Dai su, lo avete sentito rammentare da tutti, no? L'Assemblea, come già fatto in precedenza, ha rigettato al 1000% l'istanza di Bivona di far votare una mozione per capire se qualcuno dei Bravi Amministratori 2012-2015 avesse procurato un danno. Oh, un danno non (solo) a lui, ma al patrimonio della banca e soprattutto a quello degli azionisti! Già, Bivona lo spiega e lo rispiega: la sua azione è dispiegata a favore della banca e contro certi amministratori (Bravi) che probabilmente secondo lui (e non solo) non hanno sempre lavorato a favore degli interessi del MPSI.
Niente da fare, istanza rigettata. Con speranza che questo rompicoglioni non lo faccia più.
Tralasciamo al momento la parte delle motivazioni di merito (molto molto interessanti, ma tanto ormai a Siena di questa roba non importa niente a nessuno) e concentriamoci sulla forma. Già, perché è proprio su questioni di forma che quanto richiesto da Bivona è stato reiettato.
Cosa è successo, quindi?
E' successo che tutto si è fermato appunto alla forma della questione, per evitare di scadere nella spinosa discussione della sostanza delle cose, quella dove si sarebbe andati a parlare di soldi persi, dati a cazzo di cane, mai ricevuti, ecc ecc. Insomma, non si è discusso sulla delibera sull'azione di responsabilità, ci si è fermati alla questione preliminare dell'ammissibilità della proposta. Capita...
E' successo che Bivona aveva messo a disposizione del management della banca il suo dossier (78 pagine, 16 volumi contenenti 457 documenti), in modo che esso potesse essere pubblicato per essere visionato ancor prima dell'assemblea, in un gesto di estrema trasparenza verso i soci ed il mercato. La banca ha preferito invece pubblicare la sola lettera di accompagnamento in inglese sul sito italiano, di fatto mettendo in chiaro n. 5 pagine e criptandone n. 73! E dichiarando che ciò era stato fatto "al fine di assicurare la più ampia trasparenza nei confronti del mercato": già...
E' successo che la banca ha dichiarato che questa relazione di Bivona ricalcava quella precedentemente presentata nel 2016, quando nella realtà di ben altro si parlava, secondo il manager: soprattutto della questione fondamentale dei crediti e della tematica dei danni richiesti da azioni legali di risarcimenti. E con ciò, ne ha di fatto impedito la discussione, considerata la "sostanziale identità di perimetro".
E' successo che la banca ha interpretato l'istanza di Bivona come non pertinente all'esercizio di bilancio in analisi nell'assemblea in oggetto, dato che le condotte dei Bravi Amministratori si riferivano al precedente esercizio. La dottrina (???) difatti ha interpretato che "si deve trattare di fatti che devono essere derivanti da condotte tenute in questo periodo e non fatti derivanti da condotte precedenti che possono eventualmente avere conseguenze dannose nel periodo (2017). Anche la dottrina ha ritenuto che possano esserci conseguenze dannose che si rivelano in questo periodo, cioè nel periodo di bilancio in esame all’Assemblea, ma quello che riguarda è la scoperta dei fatti, cosa che non è avvenuta". Questa incomprensibile (per noi) supercazzola per significare che, ahimè, sfortunatamente siamo arrivati in ritardo, per tentare di giudicare Profumo, Viola & C... In pratica, sappiamo dalla banca che, se in un esercizio è accertato un danno, ma questo deriva da condotte di amministratori non più in carica, la banca stessa non può discutere sulla questione dell'ammissibilità dell'azione di responsabilità.
Peccato, mannaggia... Tutta una questione di forma. Peccato davvero perché stavolta, con grande evidenza, la banca si era dimostrata assai disposta a procedere verso la discussione dell'azione di responsabilità. Ma quando c'entra la mala sorte, la dottrina, le interpretazioni leguleie, il tempaccio e l'invasione delle cavallette, è davvero un casino. Sfortuna... che ci volete fare?
Ok dai, (non) sarà per la prossima volta.
"La recente chiusura delle indagini della Procura di Milano condotte dal Gruppo Speciale Valutario della Finanza sui trucchi contabili usati tra il 2008 e il 2012 (gestione Mussari-Vigni), ha acceso un faro sul comportamento della banca anche negli anni successivi, quelli della nuova Mps risanata anche grazie a 4 miliardi di soldi pubblici (Monti bond). Dai documenti risulta che l’istituto senese, pur avendo tutte le informazioni, si sia rifiutata fino all’11 dicembre 2015 - quando è stata costretta da Consob (assai distratta finora) - a modificare i suoi bilanci registrando come “derivato” l’accordo Alexandria con la banca giapponese Nomura (chiuso definitivamente a settembre). La conseguenza è che gli aumenti di capitale realizzati nel 2011, 2014 e 2015 per 10 miliardi totali - in gran parte già in fumo - sono stati realizzati sulla base di bilanci “non conformi”, ha scritto Mps".
(Il Fatto Quotidiano, 22.01.2016)
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