poggibonsesi, che ne avevano una che faceva pietà, imbevibile. Ed imbevibile era quella della fonte che il mi’ poro nonno Francesco andava a prendere il sabato per farla bere al suo nipotino senese.
Se confronto quei ricordi con quanto capita ora mi accorgo che l’acqua del rubinetto ha conservato, sì, caratteristiche organolettiche migliori di quelle di altri posti, ma rispetto a quella degli anni ‘70 è peggiorata di molto.
Ciò è avvenuto alla fine di quel decennio. Ricordo i tubi enormi del nascente collettore che portava l’acqua del Luco a Vico Alto, passando per il nuovo quartiere dell’Acquacalda: enormi, ci ti potevi nascondere dentro. Unico difetto: ti rimanevano le gambe nere di catrame, materiale con cui erano foderati all’interno, e la mamma ci smontava dagli scapaccioni ogni sera che si tornava a casa con le toppe finte ai ginocchi.
Il motivo di tale onerosa opera era che il vecchio acquedotto “Umbertino”, nato alla fine del XIX° secolo, non era più capace a sostenere il nuovo assetto urbanistico. L’acquedotto da Castelvecchio era stato trasferito a Vico Alto. Mi ricordo sempre la torre, con la classica forma che si stagliava nel cuore più in alto della cinta muraria, che per reggere i consumi della nuova rete aveva bisogno di un nuovo fornitore di “materia prima”.
"Sì, oh Ciccio, ma perché ci racconti questa favola?".
Perché mi serviva come introduzione al ragionamento che vi volevo presentare: i servizi essenziali, come l’acqua, appunto.
Quel mega lavoro, lungo km e km, è stato l’ultimo investimento importante del vecchio e rimpiantissimo acquedotto comunale, le ultime vestigia del quale sono ancora visibili a giro per la città, negli sportellini dei contatori dell’acqua che potete vedere ancora nelle costruzioni più vecchie e che non hanno avuto ristrutturazione recente.
Sì, perché l’acquedotto era comunale e per il Comune rappresentava, assieme al “gas di città” ed alla “spazzatura”, una fonte di guadagno importantissima.
Il Comune, con quei soldini, manteneva una buona parte di servizi essenziali per la cittadinanza, che ora purtroppo non riesce più a garantire, se non in misura minimale, ed inoltre dava lavoro ad un numero consistente di persone.
Il tutto ha cominciato a disgregarsi alla fine del secolo scorso, quando si è cominciata quell’opera sciagurata che è la privatizzazione dell’acqua e dei servizi essenziali, gas e spazzatura fra tutti, beni primari per ogni cittadino.
Ciò che cosa ha portato di buono?
Io credo poco o niente, perché l’effetto immediato è stato il peggioramento del servizio e il costante aumento delle tariffe, fino ad arrivare ad esempio ad un +88.2% per l’acqua, +52.8% per i rifiuti, +48.3% per i trasporti ferroviari; minore invece l’incremento del costo del gas pari ad un +5% circa, +28% trasporti urbani, +18% energia elettrica (fonte: Federconsumatori ed Istat 2016).Tali aumenti si riferiscono solo ad un mero valore monetario, non certo ad un confronto serio del calo del potere di acquisto che abbiamo avuto passando dalla lira all’euro, altrimenti le percentuali sarebbero quasi da raddoppiare.
Quindi i poveri Comuni si son trovati in pochi anni ad avere un decremento enorme nelle entrate - causato dalla perdita del controllo sulle municipali - compensate da rimborsi risibili ed una tantum: una perdita di potere d’acquisto dovuta al cambio di moneta e, contestualmente, un aumento di richiesta di servizi, siano essi legati all’incremento dell’inurbamento di nuove masse, che all’aumento di richieste di aiuto da parte dei cittadini di fronte alla crisi nascente scatenata con avvento della nuova valuta.
Ciò ha comportato un aumento delle tasse comunali ed alla proliferazione del numero delle imposte locali, sia in ambito comunale che in ambito provinciale e regionale.
Il tutto ha portato un aumento della pressione fiscale sia sui privati cittadini che sulle p.IVA e sulle aziende.
Lo sancì il Decreto Ronchi (2009), ma in spregio al risultato dei referendum del 2011, che con un esito pari al 95% decretava il ritorno al controllo pubblico dei servizi primari.
E lo Stato come si è comportato negli anni?
Mah, questo mi rende ancor più basito: non solo ha permesso ed aiutato il depredare delle amministrazioni locali ad opera di gruppi privati di moderni vampiri svolazzanti, ma ha contribuito a distruggere la possibilità di intervento di tali amministrazioni nel fornire servizio ed aiuto ai cittadini tagliando in continuazione i fondi ad essi destinati.
Solo per fare degli esempi, cito alcuni anni di tagli selvaggi: 3.9 miliardi per il 2012, 6.6 miliardi per il 2013, 9.9 miliardi per 2014. (fonte: Confindustria, “L’Analisi e la revisione della spesa pubblica 4”). Da notare in particolare l’incredibile taglio apportato dal governo nel 2014 di 9.9 miliardi, apportato dalla ministra Madia e dal primo ministro Renzi. Sì, proprio quello che pochi giorni fa lamentava lo stato pietoso delle amministrazioni locali e proponeva, con fare teatralissimo, lo stanziamento di un miliardo di euro agli enti locali da parte del governo attuale: richiesta legittima, sicuramente, ma da barzelletta se si considera che sotto la sua guida tali enti si sono visti rosicchiare molti denari, su disponibilità già molto magre.
Secondo un’altra fonte (articolo del 28 aprile del 2018 del Nordestquotidiano), i tagli dal 2011 al 2017, sommando Regioni, Provincie e Comuni (autonome e non), sono stati i seguenti:
2011 - 5.8 miliardi
2012 - 12.4 miliardi
2013 - 15.7 miliardi
2014 - 15.6 miliardi
2015 - 22.6 miliardi
2016 - 21.8 miliardi
2017 - 22.0 miliardi
Cifre che lasciano basiti, che mettono in enorme difficoltà chi si deve occupare di gestione della cosa pubblica, ma che più che altro pesano sul fruitore finale, il cittadino, sia direttamente, perché non riceverà in quantità e qualità i servizi che l’ente locale deve fornire, sia inindirettamente per il conseguente inasprimento dei balzelli locali, che sono diventati la maggiore fonte di sostentamento degli stessi.
La cosa che però rende più sorpresi è che tali importanti, devastanti, tagli siano stati apportati da governi cosiddetti di sinistra, che dovrebbero essere invece dalla parte dell'ultimo cittadino. La causa, ci è stato spiegato, deriva dalla continua richiesta comunitaria di armonizzare la spesa pubblica con il disavanzo ed il debito, anch’essi pubblici.
Ma è necessario fare tale operazione entro pochi anni? Oppure possiamo programmare un rientro più lento, onde evitare che ne risentano in maniera massiccia i cittadini ed i servizi che ad essi spettano?
Non so, ma vedo un vuoto nel principio che lo Stato ci chiede per tenerci sotto il suo giudizio: il cittadino dirigente è tenuto a comportarsi come il buon padre di famiglia, cosa che invece gli ultimi governi difficilmente hanno fatto.

RICORDIAMOCELO.


Delicta maiores immeritus lues, Romane.
Orazio, Odi III, 6,1
DELENDA EUROPA EST




L’Irlandese Marco Porcio Catone

3 commenti:

  1. Alla interessante analisi dell'irlandese, mi intrometto con un quesito e una affermazione.
    1) Personalmente ritengo Zaia un grande, ne rimango basito me medesimo. O si riapre o si more tutti.
    2) ma gli stipendi della Robur sono sta'i alfine paga'i?

    Prof. Asmignati, ovvero modestamente l'inventore della miscela cretotufacea che sarà il futuro della terra in Piazza!

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  2. Sottoscrivo anche le virgole e i punti del tuo pezzo. Inoltre per tornare alla spesa pubblica vorrei far notare che i dipendenti pubblici sono calati negli ultimi decenni del 50% ma la spesa pubblica galoppa inesorabile. Mah vorrei far notare che in un Comune di circa 90000 abitanti con circa 500 dipendenti 6 dirigenti assorbono circa l’80% di 500 dipendenti in un bilancio. È come levare l’acqua dal mare con un secchio.

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    1. Non ho capito. Si può spiegare meglio?

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