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martedì 14 febbraio 2017

E quindi...?

"Oh, che ha fatto il Siena?".
"Ha vinto 2 a 1 con il Prato!".
"E quindi…?".
"Quindi cosa, scusa?".


PROLOGO

Vivere d’inverno non è affatto facile. Spesso capita di iniziare le giornate prima dell’alba, passare le ore diurne dentro un cubicolo 2x3 (tanto per parafrase la recentissima canzone vincitrice di Sanremo, giusto per dare a questa rubrica un tocco di sana attualità) e concluderle verso notte fonda, senza mai vedere la luce solare. Buio all’inizio, neon nel mezzo e buio alla fine: la differenza con un Norvegese, salmone a parte, non mi pare poi così evidente. Per fortuna poi arriva la domenica a ricordarci che siamo nati e viviamo (grosso modo) alla congiunzione del 43° parallelo coll'11° meridiano: il sole torna a fare capolino da dietro le nuvole, la temperatura balza improvvisamente a livelli da gonna corta e il cappello di lana appare finalmente superfluo. Il Siena gioca contro il Prato e febbraio - in perfetto stile carnevalesco - si fa trovare mascherato da marzo inoltrato. Nell’aria lodore di frittelle “ingrassa” i pensieri. Nel frattempo il bollo della macchina è scaduto un’altra volta.
Sulla via dello stadio, la voce di Eloide riempie l’abitacolo della mia automobile. "Come avrà fatto a non arrivare per lo meno sul podio del Festival?", mi chiedo molto amareggiato (…) mentre parcheggio. E scendendo dall’auto, giusto in tempo per essere travolto da una comitiva di coreani, ad voce alta affermo: "Era dal goal di Maicon che non vedevo un furto simile". Gli Asiatici mi guardano perplessi, qualcuno sorride, un paio scattano foto a casaccio. Per qualche metro camminiamo insieme, poi io rallento mentre loro avanzano. D’improvviso mi pare di essere il pastore maremmano che scorta il proprio gregge. Se abbaiassi, credo mi verrebbero tutti dietro. Piegando la testa di lato, li osservo sparire dietro l’angolo della fortezza. Un bimbo vestito da Po di “Kung-Fu Panda”, armato fino ai denti con coriandoli e stelle filanti mi sfila accanto. Fiero del suo costume, mi sfida con lo sguardo e alla vista della mia “linguaccia” spalanca un sorriso beato, impreziosito da un paio di piccole finestre, che presto saranno chiuse da due bellissimi denti nuovi. Dopo avermi oltrepassato, il bimbo si volta a guardarmi e senza farsi vedere tira fuori la lingua, contraccambiando la smorfia. La mamma parla al telefono, mentre il babbo spinge un carrozzina rosa. Entrambi paiono troppo immersi nei loro pensieri per accorgersi della scena. Immagini riviste di vita comune. La domenica del terzo millennio, sfila via così, fra silenzi e sorrisi.

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QUALCHE ORA PIÙ TARDI

"Oh, che ha fatto il Siena?".
"Ha vinto 2 a 1 con il Prato!".
"E quindi…?".
"Quindi cosa, scusa?". 


Il mio interlocutore - amico di lungo corso - mi guarda perplesso, addirittura meravigliato dal tono aspro con il quale ho pronunciato le ultime parole. Sì, lo so che è maleducazione rispondere ad una domanda con un’altra domanda, ma non ci posso proprio fare niente. E quindi cosa? E quindi, mi verrebbe da dire, nonostante i tre punti, pesanti come macigni (ti paresse poco), che ci fanno rialzare la testa come un girasole dopo un violento acquazzone, non è cambiato niente. Tutto scorre uguale a prima. Zero assoluto. Tedio e noia, noia e tedio. Portare i figlia alla partita da premio sembra stia diventando una punizione, del tipo: se non studi ti porto a vedere la Robur! E giù pianti disperati. E mi domandi: “E quindi...”?

Giocavamo contro la penultima e manca poco si riperde. Se con Arezzo e Como il pari ci poteva anche stare, la vittoria di oggi mi sa tanto di regalo: come passare col semaforo rosso nel momento esatto in cui il vigile abbassa lo sguardo o andare al bagno un secondo prima che il professore chiami alla lavagna. Magari potevamo pareggiarle tutte e tre (le suddette e quella di oggi), ma tanto il risultato non sarebbe cambiato: la matematica è una scienza democratica. Le figure di merda invece lo sono un po’ meno. Pensando alla partita la sensazione di averla scampata bella pervade il mio umore, peggiorandolo. Perché so benissimo che non ci sarà in futuro una seconda volta e che, se continuiamo a giocare così, andremo veramente da poche parti. Che poi non è che sia per forza necessario “andare da qualche parte”, per carità, ma sia ben chiaro una cosa: rimanere immobili alla lunga stanca. Guardiamo lo stadio e facciamoci qualche domanda. Ma evitiamo per favore di chiederci: “E quindi...?”. Perché finiremmo per avvolgerci su noi stessi, complicandoci inutilmente la vita. “E quindi...?”: e quindi un bel niente.
Nel giorno in cui il nostro presidente avrebbe compiuto gli anni (tanti auguri e grazie di nuovo), usciamo dallo stadio senza sorrisi, con addosso ancor più dubbi che certezze. Il rito della partita sta diventando una triste ed inutile abitudine, come fare un aperitivo da solo o stringersi il braccio con un laccio emostatico (perdonatemi il paragone) nel buio di uno scantinato. Di oltre 50 giocatori ruotati in due anni, non siamo stati capaci di tirar fuori due centrocampisti centrali decenti. Da Burrai a Castiglia, da Minotti a Doninelli, durante questi mesi non abbiamo mai avuto la fortuna di vedere tre passaggi di fila. Per noi la mediana è soltanto quel gruppo di calciatori che divide la difesa dall’attacco. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Gli atleti del Prato (ma anche il Tuttocuoio a suo tempo), seppur palesando evidenti limiti tecnici, davano l’impressione continua di sapere quel che c’era fare. Magari lo facevano male o non riusciva loro di terminare l’azione, ma ci provavano: in alcune circostanze sono arrivati a guadagnarsi un calcio d’angolo con tre/quattro passaggi, partendo addirittura dal loro portiere. Che non sempre rinviava lungo, ma ogni tanto serviva un centrocampista con le mani. Come qualsiasi squadra moderna dovrebbe fare (dagli Esordienti in su). “E quindi...?” amico mio, compagno di tante avventure, botte prese e shottini di rum e pera bevuti, non ci rimanere male, ma ho niente da dirti. Si va parecchio a caso, un colpo di qua e uno di là. S’è vinto, 2 – 1, stop. E tutto sommato, forse, basta così.

Siena – Prato 2 a 1: tre punti in più e una partita in meno. Il bicchiere appare sempre più desolatamente vuoto, ma in tempo di arsura anche una piccola goccia potrebbe risultare fondamentale per non morire di sete, in attesa magari di tempi migliori. Vorrei che la proprietà battesse un colpo ed esprimesse un pensiero. Vorrei che il Mister evitasse di parlare di “vittoria meritata” (dai, per favore!). Vorrei che qualcuno mi dicesse come stanno andando veramente le cose. Vorrei non aver mai letto l’aggettivo "pittoresco" nella stessa frase in cui era indicato il nome Robur Siena. Vorrei. Ma chi sono io per volere?

Tutti insieme uniti avanzeremo


Mirko

1 commento:

  1. "Il rito della partita sta diventando una triste ed inutile abitudine, come fare un aperitivo da solo o stringersi il braccio con un laccio emostatico (perdonatemi il paragone) nel buio di uno scantinato."

    Queste parole descrivono benissimo il mio stato d'animo da Novembre 2015 in poi ... credo che sia comune a molti tifosi che come me hanno smesso di frequentare i gradoni del Rastrello

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