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martedì 8 dicembre 2015

C'è una strana percezione nei tuoi occhi

Da wikipedia: "La percezione è il processo psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali in forme dotate di significato".
Correva l’anno 1965 e Shel Shapiro aveva i capelli lunghi. La sua voce era anche quella dei Rokes che cantavano un pezzo destinato a diventare un evergreen: "C’è una strana espressione nei tuoi occhi". Era il racconto di una sensazione forte, torbida, che faceva correre un brivido lungo la schiena di un giovane che stava probabilmente per essere lasciato dalla sua bella. Dunque una percezione, destinata a diventare o una certezza, oppure a non concretizzarsi. 
A me interessa solo la prima, quella percezione che si realizza, precisa e inaspettata per quanto covata, davanti agli occhi. 
Sono due anni che ho la percezione che il Siena sia diverso ai nostri occhi rispetto a quello che è diventato agli occhi degli altri. Poi, negli ultimi giorni ho avuto due conferme sul fatto che la mia percezione fosse una realtà: le maglie lanciate dai giocatori dell’Arezzo ai tifosi al seguito dopo uno squallido pareggio a Siena, le scene di straordinario giubilo precedute da 20 minuti di squallide e antisportive simulazioni dei campioncini del Teramo alla fine di una vittoria sulla Robur. A noi, che della Robur credevamo di sapere tutto, mancavano le valutazioni esterne, quelle che noi non potevamo avere, sapere, conoscere a fondo. Al secondo campionato in una delle serie che speravamo aver dimenticato mi sono accorto di quanto - passatemi il termine di marketing - il brand AC Siena (se il penultimo ma abbastanza osteggiato presidente ci ridarà mai il marchio) abbia ancora un enorme fascino. 
Quattordici anni, tanti sono passati dalla prima serie B e da "Microchip emozionale" dei Subsonica - forse bisognerebbe installarlo sotto cute ai Senesi politicamente corretti - all’ultima disgraziata avventura in B. Quattordici anni dimenticati dai vertici della città, accantonati e fatti sparire ad arte dai nostri detrattori interni, spazzati via da chi il Siena ha sempre osteggiato e disprezzato. 
Ma tutto questo non ha minimamente cancellato quello che siamo stati. E che continuiamo ad essere. Agli occhi dei giocatori nostri, agli occhi degli avversari, agli occhi delle altre tifoserie, agli occhi dei giornalisti, agli occhi dell’intero movimento calcistico. Quattordici anni che hanno portato anche quest’anno un record di 3500 abbonati. Quattordici anni che sono un monito per chi ha avuto la volontà di prendere il Siena: Antonio Ponte. Per chi indossa la maglia di Manninger, Tudor, Flo, del campione del mondo Candela, per chi solcherà lo stesso campo in cui ha giocato in campionato il Milan quando era campione del mondo dello sport più seguito dagli esseri umani. Un dovere per chi ha un minimo di memoria e di cervello: alzare l’asticella, sempre. Un dovere verso una città che ha vissuto anche di calcio, anche se chi la guida fa finta di niente. Un dovere per chi la sostiene a chiedere di più, a non accontentarsi di quello che c’è, ma chiedere e ottenere sempre di più. 
La percezione va sostenuta, avallata, creata.


Frigidaire

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