Il canale youtube di wiatutti!

giovedì 3 dicembre 2015

Storie diverse e destini comuni

La prima volta che ho visto il Rastrello, non me la ricordo. So solo che un bel giorno, a forza di passarci accanto, l’ho notato.
Dovevo essere davvero molto piccolo. Osservavo il mondo con occhi curiosi, protetto da una delicata criniera bionda.



Mia madre mi teneva per mano: aveva dita delicate da ricamatrice e toccandole mi sentivo a casa. Erano tempi diversi: i grandi avevano ancora la forza di parlare e i giovani se ne restavano in silenzio ad ascoltare, in attesa di crescere e prendere la parola. Era una Siena strepitosa quella là. Peccato non ci sia più.
La prima volta che ho visto lo stadio di L'Aquila, era pieno di gente, ma nessuno aveva voglia di giocare a calcio. Era una fresca mattina di aprile e le persone se ne stavano in silenzio a fissare i veicoli dei soccorsi andare e venire. Il campo da gioco era coperto di tende, sembrava un campeggio; soltanto un po’ più triste. La frustrante attesa e la triste disperazione lo rendevano più simile ad un campo profughi. Se un giovane Bob Dylan si fosse trovato a passare da quelle parti, durante i lunghi giorni successivi alla furia sismica, si sarebbe fermato a guardare i cumuli di macerie addossate sotto il fazzoletto di cielo incastrato tra le vette delle montagne e, inforcando la chitarra, avrebbe riscritto “Knockin' on Heaven's Door”. Mama... L'Aquila è un errore di concetto. È un nome proprio preceduto da un articolo. E quell'articolo, eliso dall'apostrofo, determina una strana trasformazione e la città, da punto geografico diventa esclamazione: L'aquila! Fosse per me, si scriverebbe sempre col punto esclamativo. L'Aquila dei giorni nostri è un graffio sulla faccia della terra. Una ferita che stenta a rimarginarsi e secerne tristezza. Ma nessuno ne parla più. Il dolore fa notizia, ma stanca molto velocemente. Dicono che la città prima del terremoto sia stato un luogo meraviglioso. L’ho vista, confermo. Peccato non ci sia più.
Siena è un sibilo sussurrato. Un soffio nervoso che nasce nelle vie del centro e sfocia nelle campagne circostanti. Anche Siena è malata: corrosa da un invisibile cancro che scavando in profondità ha cancellato in pochi anni centinaia di secoli di storia fulgida. A differenza di L’Aquila, il male di Siena nasce da dentro. Ma anche in questo caso, nessuno ne parla più.
Se Siena e L’Aquila si dovessero incontrare, non so proprio cosa si potrebbero dire. Si saluterebbero come due perfette sconosciute, dandosi la mano e guardandosi negli occhi. E, dopo qualche momento d’imbarazzo, si ritroverebbero a parlare del tempo andato, di San Bernardino e di quanto manca “quello che non c’è più”. Forse si scoprirebbero più vicine di quanto si possa immaginare: in fondo “mal comune è mezzo gaudio”. E al secondo bicchiere di vino, sorriderebbero amare di fronte alla stupidità e all’ingordigia dell’uomo. Siena e L’aquila sono due città distanti e lontane, che hanno poco in comune; ad eccezione di un triste destino.
Calcisticamente non si sono mai affrontate, perlomeno in tempi recenti. Di squadre abruzzesi ne ricordo tante: Teramo, Pescara, Chieti, Castel di Sangro; ma l’Aquila proprio no. Personalmente ignoravo anche quali fossero i colori sociali. Dice che le due squadre in passato si siano incontrate un paio di volte: la prima del 1936 e la seconda nel 1982. Niente da fare, per diversi motivi non me lo posso proprio ricordare… Anche perchè, la prima non c’ero e la seconda, se c’ero, dormivo (e non è solo un modo di dire). 
Dopo una settimana turbolenta, nella quale i discorsi hanno prevalso su tutto, ci ritroviamo di fronte all’ennesimo bivio di questa stagione, con un volto nuovo in panchina e tanta incertezza sul futuro. Giocheremo di venerdì sera: esattamente come quel nefasto 30 maggio di un anno e mezzo fa: l’ultima in serie B, l’ultima da AC SIENA. Il tempo passa rapidamente e le situazioni cambiano, così come cambiano le persone. Le dinamiche della vita ci portano ad essere sempre più “incasinati” e non ci rimane mai un secondo di tempo per fermarci a riflettere e ricordare. Se ripensiamo a quella calda sera di primavera del 2014, ci sembrerà passata un secolo; ma in realtà è soltanto ieri.

Siena - L’Aquila: per provare a cercare il nostro posto nel mondo. 

Tutti uniti insieme avanzeremo.


Mirko

5 commenti:

  1. PURTROPPO,a legare le due città,vi è anche una telefonata in diretta a Porta a Porta da parte di Peppe n'duja,(che il Signore lo chiami a sé prima del Santo Natale)al tempo ancora in salsa swingingSiena,che prometteva,ad un Brunozzo Vespa in brodo di giuggiole,l'intervento del Mps per il restauro della Basilica di S.Bernardino.
    Immagino in Abruzzo stiano ancora aspettando.

    Cuorenero.

    RispondiElimina
  2. Mentre scrivevo di San Bernanrdino mi sono chiesto la stessa cosa...
    Mirko

    RispondiElimina
  3. Caro Cuore, sull'Aquila ci si sono fatti belli in tanti a quel tempo; non ultimo l'allora Presidente del Consiglio... mi sa che all'Aquila stiano ancora aspettando parecchia gente che arrivi a mantenere quanto promesso.
    Nel frattempo... chi ha dato ha dato chi ha preso ha preso. La triste verità è che l'AQUILA l'hanno presa per il culo tutti... italiani compresi (eccezione i coraggiosi volontari che sono accorsi ad aiutarli nel post terremoto)

    RispondiElimina
  4. ad ogni modo,un augurio a citta' e cittadini aquilani perche' ritorni la normalita'! ho lavorato un anno e mezzo in Abruzzo e ricordo benissimo la bellezza di quei posti e di quella gente

    bozzon bridge

    RispondiElimina
  5. Mirko, scusa se ti facci i complimenti, ma hai scritto delle cose veramente belle e toccanti. Grazie Concittadino

    RispondiElimina