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sabato 26 agosto 2017

La memoria della frizione

Caldo. Comunque mi giri, caldo. E sete. Tanta sete. Chi beve acqua ha un segreto da nascondere, disse una volta un tale.
Bello, pensai la prima volta che lo vidi scritto sulla lavagnetta di un’enoteca, tra un prosecco e una vernaccina. Ma a bere solo vino con questo solleone c’è da morire di cirrosi. Caldo e sete.
E poi polvere, prati arsi, incendi rossi e passeggiate stanche, abortite ancor prima di essere immaginate. Abbiamo subito un’estate così bollente che il rinoceronte della bandiera della Selva non ne ha voluto sapere di abbandonare l’ombra della quercia. E anche il delfino dell’Onda se n’è rimasto zitto zitto sott’acqua - anche lui forse avrà un segreto da nascondere? - venendo a galla una sola volta, alla fine di un pomeriggio pigro di metà agosto. Con i risultati che abbiamo visto tutti. Passato il Palio di agosto, in tre balletti s’arriva a Natale, mi dicevano sempre da piccino. Le giornate s’accorciano, arriva il vento freddo di tramontana e ritocca fare il cambio dei panni. Tutte cose che dette dopo tre mesi a 40° gradi sembrano lontane anni luce. È incredibile quanto sia facile scordare il rumore della pioggia. O il silenzio rassicurante della neve che cade sulle strade.
L’estate non accenna a finire. Il tempo non si guasta e i bambini dei servizi meteorologici di "Studio Aperto" continuano a correre verso il mare. Sono sempre i soliti da quindici anni. Sembra che due di loro adesso stiano per essere candidati alla Camera dei Deputati nelle liste di Forza Italia. Con le nostre fioriere antifurgone, i nostri fiocchetti neri, i nostri “je suis” stiamo invecchiando in attesa del fresco, mentre centinaia di migranti sbarcano nel nostro paese attratti da Gianluca Vacchi e le canzoni di Lorenzo Fragola.
Le ferie sono finite da un pezzo, ma la notte si dorme ancora con la finestra aperta. Ogni tanto, quando l’oscurità si fa giorno, un sospiro di aria fresca entra a solleticarci la pelle delle gambe, costringendoci a tirare su il lenzuolo, tristemente dimenticato in fondo al letto. Un cane abbaia alle ombre, un cellulare squilla e una portiera si chiude con troppa forza, mentre nella testa le note malinconiche di "Easy" dei Faith No More accompagnano i classici pensieri da fine agosto. Tutto pare immobile, a parte le lancette dell’orologio a pendolo della vicina, che ogni 60 minuti ricorda a tutto il condominio che un’altra ora è passata e nessuno potrà mai restituircela. Perché le vacanze non vanno quasi mai come le abbiamo pensate? Nonostante i buoni propositi, le partenze intelligenti e gli all inclusive convenienti, c’è sempre una nuvola bastarda, una coda al casello o un capello nella pizza pronto a saltar fuori e a rovinare tutto. A volte credo seriamente che le ferie siano più un pensiero da coltivare che un periodo da vivere. Perché il momento più bello delle vacanze è sempre l’ultimo giorno di lavoro?
Tra un po’ ricominceranno le scuole, ripartiranno i corsi in palestra e riapriranno le discoteche. Una delle cose che mi manca di più della mia infanzia sono i cartelli “chiuso per ferie” appesi alle saracinesche dei negozi. Mi sforzo di cercarli, ma ne vedo sempre meno in giro. Nel giro di un paio di settimane la vita ritornerà a scorrere regolare e arriverà il momento di mettere in pratica i buoni propositi accumulati durante l’estate: perdere dieci chili, imparare l’inglese, smettere di fumare. Visto da agosto, a settembre sembra tutto possibile.
Finisce l’estate e ricomincia il campionato. Un altro anno, un’altra stagione. E piano piano comincia a farsi largo nella mia mente quello strano senso di disagio che avverto tutte le volte che devo guidare un'auto diversa dalla mia e con il piede sinistro non riesco a dosare bene la forza per schiacciare il pedale. La memoria della frizione, la chiamo. O troppo dura o troppo morbida; mai uguale. Ed ogni volta che cambio marcia, lei mi ricorda che non è la mia auto. Che non mi appartiene. Che forse è di mio zio. O magari l’ho noleggiata. O forse me l’ha data il carrozziere perché alla mia dovevo far riverniciare la fiancata. Va lo stesso, cammina, inquina e sbuffa, ma non è la mia.
Salendo le scale della curva, domenica prossima, lo so già, “la memoria della frizione” mi giocherà un brutto scherzo. Sì è vero, l’ultima volta che giocammo alla prima di campionato in casa contro la Lucchese con Mignani in campo, a fine campionato ci ritrovammo in Serie B. Impossibile scordare quel giorno del ‘99. Fu il primo passo di una grande cavalcata. Ma adesso, di quei giorni là, cosa ci rimane? Fotografie, ricordi e brividi. Niente più. Qualche minuto prima del fischio di inizio, la mia personale “memoria della frizione” mi ricorderà beffarda: sì vabbè, si chiama ancora Siena, ma non è più il tuo Siena. Anche il nome è ancora differente! E un altro anno ricomincerà, tra giocatori nuovi, dirigenti vecchi e allenatori conosciuti. Negli ultimi tempi ho provato a non interessarmi a niente. Non conosco i nuovi, non so chi è rimasto, non so chi è andato via. Non mi piacciono le maglie o forse sì, o forse non me ne frega niente. Ho sottoscritto l’abbonamento più per routine che per desiderio. O per combattere la pigrizia di non fare la fila prima della partita. Fila che potrà essere lunga lunga o corta corta, a seconda di come si comporteranno in campo i nostri “eroi”. Non lo nascondo, vorrei vincere 2-0 e tornare a casa con il sorriso sulle labbra. E uscendo dallo stadio vorrei dire a tutti che “se il buon giorno si vede dal mattino, potrebbe essere una splendido anno”. Vorrei tornare ad essere orgoglioso della squadra per la quale tifo, dopo questi anni bui e maledetti, durante i quali siamo passati dalla “quasi” Coppa Uefa alla Coppa Uffa, precipitando dal paradiso all’inferno senza nemmeno vedere il purgatorio. Vorrei zittire la “memoria della frizione” dicendole: “Sì, è proprio questa la mia squadra. Bentornata vecchia Robur. Adesso è ora di ricominciare a sognare”.

Siena - Lucchese: anno nuovo, vita nuova. Tre punti immediati per cominciare alla grande la stagione. Senza se e senza ma. Basta polemiche, basta proclami. Le figuracce degli ultimi anni cominciano a pesare come macigni sulla groppa della gente. È giunta l’ora di ripartire da qualche parte e domenica potrebbe proprio essere il momento buono.

Tutti uniti insieme avanzeremo!

Mirko

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