Era l’inizio dell’estate, credo fosse il 1986. Ero un adolescente abbastanza inquieto. C’era curiosità nel quartiere. Dopo tanto tanto tempo, Ilio aveva ceduto l’attività e il Paris Bar aveva chiuso.
Così mi venne naturale, già durante i lavori, andare a curiosare e a conoscere i nuovi proprietari di quello che negli anni a seguire, sarebbe stato il centro e il punto di ritrovo dei nostri pigri e lunghissimi pomeriggi estivi da adolescenti.
Ve lo confesso, è stato subito amore. E’ li che ci ritrovavamo per rispondere alle lettere spedite al giornale, dopo ogni pubblicazione che riguardava i nostri schiamazzi notturni sul murellino di fronte alla macelleria; è li che la mattina commentavamo l’incursione della DIGOS a sirene spiegate, avvenute la sera prima; è li che si andava a rinfrescarsi dopo essere stati un pomeriggio a giocare abusivamente nella polvere del campino di San Prospero. Ed è anche lì che nascevano i commenti più assurdi, a volte irripetibili, nei confronti delle studentesse della residenza universitaria e si consumavano i primi amori giovanili della nostra generazione. Va detto che eravamo ospiti, nemmeno troppo educati, nella nostra esuberanza.
Sono venuto via da San Prospero nel settembre del 1990 e da allora ogni volta che sono rientrato al bar è stato come un ritorno a casa. Se mi giravano i coglioni o ero triste, sapevo con certezza che andare, sparare due cazzate, fare sempre la solita ordinazione, da trent’anni (4 o 6 crostini neri, un panino al prosciutto di Claudia Schiffer e un’acqua col rutto), avrebbe portato enormi benefici al mio umore. Ogni volta, dico ogni volta, hai sempre accolto la cosa di buon grado, col sorriso, con una pazienza e una benevolenza, che raramente ho trovato altrove. Ogni volta mi sono divertito a cercare di strapparti un sorriso, che hai sempre elargito con estrema generosità.
Eri un bambino quando sei arrivato, un adolescente quando hai cominciato a dare una mano nell’impresa di famiglia, un giovane uomo quando ti sei messo in prima linea. Mi hai fatto compagnia, tu e la tua splendida famiglia, per oltre trent’anni.
Questo anno orribile ha deciso di portarsi via anche te e purtroppo so che non sarà più la stessa cosa varcare la soglia del Bar Silvana. So con certezza che non avrò più voglia di sparare qualche fesseria a favore dei presenti, so che avrò difficoltà ad incrociare lo sguardo di chi rimane, senza imbarazzarmi e commuovermi. Ho la certezza che l’ultimo labile pezzo di adolescenza se ne viene via con te.
Ti voglio bene Giacomino, ci mancherai tantissimo.
Meritavi anche tu un rocker, a cantare le vicende del tuo bar, ma stanne certo che il Bar Silvana batte il Bar Mario 10 a 0.
Luigi Scibona
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