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venerdì 28 agosto 2015

LA FOLOSA COMMEDIA. Inferno, Canto XII. I violenti

"Canto XII, ove tratta del discendimento nel settimo cerchio d’inferno, e de le pene di quelli che fecero forza in persona de’ tiranni del PD (scusa), e qui tratta di Minotauro e del fiume del sangue, e come per il centauro Bastianesso furono scorti e guidati sicuri oltre il fiume".

(Anonimo commentatore dantesco del XIV° secolo)


Il punto in cui Lapo ed io passiamo dal VI al VII cerchio era impervio, ma impervio parecchio, peggio della Strada delle Grotte dopo una frana. Sull'estremità superiore di questa rovina si trovava il Minotauro, il quale, quando ci vide, si morse dalla rabbia, quasi con piacere. Lapo si rivolse all'orrenda bestia: "Stai tranquillino. Be quiet, don't worry. Noi non siamo del Codacons, non ci manda nemmeno la Boldranna, siamo qui come turisti. Turisti fai da noi, no infernotour".
Il Minotauro se ne andò salterellando all'impazzata come un triplista. Bria'o. "O dove va?", chiesi io. Lapo mi guardò come un cefalo incazzato e mi rispose: "Che te frega? Sarà andato a vedere la manifestazione di Gracilino da Trapani".

Approffitammo allora dell'assenza del Minotauro e scalammo le rocce.
Intuendo che mi stessi ponendo delle domande sull'origine della ruina dove era a guardia il Minotauro, Lapo mi spiegò: "Quando sono morto, 'sta roba non c'era. Ma dopo che il Cristo fu risolto prendendo dal Limbo le anime dei Patriarchi biblici, qui è venuto un forte terremoto, peggio di quello in un istituto di credito vostrano quando scoprirono l'acqua calda; e venne fuori tutto questo. Ma look avanti a you, c'è il fiume red, per via del sangue dei violenti".
Obbedii e ci trovammo in un'ampia fossa a semicerchio, dove scorreva un fiume rosso sangue, bollente: l' Arbiatonte. Tra la parete del cerchio ed il fiume, correvano dei centauri armati di arco, frecce e piatti pieni di intingoli. Quando ci videro si fermarono e tre di loro si staccarono con fare minaccioso. Uno di loro ci gridò da lontano: "Quale peccato avete fatto? Ditecelo, dimmeglielo, dacitelo. Insomma, parlate. Se no vi si tira una frecciata o un piatto di pasta fredda". Lapo mi disse che quello era Bastianesso, il capo era Acetone e poi c'era il più violento di tutti, Velenoso. 

Lapo spiegò loro di non essere nè ladro, nè malfattore, ma che si trovava lì per farmi vedere l'inferno, per volere divino. Chiese ad Acetone di ordinare ad uno dei suoi compari di portarmi in groppa per farmi passare l'Arbiatonte, visto che ero vivo. Acetone incaricò Bastianesso, che digrumava allegramente una piattata di tortellini.
Attraversando l' Arbiatonte, Bastianesso mi indicò la presenza di dannati immersi nel sangue fino alle ciglia: erano i tiranni. Uno sembrava il Guicciardesco, un altro Scaramello, un altro ancora Bezzino; ma si vedevano male e non ci feci caso più di tanto.

Al che il centauro mi intimò: "Chiedi scusa, chè questa gente ci comanda da mane a sera".
"Scusascusascusa".
Arrivati all'altra sponda, Bastianesso ritornò poi da dove era venuto, tirò fuori un fiasco di bianco e noi continuammo il nostro cammino.

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