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lunedì 26 giugno 2017

L'inno di Wiatutti

Arrivato ad anni di pubblicazione di articoli, mi son accorto che Wiatutti non ha un proprio inno. Ha un motto ("... fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e canoscenza"), ma non un inno.
Ed ecco che questa casella si riempie con una citazione integrale di un post di un amico e collaboratore di questo blog, che calza davvero a pennello per la filosofia che vogliamo qui utilizzare. Se non piace... pazienza.


"Ho fatto della noncuranza, della cialtroneria, della disincantata pigrizia, della leggerezza, dell'ironia, della brutale sincerità, i tratti distintivi del mio modo di essere, il mio mood, my personal way of life. Ma ecco sinceramente, non è che questa cosa mi stia portando lontano. È che mi costa uno sforzo enorme anche solo provare ad essere una persona normale. Mi assorbe una montagna di energie. Mi rendo sempre più conto che la mia vita è ben rappresentata da una battuta, che non mi ricordo dove ho visto o sentito, ma mi è rimasta dentro; faceva più o meno così: "Ehi fratello, l'altra mattina ho visto tua madre che prendeva a calci una lattina di birra, le ho chiesto, cosa fa signora ? Mi ha risposto: trasloco".
Ecco, penso che il giorno che alla fine deciderò di mettermi seriamente in gioco in qualcosa, sempre che questo prima o poi accada, il mio brand, sarà quello: uno che calcia un barattolo. Vivo in perenne alternanza tra aneliti di infinito e aliti alla peperonata. Faccio una fatica boia a trovare il mio posto in questo pazzo mondo e temo che non lo troverò mai. Mi trascino stancamente in giorni sempre uguali, come Bill Murray nel film "Ricomincio da capo", ma io, a differenza sua, rimango stagnante, non mi muovo, non mi evolvo, ripeto sempre gli stessi errori, in un loop infinito, senza dare o aggiungere niente. E ho raggiunto una età e una consapevolezza tale, in cui io stesso faccio fatica a credere alle cazzate che dico. Non è un bel segnale.
Oggi ho preso, testuali parole, del "coglione, stronzo, testa di cazzo" da un operatore di call center, che mi chiamava da un +44, con accento straniero e voleva darmi informazioni su una piattaforma di trading on line, solo perché ho osato chiedergli come avesse ottenuto il mio numero di telefono. Lui mi ha risposto che avevo fatto un'iscrizione al sito un mese fa. Ora invecchierò anche male e sono abbastanza distratto, ma insomma, me lo ricorderei, no? E niente... c'è stata questa telefonata surreale di sette minuti, dove io insistevo che forse i miei dati giravano non proprio legalmente e lui cercava di convincermi che mi ero iscritto io. Però questo episodio, in questo momento della notte, mi sembra abbastanza esplicativo della piega che sta prendendo la mia vita. Preso a male parole, da un disturbatore seriale, che irrompe nella mia esistenza, in una accaldata febbrile giornata lavorativa e pretende anche con arroganza di farmi sentire in torto, se gli obietto con educazione che il mio telefono privato e il mio nome non ce lo dovrebbe avere e la cosa mi scoccia.
Rimango ammirato, basito e stupefatto da tutti Voi. Gente attiva, entusiasta, in forma, gente volitiva, che si affanna, propositiva, piena di idee, di colori, di vita, di emozioni, di progetti. Bello eh! Ma la mia prima domanda è sempre: ma chi cazzo glielo fa fare? Ragazzi, non v'affannate troppo, non vi incazzate troppo, non vi ci fissate troppo. Che tanto, dal giochino, non se ne esce vivi.

Nessundorma... e all'alba... mi girerò dall'altra parte e continuerò a dormire, come ho sempre fatto".

L. Scibona

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