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sabato 5 ottobre 2019

Il decoro della maglia

E ci risiamo. Ci risiamo con quel tipo di visibilità che non vorremmo mai avere. Ci risiamo con una sovraesposizione che tanto poco ci interessa.

C'era una volta il Siena, che andava in tv per i successi sportivi, per le imprese sul rettangolo di giuoco, per le vittorie contro le grandi squadre. E perché no... per l'esuberanza di un Presidente, che ben sapeva di potersi permettere di spingere sull'acceleratore nell'autovettura della comunicazione non ortodossa. Per personalità, strategia e soprattutto risultati conseguiti.
E poi c'era una volta un altro Siena, quello della vergogna nazionale, del fallimento, dei bugiardi e di tutta la corte che aiutò i mariuoli a farla franca. Quello per cui andare alla berlina davanti ad una platea vastissima ci procurava dolore e fastidio.
Oggi invece c'è un Siena in cui pare che andare allo sbaraglio da Chiambretti, oppure finire nella classifica dei mostri di Striscia, ovvero auto-rappresentarsi come Cetto La Qualunque sia la cosa più normale del mondo. Nel silenzio totale della tifoseria, nella gigiona accondiscendenza di certa stampa amicaperforza, nel menefreghismo anche dei tifosi più storici, pare ormai che, davanti ad un microfono, le alte sfere societarie possano dire e fare di tutto.
Tutto giusto, tutto bello, per carità. W la spontaneità. W il parlar libero. W l'informalità.
Però qui c'è un problemino. Ed il problemino è doppio. Prima di tutto, chi si presenta a comunicare lo fa non per se stesso, ma per una società di professionisti, che, come in qualunque luogo di lavoro, devono tenere un contegno adeguato al ruolo, per rispetto proprio e di chi si rappresenti. E poi - roba che ci preme parecchio, anche se ci accorgiamo di essere rimasta l'unica voce fra la tifoseria che sostiene questa tesi - chi veste il bianconero del Siena veste il bianconero di Siena, della balzana, di una vasta comunità di persone.
Sia chiaro, qui non si sta parlando della sostanza dei discorsi (l'intervista di Dal Canto post Pistoiese ad esempio la reputo stai positiva, seppur tardiva), ma di forma. Sì, perché non si può dire "cazzo" cento volte di seguito. Non si può. Come non si può dire "brucia", non si può dire "cazzo". E ve lo dice uno che cazzo lo dice e lo scrive anche qui sopra parecchio; ma lo fa in rappresentanza di se stesso (e non di altri) e nei momenti di svago.
E' strana 'sta cosa che sta succedendo nei primi mesi di questa annata calcistica, che ha poco capo e coda anche a partire dalle basi comunicative.
E comunque - e poi mi taccio - è vera anche un'altra realtà. Che probabilmente sono io che la faccio troppo drammatica, che mi creo un problema dove probabilmente non c'è, visto che il resto dell'ambiente su questo versante non solo tace, ma acconsente.
Invecchio. Male.
Ma datemi una soddisfazione, uomini in bianconero, in modo da tacitarmi definitivamente: vincete ad Albinoleffe e non se ne parli più.

1 commento:

  1. Concordo su tutto il fronte signor Almu. Sebbene sdoganato molti anni fa in radio da qualcuno che non ricordo (e non conoscendola non so neppure dirle se lei era nato oppure no) sentire una parola si e una no quel " ciazetadueo" non è per niente bello perché quando sono davanti a quei microfoni, dovrebbero davvero ricordarsi che sono li a rappresentare Siena. E quel turpiloquio continuo,neanche si stesse leggendo un libro di P.P. Pasolini, non ci rende certo onore.
    Albinoleffe poi sarà un'altra storia.

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