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martedì 8 novembre 2016

Due chiacchiere con... Giulio Griccioli

Uno degli aspetti più vantaggiosi di avere un amico famoso, è quello di poterlo intervistare per Wiatutti. Giulio Griccioli, persona per bene e Nicchiaiolo come me, alla fine è arrivato a compimento di un percorso, che lo rivede al timone della Mens Sana.
Con grande cortesia si è prestato a rispondere a domande di chi, come il sottoscritto, di basket ne capisce pochino. A tal proposito, ringrazio gli amici Emiliano e Michele, senza l'aiuto dei quali nulla di tutto ciò sarebbe potuto succedere.

-Caro Mister, presentati al grande pubblico di Wiatutti, con tanto di CV professionale.
- Tanto per cominciare, capisco la deformazione calcistica, ma si dice coach. Sono Senese, contradaiolo del Nicchio, amo la mia famiglia (mia moglie Alessia che mi sopporta da quasi vent'anni e due splendidi bambini, Giovanni di 9 anni e Pietro di 7), amo la mia città e la mia contrada, che assieme agli amici di una vita sono le cose più importanti della mia esistenza. Nel mio peregrinare in giro per l'Italia, dopo la Virtus Siena e 11 anni di Mens Sana, non ho mai dimenticato e trascurato le mie radici ed i valori che mi porto dietro grazie agli insegnamenti dei miei genitori. Sono testardo, sicuramente determinato, ma anche estremamente passionale e goliardico, nel vero senso della parola.

- Parliamo subito di una questione che sta molto a cuore a Wiatutti: l'aspetto fescion. Alcuni tifosi biancoverdi si lamentano dei tuoi calzoni portati troppo a vita alta. È un vezzo, una moda o altro?

- Non ci avevo fatto caso. Mi fa piacere che si guardi al lato fescion... comunque dipenderà dal modello di jeans che porto... dalla partita con Treviglio avrò un completo blu con scarpa nera e cintura abbinata, sarò più guadabile, spero.

- Chi te l'ha fatto fare di tornare a Siena e alla Mens Sana proprio ora?

- Me l'hanno detto in diversi onestamente, ma cosa devo dirti... alla risposta 1) c'è scritto tutto, e poi mi piacciono le sfide e questa di una nuova composizione societaria, di un nuovo progetto, forse dell'ultima spiaggia della società della mia città, cosa è se non una grande sfida?

- Cosa hai imparato di specifico nella tua precedente esperienza senese?

- Praticamente quasi tutto quello che so: essere professionale, non chiedere agli altri cose che non fai tu per primo, lavorare assorbito dalla professione 24 ore al giorno e sette giorni su sette, voler essere il migliore.

- Quanto e cosa è cambiato dentro la Mens Sana fra la tua esperienza odierna e quella passata?

- È cambiato quasi tutto, si fa prima a dire cosa non è cambiato. È restato immutato lo spirito delle persone che sudano sangue per il club, il senso di appartenenza alla città ed alla società, lo spirito guerriero di una città sfiancata dagli eventi ma non morta, i grandi tifosi che abbiamo. Queste cose c'erano e sono rimaste.

- Fuori da Siena mi pare che tu abbia sempre fatto bene con poco, come suol dirsi cavando sangue dalle rape. Sei sempre pronto ad essere questo tipo di allenatore oppure ti aspetti che, con il passare del tempo, ti venga fornita l'occasione di lavorare anche con materiale umano e disponibilità economiche più importanti?

- Agli inizi della tua carriera non puoi pretendere di allenare subito il top, anche se qualcuno ha la fortuna e la bravura di farlo. Però non è del tutto corretto quello che hai scritto, l'ultimo anno di Scafati ed il primo a Casale Monferrato avevo due squadre da play off e li ho fatti, magari arrivando anche più in alto di quanto dovessi, ma nel mio lavoro il limite è qualcosa che devi ricercare per superarlo, se non lo fai sei perdente in partenza. Comunque per risponderti appieno, spero di arrivare a meritare anche qualcosa di più, di giocare per obiettivi importanti... magari a Siena, chi lo sa. Sono ambizioso, per cui devo ancora scoprire il mio limite, quando lo troverò ti telefono.

- Che ne pensi della Accademia del Basket?
- Onestamente non saprei cosa risponderti... lascerei perdere questa domanda.

- Come e quanto è cambiato il ruolo del coach di basket negli ultimi anni?

- Ormai da un bel po' di tempo il ruolo dell'allenatore ha perso, tranne in casi rarissimi, la centralità nel progetto di una squadra. Per colpa proprio degli allenatori siamo diventati una pedina di importanza minimale nel panorama del nostro sport. Ma noi siamo coloro che formano, che insegnano e creano giocatori, dobbiamo riappropriarci del ruolo centrale che ci era caratteristico.

- Come dirigi gli allenamenti? Hai metodi particolari?

- Non ho un metodo specifico, mi confronto con lo staff, cerco di unire tecnica e tattica ad uno sforzo fisico allenante. Per il resto concentrazione, fatica, urla e, quando si può, divertimento.

- Ti garba l'Emma Villas?

- Birichino... Perché no? Ho giocato anche a pallavolo (sembra una risposta politicamente corretta ma non lo è) a livello amatoriale, ero appassionato e affascinato dalla Nazionale di Velasco, dove uno dei campioni era Paolo Tofoli, attuale allenatore dell'Emma Villas. Certo che quando mi alleno alle 18 mi sono più simpatici di quando sono costretto a farlo alle 15.30, ma sarà lo stesso per loro.

- Ci saluti?
- Carissimi lettori di Wiatutti e tifosi della Robur, la passione per la nostra città e la passione per lo sport che amiamo, qualunque esso sia, deve spingerci oltre ogni difficoltà! Un abbraccio a tutti!

2 commenti:

  1. Ma una domanda su Vampy??? Un'altra dimenticanza del genere e ti tolgono la tessera dei Gabs...

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    1. Suvvia, stiamo intervistando un allenatore di una squadra professionista...

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