Il canale youtube di wiatutti!

martedì 3 ottobre 2017

Miseria e povertà

Da qualche parte, nascosto da morbide nuvole bianche cariche d’autunno, ci dovrebbe essere un cielo azzurro, che si allarga sul mare piatto fino a invaderne tutto l’orizzonte, per poi restringersi repentino a ridosso delle montagne - bianche anch’esse ma molto più squadrate - in fazzoletti di celeste più o meno luminosi a seconda dell’intensità dei raggi del sole o dell’umore di chi li osserva.
È un meccanismo contorto quello che mette in relazione il giudizio sulle cose che succedono con lo stato d’animo di colui che le vive: basta veramente poco per trasformare una brutta e piovosa domenica di ottobre in uno dei giorni più belli degli ultimi mesi. Questioni di circostanze favorevoli e situazioni ben gestite. O forse soltanto di calma, pazienza... e buco di culo.
Dall’altro lato delle nuvole, stretto in un fazzoletto di terra faticosamente strappato alla natura, c’è un campo verde, forse un po’ troppo verde per essere vero, e una palla che rotola spinta da uomini vestiti di colori diversi. Il campo è lo stesso di tanti anni fa, soltanto un po’ più artificiale. Anche i colori sono i medesimi: bianconero da un lato e gialloazzurro dall’altro. Anche la palla sembra la stessa. Quasi luminosa nel suo cuoio lucido, traccia nell’aria parabole cariche di mistero: in un calcio in continua mutazione, essa appare veramente l’unico punto fermo in grado di collegare il presente al passato.
Gli attori invece sono cambiati. Tutti. Chi c’era allora adesso non c’è più. O al massimo siede in panchina. Il tempo passa e diciotto anni sono molti. A quell’età si può guidare, comprare alcolici e votare per la camera dei deputati. Diciotto anni tuttavia passano in un baleno: nemmeno il tempo di festeggiare il goal di Ghizzani che è già tempo di applaudire Marotta. Un indizio è un caso; due sono una coincidenza. Tre sono una prova. Prova è una parola sacrale ed importante che evoca periodi precisi da poco trascorsi. Le coincidenze invece vorrei lasciarli agli scettici. Ai negazionisti della prima ora. Agli invidiosi da salotto buono. Ai chiacchieroni del lunedì mattina. Quindi non ci rimane che l’indizio. Che nella fretta di scrivere tuttavia perde la ‘d’ e diventa inizio.
Ed allora ecco che Carrarese - Robur Siena forse diventa la partita degli inizi. Sugli spalti la gente si arrabbia e si insulta. Gente comune, tranquilla e pacata che per 90 minuti si lava via il cerone dalla faccia, faticosamente steso durante gli altri giorni della settimana e torna ad essere se stessa. Smettendo per un pomeriggio di fare finta di essere qualcosa. Per qualcuno sono pazzi, per altri sono invasati. Per me invece sono soltanto la spiegazione del perché il calcio sia diventato nel tempo il gioco più bello del mondo. La palla rimbalza, la gente impreca. Dagli spalti arrivano urla disumane e cori goliardici. Un giorno vorrei trovare dentro di me la forza di seguire una partita da dietro le tribune, per potermi basare soltanto sui rumori del pubblico, perché la vista purtroppo non lascia mai spazio all’immaginazione. Mentre l’udito invece permette di sognare. Sogni o voli pindarici. Non so bene dove stia la differenza, ma non è certo questo il momento di cercarla.
Domenica di inizio autunno: ci svegliamo miseri e andiamo a letto poveri. La differenza non è poi così tanto sottile. La miseria è oppressione, sfiducia, frustrazione. La povertà al contrario è speranza, ribellione, libertà. Un misero non potrà mai ambire a niente, poiché il suo orizzonte sarà sempre limitato, nel tempo e nello spazio. Il povero al contrario avrà tutto il tempo di alzarsi dalla sedia, sbattere la porta e andare a conquistarsi quello spazio, che un tempo sembrava a lui precluso. Come ci insegnarono quei giovanotti nel ’99 e come piano piano ci stanno ricordando questi del ’17. Misero mi sentivo lo scorso anno tornando a casa, dopo l’ennesima sconfitta. Misero osservavo le partite in silenzio, distrutto nel morale e fiaccato nello spirito. Perché il bianco sembrava meno bianco ed il nero sempre più nero. La miseria è un tarlo vorace che corrode lentamente, giorno dopo giorno, dal di dentro. E poi, all’improvviso, l’umore modifica la percezione del mondo. Ed in men che non si dica - per un minuto, un ora o un mese - quel senso di oppressione che fino a cinque minuti prima gravava sulle nostre spalle comincia lentamente ad alleggerirsi. Le spalle si drizzano e le teste si alzano. Ritorna la luce negli occhi e la pelle del viso ritorna al suo colore.
E nella povertà di una nobiltà decaduta, dopo anni spensierati di calcio in vetrina, troviamo ancora la folle forza di sentirci felici. Finalmente liberi da pesi e zavorre, libriamo i nostri canti nell’aria come quelle mongolfiere colorate che passano sopra Siena al mattino presto, avvertendo dentro di noi il riaccendersi di una piccola fiammella di speranza. Per troppo tempo sopita a causa dalle miserie altrui. Forse siamo soltanto una massa di inguaribili romantici, destinati a schiantarci contro il suolo dopo un salto troppo azzardato. E forse nonostante tutto resteremo sempre gli stessi poveri di un mesi fa. E magari così ci moriremo, senza riuscire nemmeno a vedere un’altra volta il Siena in Serie B. Tuttavia, finchè il vento gonfierà le nostre bandiere ed il sole illuminerà ancora le nostre sciarpe, avremo ancora la voglia di credere nel futuro e guardare il domani con occhi diversi. Dalla miseria alla povertà , passando per Carrara. Oggi come allora, la penna che scrive la storia potrebbe essere la stessa.

Carrarese - Siena 1-2: facciamo nostra una partita che tre mesi fa non avremmo nemmeno potuto giocare. Senza dare niente per scontato e lasciando agli avversari soltanto piccole briciole, prendiamo i tre punti meritandoceli dal primo all’ultimo. Briciole che ad un tratto potevano però diventare macigni, scagliati a tutta forza contro la nostra difesa, indebolita dalla solita leggerezza. Facciamo nostra una partita vincendo con un uomo in meno. Esattamente come contro l’Arzachena, perché le grandi squadre sanno anche soffrire. Nel calcio moderno difficilmente si vince per caso. Ancor più difficilmente si vince per caso fuori casa. Soprattutto giocando in un campo tradizionalmente ostico, che gli scorsi anni ci aveva sembra visto soccombere (oh, quanto non mi mancano gli scorsi anni). Impresa eroica allora è quella di vincere con cognizione di causa, fuori casa e con l’uomo in meno. Zitti zitti piano piano… Mi verrebbe da pensare. Perché nonostante il successo, non è certo il momento di baccano o proclami. Il campionato entra nel vivo e gli impegni si infittiscono . Un passo alla volta, con l’orgoglio di sempre.

Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

Nessun commento:

Posta un commento