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giovedì 3 gennaio 2019

La grande lotta per il racconto del Palio

Da qualche tempo sono molto cambiato nell'approccio a qualsivoglia problematica o questione. Non dico di essere migliorato o peggiorato, ma di essere cambiato.
Anni e anni fa ero totalmente pregiudizievole, mi approcciavo alla realtà con una serie di sovrastrutture mentali proprie di chi si sente intellettualmente superiore al resto del mondo. Poi qualcosa si spezzò ed avviai un percorso (per me interessantissimo) fatto di azzeramento delle seghe mentali, fortissimo attracco alla realtà materiale per risolvere cose nella concretezza quotidiana, abbattimento delle gabbie mentali con ristabilimento di qualcosa che tutti deteniamo per natura, ma abbiamo sepolto, l'istinto.
Insomma, un mix esplosivo di antenne ritte, analisi dei fatti concreti ed uso smodato del metodo deduttivo, scansando Verità da altri stabiliti a priori, dogmi, dicerie. Ciò mi porta a verificare tutto ciò che mi passa davanti con mente sgombra da pregiudizi, forse anche troppo.
Ordunque, dopo questa premessa senza senso, qualche giorno fa mi capita di leggere un articolo a firma Valdesi (ancora tu?) sul quotidiano La Nazione (ancora tu?) che discetta di Palio e soprattutto di giornate di orgoglio senese, animalai et similia.
La giornalista analizza a mente fredda lo scontro avvenuto in occasione della manifestazione animalaia nel borgo polveroso, buttando lo sguardo sul contesto in cui esso si è dipanato. Uno scontro per lo più virtuale (meno male!), con confronto serrato sui social. Social che proprio pare non piacciano ad una certa parte degli operatori dei media ufficiali. "Qualche risposta è stata sopra le righe, sebbene venisse dal cuore e in buona fede", scrive la Valdesi, che poi continua: "Quanto alla gara a chi più si ergeva a paladino della senesità, per quanto condivisibile, ha anch'essa finito per attribuire ulteriore visibilità agli animalisti e alla loro protesta".
Ci fa piacere - mi ci metto anche io fra gli utilizzatori dei social - anzitutto sapere che un qualcuno (La Valdesi? Il Magistrato? Il Consorzio?) ci giudichi bonariamente per le nostre azioni, un po' come fa la maestrina ai cittini delle elementari: basta eh ragazzi, per stavolta vi si passa perché l'avete fatto col cuore aperto, ma non andate più sopra le righe... Segno che una griglia di ciò che si può dire o non dire (e non è certo l'appello del Magistrato, cui i contradaioli si sono attenuti alla lettera alla fine dei giochi, che può essere all'uopo richiamato) è stata emanata, da qualcuno o da qualcosa, da una entità superiore o da una struttura orwelliana. Noi però nulla sappiamo a tal proposito.
E ci fa piacere essere bacchettati (bonariamente, of course) per aver dato noi, detestabili trogloditi gazzilloretti che scriviamo sui social, visibilità agli animalai. Magari mentre uno stuolo di giornalisti li intervistava, li filmava, li raccontava per giorni di seguito.
Ecco, mi chiedo, anche alla luce della premessa metodologica... ma perché questo articolo? Perché questa comunicazione-rimbrotto (benevola, eh), che si affianca a tante altre di questo tipo, che da anni alcuni operatori dei media stanno più o meno nascostamente lanciando?
Sul Palio - Wiatutti ci scrive da anni - esiste sempre più impellente una questione di comunicazione, che consiste nell'esigenza (???) di raccontarci, di sdoganarci verso l'esterno. Chi legge questo blog conosce benissimo la nostra posizione: raccontarci ni, bisogna prima stabilire le regole, che devono essere le nostre e non quelle di persone che non hanno voglia di ascoltarci o che ci detestano a priori. Le regole devono essere nostre quindi, e senza filtro. Si deve raccontare Siena per quello che è. Il Palio è popolare, il Palio non è il racconto mediatico odierno, tranne rare eccezioni, edulcorato, fatto per essere venduto, infiocchettato, formattato, sterilizzato. Il racconto invece secondo noi deve essere vero, sporco e sublime, così come (e ci garba ripeterlo) l'amico Fiorini ha organizzato con altri con Ricordi di Palio: lì c'è la luce, ma anche l'ombra. Ebbene sì, il Palio è vita e morte, i cavalli possono farsi male, gli uomini idem, l'odio scorre a fiumi, il cuore palpita, la testa non esiste, le bestemmie si sprecano. Siamo questi, siamo gente che nel 2018/2019 va sui social, ci discute, ci letica, si manda in culo, si sorride, pari pari a come fa tutto il mondo civilizzato. Il flusso della narrazione è lavoro per alcuni, patologia per altri, passatempo per altri ancora. Ognuno faccia il suo, ma senza rinfacciare all'altro. Ognuno segua la sua strada, ma non si erga a Professore, perché non lo è e non lo sarà mai. Ognuno cerchi di pensare con la propria testa al bene personale ma anche al bene di una intera comunità, perché questa è Siena, volenti o nolenti, anche oggi.
Insomma, che qualcuno smetta di informarsi e di informare e si disinformi, citando Carmelo Bene.

2 commenti:

  1. la Valdesi... colei che mette il punto prima di una Proposizione Relativa!!! ma di cosa stiamo parlando?! del niente più assoluto!

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  2. Almu ma non è che ti sei innamorato della Valdesi ?

    T & N

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