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domenica 6 marzo 2016

Carissimo David...

 ... esattamente due anni fa ti scrivevo così:

"È passato un anno da quando decidesti che t'eri rotto le palle, e mandasti tutti e tutto affanculo.
Ero lontano, lontanissimo: per lavoro a 12 ore di aereo, non potei venire nemmeno sabato a salutarti. Ed è questo che forse fa più incazzare: che non ci sia mai l'occasione per salutarsi.
Fuori da qualsiasi giudizio, dico solo che mi manchi, ci manchi moltissimo. Non ho avuto la possibilità di ridarti quegli LP, come non ce la feci a restituire a Mizio quel suo quaderno, con sulla copertina la vignetta di Frankie Fog disegnata da te... ecco, l'unica cosa che mi potrebbe "consolare", sarebbe saperti a chiaccherare con lui, da qualche parte.
Ci vedresti piccoli piccoli, più piccoli che mai. Ma chissà...
Un ricordo per te con questo pezzo, che so ti piaceva moltissimo"
E poi il link a I. G. Y. di Donald Fagen
".

NO David ti prego,
non pensare che anche io mi sia adagiato al "pensiero dominante": mai vissuto un groviglio, figuriamoci se avrei mai potuto condividere un groviglio armonioso come quello in cui sei rimasto intrappolato.
Come forse ricordi, ero in Brasile per lavoro. Una telefonata di Gianni (l'uso, non il Pito) mi avrebbe dovuto informare, prima di internet, prima di Facebook, prima dei tg nazionali. Ma il destino aveva deciso diversamente. Al caldo dei 36 gradi del Cearà dovetti rispondere al mio capo di allora, e misi giù ad un attonito Gianni Mazzoni.
COME, COME AVREI POTUTO SOLTANTO IMMAGINARE???
Pochi giorni prima, avevate dovuto subire le perquisizioni: tu ovviamente non c'entravi (mai ti hanno iscritto nel Registro degli indagati), ma la tensione saliva. La pressione probabilmente no: al tuo livello quella c'era sempre stata, ma agli italioti (e ai senesioti) piace ovviamente vedere solo il lato positivo delle cose.
Quel 6 marzo, di pioggia a Siena, di sole a Fortaleza, proseguiva inesorabile. Te chiamasti Antonella ("butta la pasta, chiudo il pc e arrivo"), io stavo rientrando, polveroso e sudato, da una giornata in mezzo alle cave di granito.
Ma mentre io parcheggiavo in garage, tu decidesti di scrivere un biglietto di addio, chiamando la tua compagna di vita con un soprannome che MAI avevi usato prima. Che strano, no?
Antonella ti aspettava a casa, io cominciavo a stilare il programma per il giorno dopo, ma tu decidesti di mandare tutto e tutti affanculo. Dopo aver chiamato casa. Dopo aver lavorato fino alle otto di sera. Ma poi, che modo del cazzo, scusa: la finestra dell'ufficio. Perché, David? Volevi imitare Pinelli? Per lui manifestazioni oceaniche, pièce teatrali, canzoni... era questo a cui pensavi? Mah, strano...
E poi quel tuo mettere a posto la giacca, lasciare tutto perfettamente in ordine, l'orologio sulla scrivania, la giacca sopra la poltrona... Eccheccazz David! Ma si può pensare di appendere la giacca sulla poltrona, in modo da non creare antiestetiche pieghe, un attimo prima di buttarsi di sotto?!? Ma poi, perché senza giacca??? Faceva freddo quella sera di pioggia. Davvero strano. Mah...
Perché poi conoscendoti, mi sarei aspettato qualcosa di diverso: che so, Petriolo? Sì, perché dai, la finestra dell'ufficio, diciamocelo, è un po' banale. E poi perché ti sei trascinato per metri, rovinando irrimediabilmente le tue Church's da 500€??? Cazzo, io mai ho avuto un paio di Church's (e probabilmente mai le avrò), però non si tratta così la roba. David.
David, quella sera mentre io rispondevo a Rosario, imparasti sulla tua pelle (ma non come immagine retorica: proprio sulla tua epidermide!) che le cose hanno vita. E non sono paranoie senili di un "povero fallito" come me: sono evidenze scientifiche. Difatti, un tagliacarte decise di volare sulla tua testa lasciandoci una ferita, i tuoi polsini decisero di esercitare una pressione così forte che lasciarono lividi e la stessa cosa fece la camicia col tuo costato.
Poi la telecamera di sorveglianza decise ('sta stronza) di cambiare l'orario, l'hard disk decise di tagliare qualche decina di frames. Tu questo non l'hai potuto sapere, mentre la pioggia ti bagnava il viso ed il dolore lancinante ti faceva compagnia, insieme al freddo di quella notte di marzo. E mentre Antonella si preoccupava per la pasta che, come mille altre volte, si stava scuocendo, le cose - che si sa, vivono di vita propria - ti raggiungevano.
Chissà cosa hai pensato quando il bracciale dell'orologio ti ha sfiorato, pochi secondi dopo quella tua caduta inspiegabile. Ma la più grande testimonianza di affetto, quella sera, te la regalò il tuo orologio: come un fido cagnolone, visto il proprio padrone oramai senza speranza, rompe gli indugi, e dopo appena 30 minuti si suicida anche lui, e ti raggiunge. Questa sì che fu una testimonianza di amore.
Arrivarono a prenderti: ma non vollero far rumore, e nonostante tu fossi ancora vivo, l'ambulanza arrivò a sirene spente: non sia mai che avesse potuto disturbare qualcuno.
Eri probabilmente già alle Scotte quando mi chiama Andrea e mi chiede: "Hai saputo di David?".
Il tono della voce non lasciava adito a grosse speranze, ma io in cuor mio pregai: "Signore, fa' che l'abbiano arrestato". Pregai il Signore, ben sapendo che né te, né io ci crediamo. Ma non ti avevano portato a Santo Spirito.
E adesso?
Che fai adesso, sei tornato a chiacchierare di filosofia con Maurizio? Hai ritrovato anche Roby? Lui alla chitarra, Mizio al pianoforte o alla batteria, te forse canti. Magari suonate insieme gli Steely Dan, che tu ci facesti conoscere, magari suonate I. G. Y. di Donald Fagen ("what a wonderful world this could be"), però avresti potuto aspettare un po'.
Ci vedrai piccoli piccoli da lassù: ma tra tanti insignificanti nani non ti sarà difficile scorgere due giganti, che avanzano faticosamente in mezzo alla tempesta. Sì David, sono proprio loro: sono Antonella e Luca. E, un po' più in là, e ben più piccolo, forse riconoscerai anche me.
Gli insignificanti nani hanno accettato il tuo chiamare Antonella "Toni", il rovinare la parte superiore delle tue scarpe; hanno accettato il tuo suicidio, quello del bracciale dell'orologio un minuto dopo, e dopo un'altra mezzora il suicidio del tuo orologio.
Loro, i nani, sì; noi no.


Ti vogliamo bene e non ti dimentichiamo



Leonardo Capannoli

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