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mercoledì 24 ottobre 2018

Difetti, vizi e peccati

Nuvole rosa sopra a un mondo giallo blu segnano il confine tra la domenica ed il resto della settimana, mentre le parole amare di "I’m Easy" cuciono la silenziosa malinconia del giorno di festa che sta per finire. Se mi sforzo, forse riesco persino a sentire il fruscio della puntina sul vinile. O forse è soltanto la mia immaginazione. 

Buffo come a volte sia possibile rifugiarsi in un mondo parallelo, dove le cose vanno per il verso giusto, il telefono squilla quando deve squillare e la Robur vince sempre. Dimmi che gioco è, si chiede Keith Carradine. Non gli piace ma tant’è e non può proprio farci niente. Esattamente come me, di fronte ad una stagione in stallo, che non accenna a decollare. La canzone finisce e devo sforzarmi per tornare alla realtà, fatta di sveglia all’alba, pizze surgelate riscaldate nel microonde e pareggi sofferti. La palla rossa del sole sparisce dietro le nuvole e la domenica termina con l’accensione dei lampioni. Spazzini in bicicletta e luci a petrolio: frammenti rubati al passato di un mondo che non c’è più. 
Il pareggio è una vittoria venuta male, un successo scartato a fine linea per via di un piccolo difetto di fabbrica che sottrae due punti alla ricompensa finale, una x da inserire tra il numero 1 e il numero 2, il rimpianto delle occasioni perse, cotto nel "domani vedremo" e condito col "senno di poi". La classifica si allunga, prende forma, si modella sui risultati delle altre, mentre la nostra casellina vittorie rimane mestamente vuota. Come quella delle sconfitte, direbbe l’ottimista, appoggiato al bancone del bar con il suo bicchiere mezzo pieno. 
Da qualche parte, su al nord, l’inverno osserva da sopra le montagne, nascosto alla vista da un denso strato di foschia. Anche la vittoria è là, mimetizzata fra gli abeti verdi, alti e maestosi. Presto farà freddo e le nuvole arriveranno a coprire la faccia inferiore del cielo, la sola visibile agli umani, col il loro carico di pioggia. Incessanti, le gocce cadranno sulla terra, lavando via il ricordo dell’estate. Vorrei accendere il cellulare e leggere una notizia positiva dopo tanta amarezza. Un paio di messaggi, una mail inattesa e niente più. No, anche oggi la notizia buona non arriverà. Da sud spira una brezza leggera: vento di mare, salato e iodato. Arriva da quelle parti debole e fiacco, dopo aver scavalcato una lunga fila di colline, che da principio appaiono verdi e rigogliose, per poi perdersi in tonalità grigio blu man mano che l’occhio si avvicina all’orizzonte. 
Lo stadio di Alessandria - ancora il Piemonte, ancora quella città - è totalmente deserto. Sembra una partita giocata a porte chiuse nella Yugoslavia filo sovietica degli anni '80. Il calcio come lo hanno immaginato i potenti sta prendendo forma: avete vinto voi, mi arrendo! Sul campo poi la partita inizia subito male. Nemmeno il tempo di accendere la radio e siamo sotto di due. Il portierino bianconero pare il fratello stolto di Pane. Oppure è proprio Pane con la parrucca. Ma in realtà tutta la Robur pare essere rimasta sul pullman: vi prego dite loro che è iniziata! Le bandierine del calcio d’angolo si muovono timide nell’aria del pomeriggio. Sembrano panni appena lavati, tesi ad asciugare da una massaia rubiconda, che aspetta impaziente di poterli stendere prima di sera. Un occhio al cielo e uno campo. No, anche per oggi non pioverà, anche se il brutto tempo pare tutto condensato sopra un rettangolo di erba sintetica, posticcia e finta proprio come la parrucca di cui sopra. Un paio di sussulti e riacciuffiamo il pari. Devono essere scesi dal pullman. Sprazzi di luce nella piana alessandrina, dove il Tanaro ed il Bormida s’incontrano per ripartire uniti, puntando dritti verso il Po. Se il pareggio è un difetto, perpetrarlo nel tempo, riproponendolo con estenuante precisione dopo ogni 90 minuti, diventa vizio. E come diceva qualcuno il vizio non è mai un partito sano, anche se osservando la situazione politica odierna, forse di partiti sani ce ne sono rimasti ben pochi. Un occhio all’orologio e uno al sito, cerco conforto in una speranza: in fondo un tempo, una vita fa, vincere fuori casa ci rimaneva così naturale, come calciare la palla di sinistro per un mancino. Ed invece i minuti scorrono inesorabili e noi restiamo inchiodati sul 2 a 2. Inchiodati è un’espressione orribile, ma credo renda bene l’idea. 
 La squadra non sembra nemmeno cugina di quella della scorsa stagione. Noi alle prode invece, siamo un anno più anziani, ma anche più acidi, stanchi e impazienti. Che brutta cosa invecchiare per chi non gli va mai bene niente. Stancamente, nell’indifferenza dei gradoni deserti, giunge il 90°: adesso il vizio prende forma, cresce, lievita e fagocita ogni cosa. Spazzolando via tutto, anche quelle poche virtù viste a sprazzi. Arriva l’epilogo e l’arbitro chiude per sempre questa partita che la mia memoria sta già cercando di rimuovere. A volte vorrei essere un pc e cancellare le cose brutte con un semplice clic. 
Improvvisamente il vizio diventa peccato. Non so bene chi un bel giorno, pensando ai vizi, abbia deciso di iniziare a chiamarli peccati, ma so solo che forse aveva ragione. Magari sarà stato un Papa, un vescovo o non lo so, fatto sta che è così. E per una volta concordo con il clero: continuare a pareggiare è proprio un gran peccato. Capitale per giunta, per tanti motivi. È un peccato perché la classifica si allunga e l’umore di noi gente di strada e distratta è inversamente proporzionale ai punti che ci separano dalla prima. È un peccato non essere capaci di andare in vantaggio (mai, nemmeno per sbaglio!). E’ un peccato non sapere più vincere: nè in casa e nè fuori. E’ un peccato aver racimolato cinque punti in cinque giornate. È un peccato non poter mai alzare le braccia al cielo dopo una vittoria e gridare Forza Siena a squarciagola! Si pareggia per incapacità, per disattenzione, per superficialità o per mancanza di stimoli. Si pareggia perché non ci riesce a fare di meglio. Continuare a pareggiare è un peccato, figlio di un vizio, nipote di un difetto. Un’altra domenica svanita nel nulla, un’altra occasione persa. Che peccato!

Juventus U.23 - Robur Siena: 2-2. Riemergiamo con la testa sopra al pelo dell’acqua dopo un’ora di apnea, durante la quale la panchina da calda si era fatta incandescente (immagino io, poi ci sta che mi sbagli). Ritorniamo dal Piemonte con l’ennesimo punto. Buono nemmeno per saturare una piccola ferita. Che patimento così però!

Pro Piacenza - Robur Siena: e visto che oramai si gioca ogni tre giorni, ecco un altro bel turno infrasettimanale. Chi so' loro? Boh... Sono tre anni che ci giochiamo contro, ma io ancora non l’ho capito. Di sicuro saliremo lassù, al confine tra Emilia e Lombardia col coltello fra i denti, per strappare l’onore delle armi o almeno un punto. E uno oggi, uno domani, maggio arriverà presto. Poi il resto, si vedrà. E parlavate di Serie B... Ma via via! O fatemi bugiardo una voltaccia!

...tira in porta e marca il gol! (ora mi fate smette' di scriverlo).


Mirko

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