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lunedì 13 luglio 2015

Palio & Comunicazione

Come molti di voi, ho passato il mio tempo, in questi giorni, a rimirare il can-can mediatico post-paliesco, in un misto di stupore, commiserazione ed incredulità.

Prima impressione: a Siena per me siamo diventati veramente dei mezzi deficienti. Non so da cosa il fenomeno dipenda (personalmente punto sempre tantissimo sulla nefasta influenza delle scie chimiche), ma il non capire che non bisogna esporsi quando si è letteralmente assediati da un mondo intero che ti lancia le pietre addosso è veramente da portatori di handicap mentale.
Ma siccome questa è la realtà dei fatti, parto, su tale base, ad elucubrare qualche dotta considerazione.
Leggo in questi giorni un articolo illuminante, che a mio avviso centra in pieno il Problema, sul blog de "La Matta del Ponte".
In esso si scrive, a mio avviso, una profonda Verità: che cioè il problema del Palio è ormai diventato una questione anzitutto di comunicazione. Il mondo esterno, difatti, non percepisce assolutamente niente dell'essenza del Palio (che dovrebbe essere poi l'essenza della Contrada...); e, non intendendo, attacca, spesso in maniera anche strumentale, dato che il Palio di Siena fornisce visibilità.
La situazione, a mio avviso - sarò catastrofico - è diventata insostenibile. Anche perché, sempre opinione personale, noi Senesi non abbiamo capito bene cosa stia succedendo.
Il mantra più in voga adesso è: "Il Palio è questo", a giustificazione di tutto ciò che possa succedere durante la manifestazione; un remake ingentilito di altra frase famosa: "A Siena si fa come ci pare". No, a Siena non si fa più come ci pare. Ed è anche un po' "giusto" così, se davvero vogliamo diventare una città "normale", senza la droga indotta di MP (-S) & politica. Inutile riproporre pertanto un atteggiamento di totale chiusura che ha portato, mutatis mutandis, a farci perdere tanto nel corso di questi ultimi anni, in cui - mi pare evidentissimo - non siamo più "schermati" dal mondo esterno come lo eravamo nei tempi scorsi.
Per cui, d'accordissimo con La Matta del Ponte, anche io concordo nel dire che, cambiato il contesto, ci dobbiamo adeguare. Ma come?
Semplicemente, comunicando chi siamo e ciò che facciamo, anche in modo crudo e non politically correct. O, per dirla con La Matta, "dobbiamo diventare attivi. Dobbiamo essere noi a raccontare il Palio, ma prima ancora a raccontare la contrada. A raccontare il nostro inverno, i legami sociali che ne stanno alla base, i risvolti antropologici, il welfare inventato prima del welfare. E non con una inutile retorica impacchettata, ma andando a fondo".
Wiatutti ha più volte affrontato il tema, in questi mesi. Penso con un atto di grande coraggio, chè la questione è delicata assai, fra ingerenze politiche e scivoloni mediatici.
Il Senese avrebbe in effetti la possibilità di raccontare egli stesso la Contrada (e poi il Palio), ma finora non lo ha fatto. Perché? Non so... Manca la voglia? O manca la conoscenza? Oppure è mancata finora la necessità? Guardate che queste sono domande che dobbiamo prima o poi iniziare a porci, se vogliamo sopravvivere...
Intanto, in questo vuoto pneumatico, I Senesi qualcosa lo hanno fatto: hanno delegato ad altri (ad altri... sempre agli stessi, a dir la verità) l'operazione in questione. E siccome questi altri non conoscono o non hanno voglia di conoscere, gioco forza ne è uscito (per ora) un insipido package commerciale.
A Siena abbiamo venduto il Palio (ed oggi se ne vedono le conseguenze, perché tendenzialmente chi compra ha sempre più ragione di chi vende); tentiamo di non vendere anche la Contrada, perché sarebbe la fine, saremmo ridotti a diventare come Buti o Fucecchio.
La forza del Palio, per la sua bellezza estetica, la sua potenza emotiva, la sua anti-contemporaneità, è devastante. Ma va interpretata per chi ne usufruisce. E chi ne usufruisce (per sfortuna o per fortuna) oggi non siamo soltanto noi, sono soprattutto gli altri.
Immaginatevi di essere un turista di Milano o di Parigi, che arriva a Siena il 2 luglio o il 16 agosto: non avrete alcun riferimento (nemmeno una indicazione, a dire il vero), sarete catapultati in uno spazio che non funziona secondo le regole e le leggi attuali, sarete circondati da autoctoni che non vi vogliono fra i coglioni, non capirete le regole del gioco. E, pertanto, rischierete di fare e/o di subire un danno, in una maniera o nell'altra.
E noi autoctoni non potremo tentare di far restare le cose nostre a casa nostra, come succedeva anni fa. I 20.000 in piazza sono dotati, ognuno, di i-pad-telefonini-macchine fotografiche che riprendono tutto. Non possiamo più romperli tutti, questi dispositivi, come capitava anni indietro. Non possiamo più cancellare il mondo, perché il mondo è lì, ignorante e vorace, impaziente e consumistico.
Per non farci fagocitare, abbiamo il potere (noi, cittadini e contradaioli) di divulgare le corrette informazioni e, soprattutto, il corretto atteggiamento di fruizione.
Non lo farà mai l'Amministrazione, che, tolti alcuni membri, non sa essa stessa come ci si comporta e necessariamente viene portata dall'alto ad applicare in maniera autistica regolamenti sempre più restrittivi in tema di sicurezza per uomini ed animali. 
Non lo faranno mai i media, che anzi, come è capitato ad un noto giornale locale, osano ormai mettere in bella evidenza sul loro sito internet una sfaragliata fra contrade rivali; gesto per cui, anni fa, probabilmente i nostri babbi sarebbero entrati dentro la redazione e avrebbero preteso indietro il registrato.
Dobbiamo essere Noi ad agire, dobbiamo mettere un freno alla svendita delle informazioni, dobbiamo tentare un ultimo sforzo di divulgazione, senza fronzoli, inutile retorica o mediazioni d'interesse.
E vedrete che, di colpo, sparirebbero gli inutili avvoltoi che godono solo delle disgrazie altrui.




"ps – ho rifletto a lungo sull’opportunità di pubblicare questo post, mettendo in atto quel processo di riflessioni privata e pubblica di cui scrivo. Poi ho deciso che, appunto, la tutela della nostra Festa e della nostra città passa anche, singolarmente, da ognuno di noi".
("Il Palio oltre la corsa e il peso delle parole", blog "La Matta del Ponte", 06.07.2015)

1 commento:

  1. Giusto, ma perché i senesi non se la prendono in carico questa comunicazione? Ci vedo dietro un complesso di inferiorità, alimentato forse anche dalla consapevolezza che non siamo stati capaci di arginare la valanga di pessima amministrazione. Parlo da senese non contradaiolo (però battezzato) che non abita nel comune di siena (la categoria di cittadino più odiata dai folosi) ma cresciuto con un padre nato e cresciuto in contrada e alfiere negli anni 60, il quale quando era nei suoi cenci amava raccontare aneddoti di vita di contrada e di cazzotti, purtroppo negli ultimi anni di lucidità scuoteva spesso la testa quando l'argomento era il palio, non esternava ma si leggeva il disappunto. Ora non dico che bisogna ritornare al passato, la staticità va bene per i ponti, ma mi chiedo se l'unico modo per correre il palio è quello di spendere una fraccata di soldi e pagare i fantini un'altra fraccata di soldi: in questo tornerei un po' indietro: vuoi correre per me? Bene ti do pure l'acconto... E giù un golino tanto per mettere le cose in chiaro. Inoltre spero che nelle selezioni per i cavalli si vada a scegliere lotti sempre più in basso, mica ci interessa il record della pista. I cavalloni li lascerei agli ippodromi, vedo sinceramente inutile cercare di fare una razza da palio con cavalli che fanno i 3 giri in 1 minuto e 20 (si placherebbero pure gli animalisti che farebbero meglio a fare le manifestazioni in altri luoghi dove muoiono molti più cavalli, ma si tratterebbe di attaccare i veri poteri forti).
    Tornando alla comunicazione: ma possibile che i contradaioli non siano in grado di prendere iniziative in tal senso? E dico contradaioli, non il magistrato delle contrade o altri organi di controllo simili; ci fu indignazione quando venne deciso di dare in gestione le visite dei musei ad una cooperativa esterna, anche perché fu una cosa piombata dall'alto, ma almeno è servita ai contradaioli per accorgersi che ci sarebbe qualcosa su cui comunicare. Ma qualcosina ina ina proprio.
    P. S. Il golino al fantino era provocatorio, lungi da me voler istigare alla violenza

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