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domenica 17 ottobre 2021

La domenica di Franco. Stage door


"Stage Door" è un pezzo formidabile. No, non lo dico io. Lo dice direttamente Franco Battiato.


Poche volte come nel caso della canzone in questione Battiato si è esposto in modo così netto. "Stage Door" gli è sempre piaciuta molto e spesso non lo ha mandato a dire: strano, per uno che quasi mai ha mirato ad incensare i propri componimenti.

Noi dobbiamo dare ragione a Franco. "Stage Door" è canzone violentissima, dura. Che travolge all'ascolto, lasciando quasi senza fiato. Ed è splendido pensare che un tale capolavoro risulti ad oggi misconosciuto, anche solo per il fatto che la sua prima pubblicazione appare come canzone di accompagnamento al singolo "Shock in my town", presentata in versione demo. Nel corso degli anni, il brano è stato continuamente rielaborato, tagliato, ingentilito. Ad esempio, una cosiddetta "Stage Door 2" divenne il b-side del singolo "Il ballo del potere", meno caratterizzata dal suono delle chitarre acide e con maggiore accompagnamento del noto letto di dolci tastiere, ma soprattutto senza la parte di testo centrale che per noi caratterizza fortemente il brano. Fino ad arrivare alla versione molto "edulcorata" e più intimista ripresentata in "Inneres auge" del 2009, nella quale riappare la parte di testo centrale, ma con una strofa in meno.

Ma noi siamo mostruosamente rapiti dalla primissima versione, che riteniamo verace e quasi bestiale. Sarà perchè la musica è molto rarefatta (cit.), giocata su un semplice arpeggio di organo, fino all'esplosione vocale e musicale della parte centrale, con una tempesta di synth e di cantato/parlato che pare non avere mai fine. Si è discusso sul perchè Battiato abbia come ritrattato la prima versione, per tentare di nascondere i passaggi più ficcanti del testo. Probabilmente, come in altri casi ("Magic shop" ad esempio), qualche parola è sembrata fuori posto, in quanto troppo aggressiva. Ma secondo noi questa è l'essenza di "Stage Door", una canzone che parla del male di vivere, dello sproloquio che tenta l'uomo in fase di disperazione, dello sfogo umano verso il quale  la sofferenza ci conduce.

La canzone si può dividere in quattro fasi: l'autoconsiderazione esistenziale in forma di compiacimento, la disperazione, l'invettiva/sfogo, la speranza. Ed insieme alla speranza, l'ipotesi di riavvio del viaggio, come spesso in Battiato capita.

"Stage Door" la ascoltai la prima volta per caso, a fine anni '90. Mi ricordo che lì per lì non capii neppure se fosse cantata da Battiato, visto la sua decontestualizzazione dagli album. Ebbene, vi invito ad ascoltarla e poi ditemi se, come successe a me, non sentite un brivido lungo la schiena alla frase: "Sapessi che dolore l'esistenza, che vede nero dove nero non ce n'è".


Mi sembra di viaggiare
in zone rarefatte del pensiero,
dove si affina la mia disposizione a vivere
che si inebria di stili e discipline.
In un insieme irridente di parche voglie,
celebro il mio vanto i miei sensi la mia unicità.
Furono giorni di stanchezza assurda e depressiva,
di una totale mancanza di lucidità.
Quando ti chiedi in qualche letto sconosciuto,
che cosa hai fatto e perché vivi in tanta estraneità.
Sapessi che dolore l'esistenza
che vede nero dove nero non ce n'è.
Il fatto è che non posso più tornare indietro
che non riesco a vivere con te né senza di te,
credimi.
Perché noi siamo liberi di fare quello che vogliamo,
di uccidere, stuprare e rapinare
e vomitare critiche insensate,
parlare e dire solo sempre inutili cazzate,
per un bisogno quotidiano di tensione
in questo sfoggio naturale di pazzia.
Ci si può difendere restando in modo dell'indifferenza
contro questa crescita esponenziale di follia e di violenza,
o ritornare indietro all'antica pazienza
o ritornare indietro...
Ma io vorrei essere un'aquila vedere il piano del mondo
che inclina verso di noi e le leggi che si inchinano
lanciarmi a inseguire il tuo deserto
e i saperi solenni e le porte dorate cominciare di nuovo il viaggio.

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