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martedì 9 maggio 2017

Il salvagente personale

Altro che discorsi: Siena in silenzio stampa, a parlare ci pensa il campo. Tre goal, tre minuti di recupero, tre fischi e infine tre punti. Il trionfo della Durio ammutolisce anche i più scettici.
Dopodiché calò il sipario, o forse l’oblio, sulla stagione dei record (all’incontrario) della Robur. Talmente esaltante che nemmeno “Guido ‘dito medio’ Carboni” aveva saputo far di peggio.
Manco il tempo di mettersi in tasca il Fedelissimo ed arrancare verso casa che già la "malinconia da ultimo giorno di scuola" comincia piano piano a farsi largo fra i pensieri, spostandoli senza tanti complimenti, tipo un ubriaco che attraversa la pista di una discoteca affollata. Il campionato è appena terminato e già mi manca. Tuttavia la Robur ha vinto: bando alle ciance e via ai festeggiamenti. Per un secondo mi rivedo ragazzo mentre aspetto che la bidella di turno esca dalla sala degli insegnanti con un in mano i quadri finali da appendere alla bacheca. Avrò avuto 14 anni suppergiù. A differenza del passato, questa volta però so già di essere stato promosso, ma ho come l’impressione di non essermelo meritato. Forse ho copiato o forse c’erano altri più somari di me, fatto sta che non mi sento in pace con me stesso. E nell’ammetterlo una boccata di saliva amara fa giusto in tempo ad inumidirmi la gola, prima di precipitare nello stomaco.
Se mi stessero a cuore le persone che con pazienza leggono (senza offendermi) questa rubrica, immagino che dovrei preoccuparmi di memorizzare tutte le emozioni che incessantemente solcano il mio corpo mentre abbandono la curva, altrimenti poi non riuscirò a trasmetterle attraverso queste ultime ed inutili parole. Privando per sempre i lettori di un qualcosa che, seppur non conoscendo bene cosa, sicuramente gli mancherà. Mah… E ciò mi rattrista assai. Tuttavia me ne infischio e penso ad altro. Anzi, non so a cosa pensare. So che fra qualche ore non mi sentirò spento e svuotato come quella volta tornando da Genova una sera di maggio di tanti fa. In fondo ne sono passati soltanto 14 anni da quella sera, anche se a me sembrano due secoli. E cosa sono 14 anni per un essere umano? Possono essere poco o niente. Dipende da cosa c’è stato prima. E soprattutto cosa ci sarà dopo. Per me, in questo preciso momento, sono un salvagente al quale mi aggrappo ogni qualvolta la vita non va come dovrebbe. Lo so, mi sembro scemo da solo, figuriamoci agli occhi di un altro. Ma pensare a quel periodo là mi aiuta a vivere meglio. E poi scusate, che c’è di male. Ognuno compensa i propri squilibri come crede: c’è chi beve, chi si droga, chi a va coi trans (a proposito di trans… no, lasciamo perdere dai), chi ripensa all’anno di leva o alla prima fidanzata. A me per stare bene invece basta ripensare a come eravamo belli in quel meraviglioso periodo. Però nel farlo devo stare bene attento a fermare il ricordo un secondo prima della fine, perché dell’attuale presente non mi piace niente.
Nel salire le scalette dei bagni mi sentivo felice ed euforico come una massaia che pensa a cosa cucinerà per cena. Il vento freschino frescone che per tutto il pomeriggio aveva tenuto lontane le nuvole dalle nostre teste, incalzava i miei poveri stinchi nudi. Sì lo ammetto: se sabato pomeriggio avete visto in curva un demente con i pantaloncini corti, quel demente ero io. La pioggia della mattina aveva raffrescato l’aria, che sul finir del giorno appariva per niente maggiolina. Sugli spalti la gente, quella poca che aveva deciso di presenziare, più per rispetto che per altro, come ai funerali dei parenti della moglie, parlava di altro. Di Serie A, di elezioni francesi, di Chiambretti Matrix. Anche di donne, ma soltanto i più impavidi e scafati. Intorno a me, le solite facce di sempre. Dopo anni passati a peregrinare per la curva, cambiando posto praticamente ad ogni partita, dall’anno della Serie D ho deciso di sedermi sempre nel solito posto. Col tempo, grazie anche alla costanza di altri abitudinari cronici, è nata una piccola comunità (no, non è vero, sono io che la vedo così da inguaribile romantico quale sono). Non siamo ancora arrivati a chiamarci per nome ma siamo sulla strada buona e se tutto va come deve andare fra qualche mese saremo di nuovo là, ad arrabbiarci (tanto), gioire (poco) e sperare (molto) in un futuro diverso. E ad ogni domenica, parlando di qualcuno che non c’è, ci diremo: - "Coso non è venuto oggi?". E alla risposta: "Chi?". Risponderemo: "Coso…". E poi giù moccoli per un passaggio sbagliato, un'occasione fallita, un punto buttato via. Il bello di un calcio visto ai margini del tifo. Senza remore personali, interessi privati, quintessenze particolari o paura di ferire. Pane al pane, vino al vino. D’altra parte siamo tifosi, non insegnanti di sostegno.
Dal Pontedera alla Pro Piacenza un altro campionato è giunto al termine: il tempo è rotolato via veloce come i barberi giù per la pista, ma privo di quel meraviglioso rumore di legno che sfrega nel legno. Cosa ci rimarrà di questo anno calcistico? Niente. Forse domani mattina ci sveglieremo e capiremo che, rispetto a settembre, siamo soltanto un poco più vecchi.

Siena – Pro Piacenza 3 a 0: chiudo l’ultimo pezzo dell’anno di questa rubrica rubando due righe all’inutile commento all’inutile partita di turno, ringraziando tutti coloro che durante questi due gironi hanno sprecato qualche minuto della loro vita (che nessuno gli ridarà mai più indietro) a leggere le mie futili parole. Parole che messe tutte insieme hanno formato frasi bizzare, strampalate e spesso senza senso, che tuttavia mi auguro abbiano potuto trasmettere una qualche sorta di emozione in chi le leggeva. Scrivere di calcio senza parlare di calcio è pericoloso ed il rischio di annoiare, copiando se stessi o cadendo nel banale, è piuttosto forte. Con la testa in città ed il culo in provincia, in tutti questi mesi ho cercato di raccontare ciò che mi passava per la mente, senza filtri. E tra il serio ed il faceto, nel farlo mi sono divertito tanto. Forse più io scrivere che voi a leggere.

Per ultimo ma non meno importante, un gigantesco grazie è doveroso lo dica al titolare del blog, la cui comprensione e pazienza a volte hanno raggiunto picchi commoventi. Non so se pensando a questa rubrica te l’avevi immaginata così, ma spero di non esserci andato poi tanto lontano.

Oggi, domani e sempre: forza Siena!

Mirko


NDR: Orgoglioso di ospitare uno Scrittore nel mio blog. Questa rubrica (ed altre) va al di sopra di ogni legittima aspettativa. Ma da una parte lo sapevo, perché se si lascia spazio per esprimersi, molta gente (non folosa) di questa triste città ha ancora molto da dire. Al-Mutanabbi.

5 commenti:

  1. Penna fantastica!
    Seguita per noi!
    L'Irlandese

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    Risposte
    1. Grazie!
      In futuro mi piacerebbe raccontare qualcosa di diverso, tipo una Robur prima in classifica, una società decente, una fila di donne fuori dalla porta. No vabbè, a quest'ultima non ci credo nemmeno io!
      Mirko

      ps.
      ma quanto è bella l'iniziativa su De Luca? Bravo Al-Mutanabbi. Io però rimango dell'idea che dovresti invitarci anche la presidentessa. Forse forse capirebbe qualcosa di più sulla gente che rappresenta.

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    2. Poi ne scriverò estesamente. L'evento è pubblico e ad ingresso gratuito, per cui chi vuol venire lo può fare.

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    3. VENGO solo se c'è il/la trans.

      El Cinico (homo di mondo).

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  2. ...E se dopo si beve e ci si ddddroga abbestia!

    El Cinico (bit generescion).

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