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giovedì 4 febbraio 2016

Venti di speranza

Il tempo passa e si porta via tutto, modificando le nostre vite e rendendole imprevedibili. Poche cose rimangono immutate: la polvere sulle mensole, la risacca del mare ed il rumore del vento. 


Ci sono venti di passione e venti di cambiamento, venti di speranza e venti minacciosi: a volte portano pioggia, altre volte emozioni inattese. Spesso ci prendono alla sprovvista in mezzo alla strada, rovesciando gli ombrelli e sollevando le gonne delle signore di mezza età. Gelidi d’inverno e roventi d’estati, soffiano freschi nelle piacevoli serate di primavera, trasportando profumi sconosciuti partiti da lontano. Non sappiamo da dove arrivano e ne tanto meno dove vanno: sappiamo solo che quando tira quello giusto, la nostra vita è destinata a cambiare.
Spirava un vento alto sopra a Siena quel 5 di Settembre del ‘99 e le nuvole si rincorrevano nel cielo, oscurando di tanto in tanto la luce del sole, ancora calda e potente. Era la prima partita di campionato e molti erano ancora al mare. Come alcuni miei amici, scappati a Follonica per chiudere il conto con un paio di ragazze di Piombino conosciute per caso alla stazione di Firenze. Io invece avevo deciso di raccogliere i rottami della mia estate, gettarli nel cassonetto e tornare sui gradoni di cemento della curva “Jolly”, che con il passare degli anni era diventata la sola scenografia della domeniche pomeriggio. Gonfio di speranza vidi la Robur superare la Lucchese, nella prima perla di una collana che ci avrebbe portato in serie B. Insieme ad altri “colleghi di settore” uscimmo dallo stadio felici, con la testa leggera e la pancia in subbuglio. Non conoscevamo il sapore della vittoria, ma il solo odore ci mandava in estasi. Il vento cominciava a girare quel giorno, soltanto non lo sapevamo ancora.
Noi eravamo gli ultimi esponenti della generazione “merendina”, nipoti da parte di babbo del boom economico degli anni '50, cresciuti con la speranza di riuscire a vedere il mugnaio del Mulino Bianco conquistare il cuore della sua Clementina. Di tegolino in tegolino eravamo diventanti maggiorenni, con la sciarpa della Robur nell’attaccapanni e un paio di sogni piccoli piccoli nel cassetto del comodino, nascosti fra calze e mutande. A noi, venuti su con troppo vento, quel vento c’era rimasto dentro. 
Al distributore prendevamo ancora la miscela direttamente dalla pompa: al 2% per il Fifty e al 4% per la motosega del nonno. Pagavamo con i soldi del regalo di compleanno e l’unica certezza era il foglio rosa da 50.000 lire che la nonna ci faceva trovare dentro una busta bianca con la scritta “Auguri” in stampatello. Non andavamo mai a trovarla e ignoravamo quanto ci sarebbe mancata, anni dopo. Facevamo finta di essere grandi e rispondevamo male alla mamma, ma al bagno leggevamo ancora Topolino. L’avvento dell’Europa ci stava piano piano distruggendo il futuro, ma la televisione ci raccontava il contrario. Senza chiedercelo ci avevano imposto di cambiare moneta, fregandoci 400 lire per ogni euro e offrendoci in cambio gli sms. La gente era letteralmente impazzita. Tutto scorreva apparentemente tranquillo. 
Al sabato sera andavamo al Tendenza e potevamo fumare sui divanetti, sorseggiando un liquore ambrato che bruciava la gola e scaldava la testa: a distanza di anni ci ricordiamo ancora tutti gli ingressi, ma nemmeno un’uscita. Di nascosto guardavamo la ragazza dei nostri sogni ballare spensierata e incapaci di rivolgerle la parola scappavamo al bar: per noi tacchi alta e gonna corta sono sempre stati pianeti lontani di galassie sconosciute, appartenenti ad un cielo diverso dal nostro. 
Il sole andava e veniva quel giorno di fine estate. Le strisce rossonere della Lucchese s’incrociarono con quelle bianconere, gettando sulla sfida un fascino particolare e stuzzicando la fantasia dei presenti, che anni dopo, affacciandosi a San Siro, avrebbero sorriso increduli. La vittoria francamente arrivò inaspettata, un po’ come tutto il proseguo del campionato. La corsa di Sciaccaluga dopo il goal del raddoppio fu il preludio a quella di tutta la squadra, che nel giro di qualche mese seppe conquistare una città poco abituata a frequentare lo stadio. A poco a poco le avventure della Robur diventarono popolari e si scoprì che la sciarpa del Siena stava bene anche sopra alla giacca elegante. Quell’anno il vento soffiò forte, ma non sembrò mai freddo.

Siena – Lucchese: a volte serve un niente per far divampare un fiammella. Una scintilla, una goccia di benzina, uno sguardo malandrino. E poi basta un colpo di vento per farlo diventare un incendio e trasformare la grigia routine in passione ardente. E quando quel fuoco divampa, non bastano tutti i pompieri del mondo per spengerlo. Tanti anni fa, mentre il Siena giocava con la Lucchese, un ragazzo famoso di nome Enrico Chiesa aveva appena vinto la Coppa Uefa con il Parma. Ciò che successe dopo è storia conosciuta: il vento del destino ci sorrise, le vele si gonfiarono e di fronte a noi si spalancarono le porte del paradiso. E la favola ebbe finalmente il suo strepitoso finale!


Tutti insieme uniti avanzeremo.


Mirko

2 commenti:

  1. http://www.sienasport.it/robur-ponte-e-pianigiani-a-colloquio-in-un-bar-del-centro/

    Ahaha altro che venti d speranza! !!!io sento ma un bel olezzo di dubbia provenienza condito da flatulenze di cui conosco l origine! !!!siamo ma in una bella tegamata/bottino te lo dico io. ...

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