La ragazza dagli occhi neri si acciambellò vicino al bracciolo del divano, ripiegando le gambe sotto al sedere, in quella strana posizione che soltanto le donne sanno assumere. Nessuno aveva deciso che quel posto fosse il suo: semplicemente se lo era preso, proprio come aveva fatto con il cuore del suo compagno prima e con tutta la sua vita poi. Fagocitando anche tutto il resto. Guardandosi intorno, persa in quell’appartamento che ancora stentava a definire "casa sua", ripensò alla prima volta in cui vi aveva messo piede e allo stupore che le aveva provocato la totale assenza di foto. "Le foto sono soltanto dei pezzetti di un passato che ritorna, anche quando sarebbe meglio rimanesse dov’è", aveva sentenziato lui, il ragazzo che adesso stava tentando di collegare un pc al grosso televisore appoggiato sul mobile bianco dell’Ikea, acquistato qualche vita fa, magari durante una domenica simile a questa, magari con un'altra donna, magari con un altro domani. "Le foto sono importanti invece, ed il passato non deve far paura a nessuno, tanto è passato", aveva replicato testarda lei, prima di chiudersi in un finto broncio. Si erano trovati mentre stavano entrambi scappando. "Tutti scappano da qualcosa", aveva detto lui. "E c’è due modi per farlo: o sei Pantani e scappi da solo sul Mortirolo, arrivi in cima e vinci, col rischio però di andare in crisi, perderti e non ritrovarti più; oppure decidi di farlo in due, immergendoti completamente nel caldo conforto dell’altro". E così avevano deciso di provare a frequentarsi, perché in due forse il futuro faceva meno pura.
Tornando al presente, proprio mentre il ragazzo terminava il suo noioso lavoro, la ragazza decise che quella stanza avrebbe avuto bisogno di foto e senza farsi vedere ne scattò un paio con il cellulare, una a lei stessa mentre faceva la linguaccia e una a lui, mentre attendeva di veder comparire sul televisore la stessa immagine dello schermo del computer. "Cosa guardiamo?", gli chiese. "Su Sky ci sono un paio di film che non ho mai visto". "La Robur", le rispose lui, regolando con il telecomando il volume dell’apparecchio. "Calcio, quindi", replico la giovane un po’ delusa. "Sei proprio un uomo! Uguale a tutti quelli che conosco. Come mio padre, come mio fratello, come il mio ex. Almeno loro però, tifavano per una squadre vera. Tu con la tua Robur ti precludi anche la speranza di poter vincere un giorno qualcosa! Ma non eravate falliti?". Sorridendo, il ragazzo chiese: "Mi ricordi il motivo per il quale sei seduta nel mio divano, dentro la mia casa? Non mi pare di aver mai voluto né una coinquilina, né tantomeno una colf". Prima di tornare serio. "Fai una cosa vai, vieni qui vicino e portami bene, che abbiamo tanto bisogno di fortuna; tutti quanti". "Anche noi ne avremo", rifletté lei, pensando al lungo inverno che li aspettava, nel quale il bello dell’inizio presto sarebbe affogato nella routine di tutti i giorni e i fardelli delle loro vite passate sarebbero tornati a bussare a quella porta che adesso pareva proteggerli dal mondo. Presto il caviale dei primi giorni diventa lompo, le ricordava una vecchia collega di lavoro, e la passione sfuma. Sta a noi riuscire a trasformarla in qualcosa che duri per sempre come il diamante. "Sono sempre stata brava a portare bene agli altri, sai? E se fai il bravo con me, io farò in modo di far vincere la tua squadretta".
Sul televisore presero a scorrere le immagini di uno stadio vuoto e di un campo verde. "Scusa, ma qual è il Siena?", chiese ad un tratto lei, osservando i giocatori. "Quello blu", rispose il giovane. "Ma non è blu quello", controbatté lei. "E gli altri invece, perché sembrano la Juve?". "Perché sono la Juve", replicò lui con pazienza il ragazzo. "O meglio, sono la brutta copia della Juve, quella B". "Ah...", chiuse l’argomento lei, incerta se proseguire o perdersi dentro una chat del suo telefono. "A me non piace quel colore, comunque! Meglio il bianco e nero. Quasi quasi faccio per la Juve oggi". "Non scherzare con me biondina", rispose lui, cercando di mascherare un sorriso dietro una faccia severa. "Non sono biondina", civettò la giovane, arricciandosi maliziosamente una ciocca di capelli scuri intorno ad un dito. "Comunque lo vuoi vedere quanto porto bene o no?". Silenzio, interrotto soltanto dal rumore della lavastoviglie di cucina che stava lentamente finendo il suo ciclo. "Non ci credi? Oh guarda, adesso segnate, sì sì"... Colpo di testa, Siena in vantaggio! "Visto?", chiese lei, mostrandogli la lingua. "Sì, capirai ora è merito tuo e non colpa di quel mostro della Juve che ha passato il pallone indietro". "Non ci credi ancora? Oh stai a vedere e tra un po’ ne fate anche un altro". Contropiede, diagonale e raddoppio: 2 - 0. "Hai visto stronzetto? Ci credi adesso?". Incredulo, il ragazzo le diede un pizzicotto sul bacino, nel punto in cui il fianco diventa coscia: "Sei una strega". "No", obiettò lei. "Le streghe sono brutte e cattive, io invece sono una magica fatina". E scimmiottando una voce da bambina replicò: "E se non mi farai arrabbiare sarò la fatina della Robur". Silenzio. Era strano quando il silenzio cadeva fra di loro, visto che trovano sempre il modo per riempirlo con un oceano di parole. "Visto che il tuo Siena vince, perché non usciamo a fare due passi?". "Sieee diamine, ho comprato la partita, oramai la guardo tutta". "Stai attento, se non mi porti fuori, io faccio vincere la Juve! È una minaccia". "Non lo dire nemmeno per scherzo. E poi scusa, cosa c’è di meglio di un pomeriggio di ‘divaninig’: adesso ci guardiamo vincere il Siena e poi dopo magari si guarda anche il derby di Roma". Silenzio. La ragazza lo guardò in tralice: "Ok, l’hai voluto tu. E non prendertela con me". Pochi minuti di noia e goal della Juve: vantaggio dimezzato. Il ragazzo osservò perplesso la sua compagna, che iniziò a piagnucolare. "Mi porti fuori? Mi porti fuori? Mi porti fuori? Mi porti fuori?". "No, brutta stregaccia", rispose lui, alzando il volume del televisore fino a livelli poco sopportabili. "Ok, se vuoi la guerra... ", concluse la ragazza, lasciando volutamente le sue ultime parole sospese nell’aria, che improvvisamente si era fatta tesa. Occasione Juve, miracolo del portiere. "Occhio che questi vi fanno goal". Tiro, pareggio, 2 - 2 al 90°; oltre al danno la beffa. Sorniona, la ragazza lo guardò: "Sei sempre in tempo! Mi porti fuori allora o no?". Senza badare alla domanda, a metà fra lo sconcertato ed il deluso, il ragazzo sibilò: "Hai 4 minuti per rimediare a questo casino che hai fatto". Per poi rivolgersi al televisore: "Ma come si fa prendere goal all’ultimo minuto". "Giura che adesso usciamo o vi faccio perdere davvero", si assicurò la ragazza. "Ovvia giù, facci segnare e si esce". Contenta di quella vittoria effimera che soltanto le cose futili sanno concedere, fece per alzarsi dal divano, non prima di sentenziare: "Affare fatto, io vado a prepararmi e voi vincete questa partita! Tanto non è mai troppo tardi". E guardando lo schermo, sorrise mentre l’arbitro indicava il dischetto del rigore, tra le urla becere del suo nuovo ragazzo...
JU23 – Robur Siena 2 - 3: almeno adesso abbiamo capito cosa significa il 23. Non era un numero: era il risultato finale della partita! Detto questo, non so dove cominci il sollievo per aver riacciuffato una partita vinta 45 minuti prima e dove finisca l’incazzatura per averla quasi persa 45 minuti dopo. S’è vinto... Nonostante tutto, s’è vinto. Per oggi prendiamola così, ma non sempre il destino potrà venire in nostro soccorso. Quindi diamoci una svegliatina. Tutti. Domanda, ma noi in un futuro remoto, potremo mai tornare a chiamarci AC SIENA, come ai bei vecchi tempi? Ma tanto la risposta, temo di conoscerla già...
Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!
JU23 – Robur Siena 2 - 3: almeno adesso abbiamo capito cosa significa il 23. Non era un numero: era il risultato finale della partita! Detto questo, non so dove cominci il sollievo per aver riacciuffato una partita vinta 45 minuti prima e dove finisca l’incazzatura per averla quasi persa 45 minuti dopo. S’è vinto... Nonostante tutto, s’è vinto. Per oggi prendiamola così, ma non sempre il destino potrà venire in nostro soccorso. Quindi diamoci una svegliatina. Tutti. Domanda, ma noi in un futuro remoto, potremo mai tornare a chiamarci AC SIENA, come ai bei vecchi tempi? Ma tanto la risposta, temo di conoscerla già...
Saluti, baci, cordialità e sempre forza Siena!
Mirko
Nessun commento:
Posta un commento