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giovedì 17 dicembre 2015

Vincere e... buon Natale

Giorni che vanno, notti che vengono. Albe nebbiose e tramonti repentini.
La scuola sta per finire, Natale è alle porte, ma fa veramente troppo caldo. 
Che razza di dicembre è mai questo?


All’interno dei negozi del centro le commesse cercano disperatamente di attirare l’attenzione della masse, impegnate nella folle corsa al regalo. In televisione le pubblicità delle auto si alternano a quelle dei cellulari, come se il mondo non avesse bisogno di altro. I pubblicitari ci trattano da imbecilli e noi non facciamo niente per contraddirli. Solo all’interno della casa di riposo la vita sembra scorrere regolare. 
Il timido albero di Natale verde noia sul bancone della reception ostenta un barlume di atmosfera natalizia, ma la sirena dell’ambulanza ricorda a tutti che a qualcuno non rimarrà tempo a sufficienza per godersela. La vita prende, la vita dà. Lo sanno bene le ostetriche della neonatologia, mentre guardano i piccoli arrivati e provano ad immaginare il loro futuro e lo sa bene l’ infermiera della commenda, che accarezzando la testa al vecchio paziente, ascolta in silenzio stralci di vita passata. Attimi eterei, i cui contorni sono stati cancellati dalla fatica del tempo passato, mischiati a momenti nebbiosi, che galleggiano nella mente dell’anziano come una macchia di petrolio sulla superficie del mare. Raccontare la solita storia, alla stessa maniera, alle stesse persone è forse l’ultimo passatempo divertente della vita. 
Nonostante ciò, tutto va come deve andare: tra un po’ gennaio ci seppellirà con il suo carico di malinconia, ma adesso non c’è tempo per la tristezza: è quasi Natale, quindi allegria e tanti auguri! 
La voce familiare alla radio attacca il suo pezzo: nelle strade dei quartieri inglesi a cosa pensano quando vince il City? Già mi chiedo; a cosa potranno mai pensare? Come se me ne fregasse qualcosa. E nelle strade dei quartieri spagnoli a cosa pensano quando vince il Napoli? E a Siena invece, cosa pensano quando “torna il sole dopo intere settimane”? 
Sì perché, cari cuori bianconeri in attesa di baciarvi sotto il vischio, con l’avvento del Carboni il sole sembrerebbe essere tornato a risplendere fiero nel cielo bianconero (e visto che è quasi Natale, una rima non ci sta male. Toh, ne ho fatta un’altra!). Tuttavia prima di abbandonarci per 15 giorni ai piaceri della tavola, mangiare come se non esistesse un domani e bere come tuareg dopo settimane di traversata del deserto, rimane ancora un ultimo - e piuttosto complicato - ostacolo, chiamato Tuttocuoio. 
Adesso sì, caro Cesare Cremonini, che la domanda sarebbe ben posta: nelle strade dei quartieri inglesi a cosa pensano quando gioca il Tuttocuoio? Non lo sappiamo, e purtroppo non lo sa nemmeno il correttore di Word, che infatti continua a segnalarmi tale parola come errore. Sabato prossimo potremo tuttavia chiederlo direttamente ai suoi tifosi, che accorreranno al Franchi (ma si può cambiare questo nome? C’è già lo stadio di Castelnuovo Berardenga che si chiama così, uno basta e avanza) e riempiranno le tribune del settore ospite con i loro vessilli colorati. Ma che colori ha il Tuttocuoio? Beh, la risposta parrebbe scontata, ma non sempre a una domanda banale corrisponde una risposta altrettanto banale. Quindi toglietevi dalla testa di rispondere: color cuoio! In verità, prima dei colori, ci sarebbe un altro nodo da sciogliere: di dov’è il Tuttocuoio? Anche in questo caso, la risposta non è affatto semplice e potremo sparare posti a caso per ore senza indovinarci mai. Potrebbero venirci in aiuto gli amici inglesi di cui sopra, ma purtroppo “all leather” sembra più il nome di una band di heavy metal, quindi niente informazioni. 
E allora? Si rimane col dubbio come in occasione della partita con la Lupa Roma, oppure proviamo ad innalzare il nostro livello culturale e con un bicchiere di conoscenza tentiamo a lenire la nostra sete di sapere? Ci penso io!
La squadra del Tuttocuoio viene dalle parti di Pontedera e Ponsacco e, se tanto mi dà tanto – conoscendo i vicini – non dovrebbe abbondare in simpatia. Il paese di origine è Ponte a Egola: Ponte, come il nostro fumoso presidente (ma non parliamo di Lei) e Egola come il fiume che ci scorre in mezzo. Il comune di residenza è San Miniato e i colori sociali sono il nero ed il verde (come il San Miniato nostrano). I giocatori sono conosciuti in tutta la bassa pisana con il soprannome di nero-verdi (però, che fantasia) o black green per gli amici d’oltre manica. Il simbolo della società – quello giusto, non quello sbagliato postato sull’home page del sito della Robur - è rappresentato da un fantasma di un leprotto che corre sul Ponte del Garbo di Asciano (che poi mi domando, cosa ci farà il Ponte del Garbo in provincia di Pisa) sormontante un pallone gigante di Holly e Benij (giuro è uguale) e un’autostrada a 6 corsie. In basso campeggia la scritta 1957, in ricordo del numero di lepri uccise negli ultimi 20 anni dagli avventori del bar di piazza, che la mattina vanno a caccia e la sera o rompono i coglioni alle mogli o vanno a vedere gli allenamenti della loro squadra del cuore. Allenamenti che si tengono a Ponte a Egola (presidente: non Lei!) mentre le partite ufficiali vengono giocate alla VespaStadium di Pontedera (presidente: no). Tra le curiosità è opportuno ricordare la storica rivalità sportiva e commerciale con il Cuoiopelli, formazione di Santa Croce sull’Arno, ultimamente un po’ in disgrazia. Nello staff tecnico spicca il nome di quel simpaticone di Cristiano Lucarelli alla voce allenatore, quindi un "Livornese pezzo di m…" non guasterebbe, anche se, essendo quasi Natale, potrebbe non essere appropriato.
Con la speranza che per quest’anno si possa fare a meno di vedere gli orribili cappelli da Babbo Natale spiccare in curva, è arrivato il momento di aggiungere una nuova pagina alla sezione "Avversari" del grande libro della Robur e affrontare per la prima volta (credo) il Tuttocuoio. Per entrare meglio nel clima del match si suggerisce di sintonizzare lo stereo dell’auto sulle frequenze di Virgin Radio e indossare vestiti borchiati e anfibi con le fibbie. Per i più nostalgici sarà possibile anche riesumare dalla soffitta il chiodo nero, indossato l’ultima volta ai tempi della prima contestazione al poro Paganini (non è morto? Fa lo stesso!). 
Amici bianconeri, siamo ad uno dei tanti incroci che il destino ci porrà d’innanzi da qui alla fine del campionato. Destra o sinistra? Vincere e inseguire, consci che l’appetito vien mangiando, o rimandare tutto a dopo le feste e al mercato (ipotetico) di riparazione?
Tra le mille domande che affollano la nostra povera testa, provata da un lungo anno di passione, fatto di alti e bassi, nel quale abbiamo faticosamente riconquistato un pezzetto di quello che c’era stato tolto, è giunto il momento di decidere chi vorremo essere. Siamo cigno o brutto anatroccolo? Vincere servirebbe per iniziare a spaccare la classifica, scavando un fossettino tra le prime e le inseguitrici. Vincere vorrebbe dire non perdere di vista l’Ancona, soprattutto in vista della trasferta del dopo befana. Vincere vorrebbe dire passare dei sereni giorni di festa, anche perché anno scorso a Gavorrano si pareggiò e ancora mi girano le scatole. Vincere vorrebbe dire farsi meno domande, perché tutto è più chiaro e il mondo è più bello.

Vincere e… Buon Natale a tutti!


Tutti uniti insieme avanzeremo!


Mirko

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