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sabato 15 ottobre 2016

"Hai figu?". Le figurine dei calciatori nel (semiserio) profilo antropologico dell'Homo Paninicus. I giochi

Che le figurine, e segnatamente quelle dei calciatori Panini, non si trasformino nell’impropria coperta di Linus di adulti incapaci di fare sul serio le cose serie e tornino ad essere solo ed esclusivamente patrimonio di chi è stato al centro del pensiero dei creatori di quell’epica raccolta.

[...] Erano due le... specialità di gioco in cui cimentarsi in duelli testa a testa ma, alcune volte, anche in tre o quattro giocatori contemporaneamente. Va detto che l’introduzione delle figurine autoadesive, così tante volte citate in queste note proprio perchè il loro avvento ha veramente costituito un cambio radicale nelle abitudini e nei riti dei collezionisti, ha un po’ smorzato la popolarità dei giochi con le figurine, essendo le autoadesive poco adatte (scarsamente rigide) e delicate: qualche passaggio nelle tasche di collezionisti poco attenti e ordinati (che tutti quanti naturalmente conoscevano e tentavano di evitare quanto più possibile) le riduceva in uno stato pietoso.
Le figurine in cartoncino invece erano ideali: molto più rigide e robuste, fantastiche soprattutto per giocare a lungo, con non infrequente corollario di sospetti, discussioni e piccole scaramanzie messe in atto dai giocatori più accaniti. 
Le partite a lungo, specialità così chiamata poichè prevedeva il lancio in campo libero di una figurina per giocatore con vittoria nella tornata assegnata a chi lanciava più lontano la propria, erano delle specie di duelli rusticani dove, invece dell’abilità con il coltello di un qualsiasi compare Turiddu, trovava esaltazione il colpo di frusta con il polso, tecnica di lancio universalmente adottata. Gli amanti del lungo si affrontavano rigorosamente testa a testa, nonostante nulla impedisse, da un punto di vista tecnico, di giocare partite con più di due partecipanti: tuttavia non ricordo di aver assistito o giocato partite che non fossero sfide testa a testa, one shot one kill, potremmo dire; questo era lo spirito del gioco. Una tornata durava pochissimi secondi, esattamente quanti ne bastavano per lanciare una figurina a testa, recuperare la vincita e ricominciare. Era una specialità da “professionista”, quasi meccanica e un po’ fredda, addirittura forse sintomatica di una certa predisposizione per il gioco d’azzardo e l’avventura. 
Le vittorie a lungo non portavano significativi benefici in fatto di acquisizioni: ad ogni vittoria si incamerava infatti la propria figurina e quella dell’avversario, nulla di più. Ma ciò nonostante capitava di trovare (rare volte, per fortuna) chi incollava assieme due figurine per conferire maggior rigidità e quindi maggior abbrivio al lancio. Era una pratica del tutto stupida, in quanto un buon giocatore non faticava per nulla a scoprire il trucco, con il risultato che, se non si veniva subito alle mani, il giocatore truffaldino era comunque emarginato dalla comunità. E quest’ultimo aspetto contava decisamente di più di una manica strappata o di un livido in faccia, nei tempi ruggenti del politicamente scorretto ma umanamente genuino. 
Lungo si praticava per il puro gusto di giocare e di vincere, in una sfida con l’avversario e con la sorte. Non era per nulla infrequente infatti che un giocatore vincente continuasse a giocare tornate successive sempre con la stessa figurina, lanciata e rilanciata come un feticcio catalizzatore di buona sorte sino al fatale momento in cui veniva perduta e passava di mano. 
L’altra specialità di gioco, denominata c’è, aveva connotazioni più “sociali” e meno tecniche (l’abilità nel lancio aveva minor influenza sul risultato) accompagnate tuttavia a rischi di litigio infinitamente maggiori. Esattamente come lungo, c’è si poteva giocare con un pubblico attento ad osservare la disfida, ma nella filosofia si trattava di un gioco del tutto differente. Tale differenza si notava anche nell’atteggiamento del pubblico: silenzioso alle partite di lungo, più coinvolto in quelle di c’è
C’è si giocava a due o più giocatori, serviva un muro o comunque un ostacolo in fondo al campo di gioco e consisteva nel lanciare a turno una figurina per giocatore, continuando la rotazione di lancio sino a che l’ultima figurina giocata non atterrava sopra a una delle altre già presenti a terra. A quel punto il lanciatore della figurina in questione faceva bottino pieno incamerando tutte le altre presenti sul campo di gioco. Il gioco consentiva facilmente di fare raccolti significativi, anche nell’ordine di più di dieci figurine a tornata: era quindi, dal punto di vista collezionistico, uno strumento interessante, potenzialmente capace di rimpolpare l’album e ridurre quei maledetti spazi vuoti che campeggiavano come un insulto all’armonia delle pagine. 
Sino a che una figurina copriva chiaramente una delle altre già lanciate, non vi erano discussioni in merito all’esito della partita, discussioni che invece nascevano e si protraevano a volte con esiti parasanguinosi in caso si verificasse lo scenario della famigerata punzina (almeno così la si chiamava dalle mie parti). La punzina ha addestrato generazioni di giovani alla discussione, alla rivendicazione, alla tenacia nel difendere la propria opinione personale e la giustizia: e se poi qualche volta finiva a botte, pace. Anche quelle insegnavano molto: per esempio ad evitare chi, a corto di dialettica per deficienze personali, pensava che le mani potessero esprimere meglio e più efficacemente un qualsiasi concetto. Naturalmente quando si verificava un caso di punzina, evento che in fondo tutti volevano accadesse, anche chi assisteva alla partita si sentiva legittimato a dire la sua: si era tutti giocatori, ognuno si reputava esperto e casi del genere gli erano già capitati; si trattava quindi di pareri altamente qualificati... 
Ovviamente, più sono le persone a parlare, più aumenta la confusione e contestualmente diminuiscono le speranze di raggiungere una soluzione al problema sul tavolo. Funzionava così anche nel caso della valutazione di una punzina, esattamente come avviene per i pensionati al circolo ricreativo dove, chi sta dietro a guardare e osserva le carte di tutti, sentenzia che era molto meglio giocare il fante prima dell’asso. Poteva quindi succedere, per uscire dai casi più spinosi, che i giocatori scegliessero qualcuno degli astanti a fungere da arbitro, con il compito fatale di accontentare qualcuno e scontentare qualcun altro con corollario di strascichi e lamentele assortite che si protraevano poi per il resto della partita. Ma in buona sostanza, che cosa era in pratica la cosidetta punzina
Il dizionario del giocatore di figurine non è ancora stato scritto, ma la punzina può definirsi come la sovrapposizione di una porzione molto limitata (spesso uno spigolo) della figurina su quella sottostante. Si trattava quindi di una sovrapposizione molto parziale, poco più che uno sfioramento, complicato dal fatto che le figurine non erano mai del tutto piatte: la valutazione andava quindi fatta molto spesso in proiezione, il che è facile immaginare anche per un inesperto costituisse più un approccio filosofico che concreto. Ma così stavano le cose ed in cuor suo ognuno dei giocatori coinvolti nella valutazione di una punzina affrontava la tenzone con la speranza che fosse l’altro a cedere pur di continuare a giocare, indipendentemente dal fatto che fosse veramente convinto o meno della sovrapposizione. 
Sia che si prediligesse il lungo oppure c’è, ogni momento era buono per giocare con le figurine: prima o dopo le lezioni, negli intervalli, sul marciapiede o in corridoio, ovunque era possibile giocare si giocava. Mai successo di non trovare uno sfidante o un luogo adatto al gioco: le figurine erano ubiquitarie, una presenza costante ed un elemento specificatore di appartenenza.

L’excursus sul mondo delle figurine Panini a cavallo tra anni Sessanta e Settanta del Novecento termina qui. Molti particolari potrebbero essere aggiunti, molti altri approfonditi in modo migliore, ma chi ha vissuto quell’epopea non pensava al fatto di trovarsi nel bel mezzo di quello che si sarebbe rivelato come un autentico fenomeno di costume: per noi era solo la normalità e come tale veniva vissuta, senza porsi il problema di registrare usi, costumi ed eventi a futura memoria. La vita ha sovrapposto in continuazione a quei ricordi altri scenari via via più importanti, quindi nessuna sorpresa se qualche cosa è sfuggita e qualche altra invece non ha i contorni vividi della cronachistica di miglior taglio. Ritengo che anche questo particolare renda tutto quanto molto più vero. E per chiudere, un auspicio: e questa volta parlo da... grande. Che le figurine, e segnatamente quelle dei calciatori Panini, non si trasformino nell’impropria coperta di Linus di adulti incapaci di fare sul serio le cose serie e tornino ad essere solo ed esclusivamente patrimonio di chi è stato al centro del pensiero dei creatori di quell’epica raccolta.

Per favore, gli adulti pensino ad altro, grazie.


Lorenzo

19 commenti:

  1. mah...un comizio di 4500 battute a pro?
    a volte,leggendo simili cose,basisco...evidentemente,se pubblicato,piacerà che vi devo dire?
    gradirei sapere pareri illustri altrui su certi "scritti"assurdi.

    El Cinico

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    1. A me piaceva, difatti è stato pubblicato. Anzi, per me questo pezzo è un piccolo/grande capolavoro, perchè interpreta con immensa poesia i sogni di ragazzotti anche della mia generazione. Certo che oggi si va a cercare i Pokemon per le strade, per cui capisco il tuo stordimento. Ah... e si possono leggere anche cose lunghe, nonostante che oggi si comunichi con un tweet. Ciao

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    2. El Cinico,
      spesso per spiegare certe storie e certe vicende (o certe emozioni legate a ricordi felici) occorrono molte parole. Sono importanti per comprendere le sfumature delle vicende narrate. Lo storytelling striminzito nuoce gravemente alla salute.

      Saluti,
      Esteban Vihaio

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    3. Forse i Pokemon li cercate te e l'autore del logorroico "capolavoro",io no di certo ed i tweet li lascio a Beppe Grillo e Renzi.
      Comunque gradirei,torno a ripetere,che i pareri sul "capolavoro"li dessero altri,non il padrone del blog.
      O chiedo troppo?

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    4. No no... io i Pokemon non so nemmeno che cosa siano. E sono d'accordo con te, chi può, si esprima. Uno - Esteban Vihaio - ha già favellato...

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  2. Caro el cinico per aiutarci a capire, bisognerebbe sapere a te cosa interessa leggere. Oppure meglio ancora se vuoi scrivere credo che il bloggher suddetto ti ospiterà, a patto che tu scriva in un italiano comprensibile. Comunque nel caso specifico basta dopo il primo episodio non aprire gli altri e tirare avanti, non conosco l autore ma non credo se la piglierà a male
    tsu

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    1. Confermo. Il blog è aperto a tutti (quelli che sanno mettere insieme un soggetto e un verbo). El Cinico è ufficialmente invitato ad inviare una sua idea, che sarà pubblicata. Max. 10 battute

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    2. Ma potrò scrivere quello che mi pare e commentare a mio piacimento,oppure arrivi te e mi "detti l'agenda"?
      Scusa,eh..se fossi maleducato ti direi:MA CHI CAZZO SEI?
      Ma guarda un po' se il primo a caso si deve mettere a fare l'avvocatino del cercatore di figurine...oh...
      Prima i Pokemon poi lo scienziato che si firma Tsu...andiamo bene si
      El cinico

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    3. El Cinico... Ti vogliamo così.
      Ma per favore scrivi meno battute, condensa, restringi. Sii breve. Ma Pikaciu (o come cazzo si chiama) l'hai trovato?

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    4. si,lho trovato:l'avevo nelle mutande.
      ti posso dire che è lungotto..'na 20ina di cm...se vuoi te lo porto a fa vedè,così ci fai un articolino nel blog!

      El cinico(20 cm de fuego e passion)

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    5. El Cinico: ma la locandina di Quixote t'è garbata? Oh, lì non ci so' parole eh...

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    6. Bellissima!
      Quixote è un Must!
      Dopo gli porto il Picaciù.

      El Cinico

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  3. El cinico io spero davvero che tu diventi una firma fissa di wiatutti. C'è un gran potenziale.
    Tsu

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  4. Concordo totalmente e rilancio, facendo una proposta ufficiale. Che ne dici, El Cinico, di accompagnare sempre con un tuo commento ogni pezzo che su pubblica su Wiatutti? Senza peli sulla lingua eh... Non essere gentile come sei stato finora, esprimiti pure libero di dire ciò che pensi.

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    1. Non ti preoccupare,Al Mutanda Nabbi,non ho alcun pelo sulla linguaL:lecco solo potte depilate.

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    2. Non mi ero firmato,sorry:

      El Cinico

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  5. El Cinico... ne parlavo oggi con Almutanda Nabbi (bellissima!)... per me tu sei un VERO PORTENTO!!! IO ti ADORO (non scherzo)... sei graffiante, libero e senza peli sulla lingua (ce ne fossero). Ovviamente non sei simpaticissimo ma di questi tempi essere simpatici è MOLTO sospetto... seguita così! MA, soprattutto... TI PREGO IN GINOCCHIO... SCRIVI SUL BLOG! La tua libertà sarà la nostra libertà... e non scherzo.

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  6. Ah... El Cinico, dimenticavo: se mi porti il Pikaciù a casa io ti offro da bere roba bona! (Oh, non ti scordare questa promessa quando leggerai la mia novellina su WIATUTTI eh... spara a zero ma, con clemenza please ;o)

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