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martedì 19 dicembre 2017

Francamente me ne infischio

Chissà che tempo faceva quel giorno del 1939, mentre una banalissima pellicola di nitrocellulosa e argento, prelevata a caso dal magazzino della produzione cinematografica Selznick International Pictures, intrappolava per sempre la voce di uno strepitoso Clark Gable intento ad abbandonare sulla soglia di casa un’affranta Rossella H’Oara, nella scena più famosa di "Via col Vento".

Non so nemmeno quanto tempo impiegò Gable per realizzare di aver imboccato, con quella battuta, la via dell’immortalità. Ma forse nemmeno Dante, Michelangelo o Leonardo lo realizzarono mai, dopo aver tradotto in arte i loro pensieri. Come i libri, i quadri e le statue del passato, quel "francamente me ne infischio" fece scuola. Senza saperlo, in tempi non sospetti e nella più completa assenza di tecnologia social, divenne rapidamente virale, raggiungendo in pochi anni i quattro angoli del mondo. Erano tempi difficili quelli a cavallo tra gli anni '30 e '40 del ‘900. O almeno così me li voglio immaginare, giusto per spolverare sopra a queste quattro parole scombinate una nuvola di sano ed eroico romanticismo, bianco e polveroso come lo zucchero a velo del pandoro. 
C’è da dire che quel tipo di risposta doveva andare per la maggiore in quel periodo, se anche di qua dall’oceano riecheggiava lungo tutta l’italica penisola il coro "Me ne frego!" della gioventù fascista, che da lì a qualche anno avrebbe partorito una generazione - tanto per rimanere in tema di raffiche e brezze - venuta su con troppo vento, i cui sogni si sarebbero infranti con la drammatica realtà in un giorno di settembre del 1943. 
No, non sono impazzito e nemmeno ubriaco. Anzi, a dirla tutta sono anni che non ripasso la storia, quindi non mi assumo la responsabilità di ciò che scrivo. Ed inoltre quel film non l’ho mai visto e ad oggi non so se mai lo vedrò. La mia generazione, stretta e compressa fra il terrorismo di stato degli anni '70 e le stragi di mafia dei primi del '90, cresciuta a pane, Goonies e Ritorno al Futuro, forse non ne ha avuto nemmeno il tempo. O, più semplicemente, gli è soltanto mancata la voglia. 
Esattamente come a quei tanti cuori bianconeri che, nonostante un potenziale secondo posto in classifica con due partite in meno, hanno cercato altrove un modo decente per scontare la pena di un sabato sera dicembrino, annacquato da luci mille intermittenti, sfocate da gocce di pioggia soda e gelata. E pensare che basterebbe abolire l’inverno, sostituendolo con il letargo, per rendere questo angolo di mondo un posto migliore. Che vi piaccia o no, ho proprio paura che abbiano ragione gli orsi.
Francesco Vassallo invece, folletto del centrocampo bianconero, decise di venire al mondo sul finire della stagione mafiosa di cui sopra. Per farlo scelse il penultimo giorno dell’anno 1993, che con il 1939 ha in comune le ultime due cifre, anche se invertite. Nemmeno in questo caso posso sapere che tempo facesse quel 30 dicembre, so soltanto che nascere a Palermo in quegli anni non deve essere stato cosa semplice. Armato dei suoi 172 cm e protetto dalla tipica capigliatura scura da uomo del Sud, come molti altri suoi coetanei un bel giorno deve aver deciso di provare a costruirsi un futuro col gioco del pallone, trasformando una passione in professione. Purtroppo sabato scorso non ho potuto vederlo bene in faccia e le riprese non mi hanno di certo aiutato, tuttavia me lo sono immaginato esibire un sorriso strafottente prima del ‘tacco, tocco, tiro, goal’, con il quale ha deciso la sfida col Prato. "Francamente me ne infischio", deve aver pensato, se il campo è pesante, se fa talmente freddo che manca poco nevica o se la matematica non è una scienza esatta, come diceva il professore di matematica delle medie, quando gli suggeriva di dedicarsi allo studio dei polinomi con lo stesso ardore che metteva nel campo sportivo. Ad essere sinceri non so niente del suo passato, quindi per quanto mi riguarda potrebbe essere anche stato anche il primo della classe, tipo quei mostri da college americani belli, buoni e bravi, che finiscono per essere eletti re del ballo, assieme alla biondina del quarto anno. Però so che mentre spingeva quella palla in rete, con la stessa precisione di un giocatore di biliardo, deve aver per forza pensato "francamente me ne infischio", senza riflettere che addirittura non sarebbe nemmeno spettato a lui segnare. E col temperamento caldo e schietto dell’Homo Insularis, magari ha anche avuto il tempo per sbeffeggiare quel destino crudele che gli aveva negato l’importanza dell’ultima rete segnata, vanificata da una sconfitta bruciante e buona soltanto per le statistiche. Pensando al suo scambio con Marotta, un Vassallo alla corte del Re sarebbe una frase troppo scontata da scrivere. Melensa ed inutile, come l’angolo sigari e rum durante la cena di un matrimonio. Tuttavia quel trotto spensierato verso la curva, con la mano destra vicino all’orecchio, ha squarciato il cielo grigio e plumbeo di un pomeriggio di quasi Natale, rintuzzando nei nostri cuori quel fuoco rovente assopito dal tempo e dal lento incedere degli anni, ma mai domo fino in fondo. E francamente me infischio anch’io se mi sono buscato un raffreddore, se ho rovinato gli scarponcini nuovi, se non siamo stati invitati allo Sport Day, poiché considerati soltanto beceri sportivi di Serie C. 
Tornando verso casa, rotonda dopo rotonda (che i veneziani chiamerebbero rondò) sentivo crescere dentro di me una voglia esagerata di sputare in faccia al mondo il mio "francamente me ne infischio". E più i minuti passavano più avvertivo la sensazione inebriante di rivalsa dell’escluso dalla festa, che anziché condannarsi ad un pomeriggio di malinconia, ha trovato comunque un modo per divertirsi. Offrono più cose da raccontare 90 minuti sotto l’acqua che 10 anni al caldo di un palazzetto. A partire dalla corsa spensierata di un ragazzo ventitreenne di Palermo, capitato a Siena per caso o forse per destino, che dopo aver segnato il secondo ed importantissimo goal in campionato, fa esplodere di gioia un popolo intero. 23 + 2 = 25, come il suo numero di maglia. Chi l’ha detto che la matematica non è una scienza esatta?

Siena - Prato 1-0: vittoria! Nonostante tutto e tutti. Come sempre da soli, come sempre partendo dal fondo e come sempre senza l’aiuto di nessuno. Perché è più bello vincere, sapendo che da qualche parte, dietro una porta di legno pregiato, qualcuno batte i piedi per la stizza.

Tutti uniti insieme avanzeremo. 


Mirko

2 commenti:

  1. primo ma hai letto l intervista a Richard Porta? magari ne facessi tu una così con Ze Love :-)

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