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sabato 27 febbraio 2016

Corsa, ragazze e Spal

E così anche questo inverno sta finendo. Ma prima di girare la pagina del calendario dedicata a febbraio e concentrarsi su marzo, c’è da aspettare ancora un po’: il 2016 è infatti anno bisestile, quindi durerà ben 366 giorni. 



Mentre il mio subconscio addormentato rimugina sull’utilità di avere un anno con un giorno in più, il gatto decide di porre fine al mio sonno. Dopo qualche attimo di smarrimento, la musica della radiosveglia mi avverte che sono arrivate le 7 e riempie la stanza scacciando il silenzio. Non ho un gatto, ho una sveglia pelosa che al posto di "drinnnn" fa "miao". Fatico a riconoscere la canzone mentre tento di alzarmi dal letto. Un passo alla volta provo a mettere un po’ di distanza tra il mio disperato bisogno di endorfine da corsa ed il materasso ancora caldo. Stiracchiandomi ho l’impressione di aver già sentito l’aria della canzone, anche se non riconosco le parole. Poi capisco: a Sanremo hanno vinto gli Stadio. Seppur a fatica, esco di casa. 
Il messaggio “No pubblicità grazie” affisso vicino alle cassette della posta rapisce per un secondo la mia attenzione, mentre la vicina controlla il piazzale scostando le tende del salotto. Il cielo non promette nulla di buono e in assenza del sole, anche la mia ombra ha deciso di rimanere sotto le coperte. Infilo le cuffiette del telefono e tiro su il cappuccio del giacchetto, decidendomi finalmente a muovere i primi passi nell’ambiente umido. La musica sparata nelle orecchie arriva immediatamente al cervello. Sposto la suoneria del telefono su off e avvio il cronometro. Non voglio rotture di scatole, almeno per un po’. Mentre corro "Stand by Me" degli Oasis mi tiene compagnia. 
Domenica arriverà la Spal. Brutta storia: loro sono lanciatissimi in classifica mentre i nostri beniamini vengono da una serie di schiaffi “romagnoli”. Francamente non so se sia un male trovare i primi della classe dopo due scialbe sconfitte. Almeno stavolta gli stimoli non mancheranno. 
La strada comincia a salire e il cuore compensa lo sforzo aumentando i battiti. Le gambe fanno male. Inizia a piovere quando sono già troppo lontano da casa per tornare indietro senza bagnarmi, quindi decido di procedere. Lungo il mio percorso incrocio un altro podistadipendente in crisi d’astinenza e dalla coda di cavallo che oscilla dietro alla testa capisco che è una lei. Ringrazio la buona sorte che stia procedendo in direzione contraria alla mia, altrimenti – od occhio e croce – sarebbe stato difficile starle dietro. Nel momento in cui le nostre traiettorie si sfiorano, alza una mano, sorride e dice ciao. Ricambio il saluto e mi giro a guardarla sparire. Indossa una felpa della Robur degli anni buoni, quelle con i gemelli della Robe di Kappa in bella mostra e la scritta AC SIENA sul petto. Mi rabbuio e rischio di rovinarmi la giornata. 
Occorre un pensiero felice, subito! Per fortuna il cervello arriva veloce in mio soccorso e ne costruisce uno. All’inizio non capisco bene a cosa sto pensando, ma le labbra di schiudono lo stesso in un sorriso, che a causa dello sforzo diventa un ghigno: sembro un Joker di Batman vestito da corsa. Il paragone scaccia definitivamente il malumore e comincio a riflettere intensamente sul difficile rapporto tra donne e calcio. In pochi istanti il sorriso si trasforma in risata. 
Ci sono due cose che possono minare il precario rapporto tra due fidanzati: la regola del fuorigioco e cos’è la Spal. Per quanto riguarda il primo punto, dopo inutili tentativi andati a vuoto, anni fa decisi di interessarmi soltanto a donne già istruite. Non mi importava più se fossero brutte, belle, ricche o magre. Primo requisito: dovevano conoscere cos’è un fuorigioco. Per la Spal invece, il discorso si complicava un tantino: quante volte abbiamo visto la nostra compagna (fissa o occasionale), assorta sotto l’ombrellone, con la settimana enigmistica in mano e la matita gialla e nera in bocca, provare a fare il cruciverba del Ghilardi e arenarsi di fronte alla 7 verticale: "Squadra di calcio di Ferrara", 4 lettere e l’ultima è una L? No, in quel caso non c’erano gli estremi per troncare subito il rapporto, anche perché le parole crociate erano roba da primo giorno di vacanza, quindi passato quello, il più era fatto. 
Sì, il rapporto tra donne e calcio è molto difficile e purtroppo ho dovuto capirlo già da piccolo. Tanti anni fa, mentre guardavo ad una partita della nazionale nella tv del nonno, una vecchia zia mi chiese: "Perché tanti giovanotti così, giocano con un pallone solo?". E crescendo, le cose non sono certo migliorate e tra goal da fuori area che valevano 2 (come nel basket) e Michael Owen contemporaneamente stella del Liverpool e cantante dei Take That, troppe scemenze hanno violentato i miei poveri orecchi. Addirittura, qualche anno fa, la citta di un mio compagno di squadra, durante la finalissima di uno dei tornei di calcetto più sentito della provincia, vide bene di esultare al goal degli avversari. Poverina, non s’era resa conto che dopo l’intervallo avevamo cambiato campo... La coppia giustamente scoppiò pochi minuti dopo il triplice fischio dell’arbitro tra gli applausi di noi maschietti: con quei presupposti, il rapporto era nato morto. 
E le mamme dietro ai bambini la domenica mattina, non sono forse uno dei pericoli più gravi che un ragazzo può incontrare durante la sua adolescenza? Se fosse per me, fuori dal cancello dei campi sportivi ci sarebbe un bel cartello grande così (non potete vedere quanto, ma immaginatelo) con scritto: “Vietato l’ingresso alle mamme”. E con caratteri molto più piccoli “La domenica mattina fate il sugo, che al calcio ci pensa il babbo (sì, boni anche quelli...)”. Le mamme in tribuna sono decisamente intollerabili. La mia, nonostante siano 32 anni che provo a giocare a calcio, avrà visto – fra sì e no – un tempo delle mie partite. Adesso che sono genitore anch’io, capisco perché...
Forte delle mie nuove certezze, raggiungo casa soddisfatto; fradicio ma contento. Sulla porta del garage incrocio mia figlia che mi fa: "Domani mio fratello gioca in casa, io vengo con te a vederlo. E viene anche mamma". La guardo perplesso: e adesso che glielo dice (che deve stare a casa)?

Siena – Spal: orgoglio e determinazione. Fino alla fine! Tanti anni fa, alla fine della nostra cavalcata trionfale di serie C, loro vennero a Siena a vendersi cara la pelle, costringendoci al pareggio. Senza fare sconti, è il momento di contraccambiare e fargli sputare sangue!

Tutti insieme uniti avanzeremo. 



Mirko

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